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    Quarantotto anni fa l’attentato palestinese a Fiumicino – altra tappa italiana di una lunga scia di sangue

    Ci sono attentati terroristici la cui memoria è conservata, come quello del 1982 alla Sinagoga di Roma che uccise il piccolo Stefano Gaj Tachè e ferì molti altri. Ma ci sono anche attentati che vengono dimenticati, o rimossi, perché non colpiscono direttamente una comunità che ne serbi il ricordo e anche perché coinvolgono sempre il terrorismo palestinese, su cui volentieri si chiude un occhio. Quattro di questi riguardano l’aeroporto di Fiumicino e gli aerei che vi dovevano sostare.                                             

     

    Di uno è appena passato l’anniversario. Si svolse il lunedì 17 dicembre 1973, appena un anno dopo la strage di Monaco.

     

    Alle 12.51 un commando terrorista palestinese dell’organizzazione “Settembre Nero”, appena arrivato da Madrid, fa irruzione in pista verso un Boeing 707 della compagnia Pan Am. È  il volo 110 per Beirut, che doveva partire mezz’ora prima e ora è pronto. I terroristi salgono sulla scaletta che ancora collega l’aereo a terra, lanciano in cabina due bombe al fosforo, uccidendo 30 passeggeri.  Fuggono dall’aereo che brucia, ne catturano un altro della Lufthansa, sul quale fanno salire degli ostaggi, tra cui sei poliziotti, costringendo l’equipaggio che già era a bordo a decollare. Davanti all’aereo ammazzano un giovanissimo finanziere, Antonio Zara, che aveva provato ad opporsi. Durante il volo ammazzano senza alcuna provocazione un tecnico italiano, Domenico Ippoliti, il cui corpo è buttato fuori dall’aereo allo scalo di Atene. Cercano di arrivare a Beirut o a Cipro, ma gli aeroporti rifiutano l’atterraggio; alla fine il velivolo arriva a Kuwait, dove dopo 30 ore di angoscia gli ostaggi sono liberati, nella serata del 18 dicembre. I terroristi vengono arrestati e condotti in una base aerea nel segreto più assoluto. Sono consegnati all’Egitto e da questi all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. La loro identità non viene mai rivelata all’Italia, che fece una richiesta di estradizione puramente formale, senza esercitare ulteriori pressioni quando essa fu negata dal Kuwait.

     

     L’Italia aveva già in mano i terroristi del fallito attentato di Ostia, di cui non si conosce neppure la data esatta (fu rivelato solo il 5 settembre del 1973, ma probabilmente doveva attaccare l’aereo che portò a Roma Golda Meir il 14 gennaio 1973) e aveva paura di subire altri attentati di ritorsione. Si tratta di 5 terroristi palestinesi arrestati a Ostia con missili terra-aria a ricerca termica, fatti per abbattere da terra aerei in volo. Due, con passaporto libico, furono lasciati molto presto (il 30 ottobre) in mano a Gheddafi. La consegna avvenne usando un aereo C 47 Dakota, col nome in codice di “Argo 13”, che subito dopo, il 23 novembre, esploderà in volo a Marghera. Il coinvolgimento della Libia è stato dimostrato anche per quanto riguarda l’attentato di Fiumicino (https://www.segretidistato.it/?p=178) Gli altri tre furono rinviati a giudizio e dovevano essere processati proprio il 17 dicembre, il giorno dell’attentato a Fiumicino. Ma il processo fu rinviato, gli altri tre (fra cui figurava il capo dell’associazione degli studenti palestinesi in Italia, furono consegnati all’OLP, prima del processo, che condannò tutti alla pena mite e virtuale di 5 anni.

     

    A parte la rinuncia a processare i terroristi, sia quelli dell’attacco agli aerei Pan Am e Lufthansa, sia quelli di Ostia, nell’attentato di Fiumicino c’è una forte responsabilità dello stato italiano. All’interno dell’aeroporto infatti in quel momento erano in servizio in tutto 117 agenti, dei quali soltanto 8 erano addetti al servizio anti-sabotaggio; un numero irrisorio per un aeroporto intercontinentale come Fiumicino. Il tutto aggravato dal fatto che la struttura aeroportuale non era assolutamente adatta alla prevenzione di attacchi terroristici, che pure erano già molto frequenti e gravi

     

    Insomma, dobbiamo contare qui un’altra tappa importante del “Lodo Moro”. Ce ne furono altri da ricordare, oltre naturalmente all’attacco alla Sinagoga. Prima di tutti, volo TWA 840 da Fiumicino a Tel Aviv che fu dirottato il 29 agosto 1969, con danni materiali ma senza vittime.   Poi, l’8 settembre del 1974 un altro aereo TWA, che doveva arrivare a Roma da Atene (ma la provenienza era Tel Aviv) fu fatto saltare e precipitò nel Mare Ionio, al largo dell’isola di Cefalonia. Ancora nel 1976, tre terroristi palestinesi furono scoperti a Fiumicino con pistole ed esplosivi, ma subito liberati. Circa tre anni dopo, il 7 novembre 1979 a Ortona, vengono arrestati gli autonomi Daniele Pifano e Filippo Nieri insieme al rappresentante italiano del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Saleh Abu Anzeh, con una cassa di missili terra-aria (quelli degli attentati agli aerei), di proprietà del FPLP. Il 25 gennaio 1980 sono condannati alla modica pena di 7 anni, poi ridotti a 5. Ma ai terroristi non basta e si vendicano della violazione del Lodo Moro. Molti infatti collegano questa vicenda alla strage di Bologna del 2 agosto di quell’anno, ufficialmente addebitata ai neofascisti. Ma alla celebrazione di quest’anno, perfino il prudente e saggio presidente Mattarella ha detto che “Non tutte le ombre sono state dissipate e forte è, ancora, l’impegno di ricerca di una completa verità”, e il sospetto di una pista palestinese collegato ai fatti di Ortonaresta molto forte.

     

    Ancora: il 14 giugno 1985  si svolse il dirottamento del volo Trans World Airlnes 847 fra Atene e Roma, opera a quanto pare di Hezbollah. Pochi mesi dopo vi fu l’attacco terroristico perpetrato il 27 dicembre 1985 dal gruppo terrorista palestinese facente capo ad Abu Nidal (lo stesso responsabile della strage di Rue de Rosiers a Parigi), che assaltò l’aeroporto di Roma-Fiumicino; contemporaneamente venne colpito anche quello di Vienna; i due attacchi ebbero luogo con una differenza di pochi minuti l’uno dall’altro alle nove di mattina. In totale i due attentati causarono 19 morti e 120 feriti: 13 morti e 76 feriti a Roma, tre morti e 44 feriti a Vienna.

     

    Vale la pena di ricordare che pochi mesi prima, fra il 7 e il 10 ottobre 1985, vi era stato il dirottamento della nave “Achille Lauro”, con l’assassinio di un vecchio ebreo in sedia a rotelle, Leon Klinghoffer. In questo caso, con la crisi di Sigonella, Bettino Craxi esibì nella sua maniera un po’ rozza e muscolare, la politica italiana di tutti questi attentati: non richiedere l’estradizione dei colpevoli, non arrestarli, non muoversi per contrastarli, se per caso capitavano in mani italiane liberarli appena possibile e soprattutto non consegnarli a chi, come gli Stati Uniti, li avrebbe processati. Insomma, gli attentati terroristici palestinesi che hanno colpito l’Italia sono stati tanti e la reazione dello Stato è stata sempre così inadeguata da dimostrare una sostanziale tolleranza. E’ questo il famoso Lodo Moro.

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