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    PERCHÉ TRACIMA L’ODIO

    Forse ancora non è abbastanza palese, ma non ci vorrà molto tempo per capire come i confronti, politici e non, siano andati via via scivolando verso un’asprezza inusitata e come l’asprezza sia dirazzata verso l’odio. Il fenomeno sarà pure globale, ma ogni tanto qualcuno capisce che l’Italia è un vero e proprio laboratorio politico. La tendenza a sottovalutarsi ed un certo inaccettabile vittimismo portano a ridimensionare i meriti ed i demeriti del Paese, il quale resterà sempre una potenza mediterranea, con un’importante influenza nell’industria, nella scienza, nella cultura, nel costume, e così via. Malgrado le difficoltà, tutti vorrebbero essere italiani. Max Weber, nella sua opera più nota “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”, è tutt’altro che indulgente nei riguardi dell’Italia. Il grande sociologo in qualche modo rovescia la prospettiva marxista, laddove enfatizza il ruolo delle idee e della religione, con qualche efficacissima osservazione sulla sopravvivenza del pensiero magico su quello razionale.

    Nel caso dell’Italia, non sono d’aiuto nel suo sviluppo statale la memoria e la traccia di continue occupazioni straniere, la tardiva unità e una certa arretratezza nella cultura dei Savoia, laddove si giunse a ravvisare nella terribile carneficina della Grande Guerra il coronamento del Risorgimento, essendo i due eventi totalmente diversi e atteso che detta guerra è stata l’anticamera della Seconda Guerra Mondiale.

    Una certa disattenzione alla differenza fra il lavoro nell’insegnamento e negli altri settori dell’economia, non ha certo giovato allo sviluppo culturale del Paese, per via delle regolarizzazioni e stabilizzazioni, addirittura nell’ambito delle Università col d. p. r. 11 luglio 1980, n. 382.

    Certamente, la ricerca delle cause del declino non è alla portata di chi scrive, ma potrebbe essere alla portata di uno studioso del prestigio di Luca Ricolfi, il quale nella sua recente opera  “La società signorile di massa” ha ravvisato l’esistenza nel Paese di un numero di cittadini che non lavorano che avrebbe superato il numero di cittadini che lavorano, di una condizione signorile, costituita dall’accesso a consumi opulenti di cittadini che non lavorano e di un sovraprodotto che avrebbe smesso di crescere. Inoltre, Ricolfi fa riferimento alla c.d. “distruzione della scuola”, chiamata in causa anche da un altro maître à penser come Ernesto Galli della Loggia, con la conseguente inattitudine di tanti ad accedere al mondo del lavoro.

    Questo diffuso malessere ha portato sia ad essere attratti da certi riti taumaturgici, ossia, a credere alle promesse senza alcun fondamento basato sui fatti, sia a cercare la responsabilità dei fallimenti non in sé stessi bensì in qualche capro espiatorio, diverso a seconda delle circostanze. Questo non è un atteggiamento ascrivibile solo alla destra oppure solo alla sinistra, ma è una caratteristica verificabile a prescindere dal colore politico.

    Queste osservazioni potrebbero essere la premessa ad un’altra osservazione, molto preoccupante, che riguarda gli atteggiamenti di odio nei riguardi dei tedeschi (non del governo, ma del popolo) e degli olandesi (anche qui, non del governo, ma del popolo) per via del rifiuto degli eurobond. Sembrerebbe impensabile che una testata ebraica si batta contro i pregiudizi anti tedeschi ma la storia, disse taluno, è più astuta degli uomini. Quest’odio anti europeo, anti tedesco, anti olandese, questo ravvisare nel prossimo la causa di tutti i mali, questa mancanza di prospettive per il futuro, non sono un fenomeno soltanto materiale ma pure ideologico e culturale, ed in questo il tempo dà ragione a Weber. Soprattutto, una società che non nutre progetti per il futuro, che non si domanda come creare ricchezza ma soltanto come distribuirla e, segnatamente, una società che non cerca i mezzi per progredire ma che vede nemici in ogni dove, non è un luogo molto ospitale per nessuno. L’unica via d’uscita è costituita dallo studio e dal lavoro. L’Italia (in particolare la società civile), ha grandi eccellenze, ed è lì, e non nei comizi più o meno urlanti, che ne troveremo il meglio, ma lo si troverà, ad esempio, in scienziati come Mauro Ferrari, il professore che si è appena dimesso dal Consiglio Europeo per la Ricerca, forse inseguito, come il Domenichino, dalla sempreverde invidia dei colleghi stranieri. A loro dovremmo far capo, non ai dispensatori di paroloni, perché non saranno loro a procurarci da vivere e da sognare.  

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