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    Pesach nelle cucine romane e tripoline: tradizioni a confronto

    Tanti i richiami alla festività di Pesach, la ricorrenza che ricorda l’uscita degli ebrei dall’Egitto e la fine della loro schiavitù: la ricerca del chametz, il Seder, la lettura della Haggadà, ma soprattutto la cucina, con tutti i piatti tradizionali e le ricette che caratterizzano questa festa.

    Il divieto di mangiare cibi lievitati infatti, non ha impedito alle donne ebree di imbandire le tavole piatti che a lungo andare sono entrati a far parte della storia della cucina ebraica.

    A Roma in particolare, due sono le tradizioni culinarie a confronto: la cucina romana e la cucina tripolina: ognuna con una propria storia e le proprie usanze, legate a piatti e ingredienti.

    Due donne, Luciana Arbib ed Enrica Moscati, hanno deciso di raccontare per Shalom quali sono i piatti caratteristici di Pesach per ciascuna delle due cucine e la storia legata ad essi.

    La cucina romana è una cucina povera, fatta di ingredienti semplici che con un pizzico di creatività danno vita a dei veri e proprio capolavori gastronomici, come i carciofi alla giudìa, che non possono assolutamente mancare sulle tavole la sera di Pesach.

    “Il seder era molto particolare perché eravamo in tanti, addirittura arrivavamo ad essere 40 persone” racconta la signora Enrica, “ ogni anno ci radunavamo in una casa e ognuno preparava qualcosa: quando toccò a casa mia venne persino un cardinale che aveva chiesto alla Comunità di partecipare a un Seder e venne come ospite, d’altronde è tradizione a Pesach aprire la porta.

    Per quanto riguarda il cibo, preparavo il riso in tutte le salse, e poi tutti i piatti tipici: l’ abbacchio, i pomodori con il riso, tantissimi contorni, i carciofi alla giudìa, e ovviamente i dolci: le pizzarelle col miele, l’impasto di matzà,  uvetta, pinoli e cacao, amalgamati con uova e zucchero (lo stesso impasto con cui si fa la pizza di matzà) e compravamo gli amaretti da Boccione”.

    Ma il vero protagonista del seder della signora Enrica è il Charoset, (l’impasto di frutta fresca e secca che ricorda l’argilla con cui i nostri padri fabbricavano i mattoni in Egitto e che si intinge nel Maror, l’erba amara) fatto in casa da lei con una ricetta che le aveva dato la signora Renata Caviglia, e che ancora oggi tramanda ai suoi figli, e ha voluto condividerla anche con noi:

    Ricetta del Charoset:

    3-4 etti di datteri

    3-4 etti di uva passa da mettere a bagno dalla sera prima e da cuocere il giorno dopo, con zucchero e limone.
    Una volta che questo impasto si è cotto e raffreddato, aggiungere uva passa e pinoli.

    Se il rituale e i cibi del seder sono gli stessi, completamente diverse sono le usanze tripoline per la festa di Pesach, a partire da Rosh Chodesh Nissan, in cui si prepara la Bsisa, un impasto di grano e farina di vari generi, profumati con spezie, zucchero.

    La radice della parola Bsisa, come racconta la signora Luciana Arbib, è basis (base) ed è un impasto che si fa in tutte le occasioni importanti:  la festa di Pesach, ma anche matrimoni, Brith Milà , e si arricchisce con confetti per addolcirle, come simbolo di buon augurio.

    La sera di Rosh Chodesh Nissan questa base viene impastata con dell’olio di oliva e si recita una formula.

    Per quanto riguarda la cena di Pesach dopo il Seder, i piatti che vengono preparati sono quelli tipici della cucina tripolina: la Hraimi, il pesce al sugo, le Mafrum, polpette di verdure ripiene di carne, riso e l’abbacchio.

    “Una cosa curiosa è che durante Pesach non usiamo mangiare né pollo né  ceci” racconta la signora Luciana, “perché una volta il pollo arrivava nelle cucine intero con lo stomaco pieno di grano, perciò per tradizione non si usa mangiare il pollo.

    I Ceci invece perché il loro  nome ebraico Humus richiama il Hamez, perciò non si mangiano”.

    Le tradizioni proseguono per tutta la durata della festa: l’ultimo giorno di Pesach infatti si usava fare un pranzo per i bambini con cibi e stoviglie  in miniatura; addirittura si facevano le Matzot piccole.

    Alla fine di Pesach si fa la Mimuna : un pane che ha al centro un uovo intero, con tutto il guscio, simbolo del cerchio della vita, che poi va cotto in forno, per celebrare la fine della festa di Pesach e il poter tornare a mangiare cibi lievitati.

     

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