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    Parashà di Ki Tissà. La creazione del mondo, l’Egitto e lo Shabbàt

    Nella nostra parashà viene menzionata la mitzvà dell’osservanza dello Shabbàt con queste parole: “I figli d’Israele osserveranno lo Shabbàt, facendone un giorno di riposo di generazione in generazione, come patto perenne. Esso è un segno perenne tra Me e i figli d’Israele che in sei giorni l’Eterno fece i cieli e la terra, e il settimo giorno cessò e riposò” (Shemòt, 31:16-17).

    Queste parole vengono recitate di Shabbàt nella tefillà di shachrìt  e anche nel kiddùsh prima del pranzo dove viene detto: “Ricordati del giorno dello Shabbàt per santificarlo; lavorerai per sei giorni e farai tutte le tue attività. E il settimo giorno è un giorno di riposo dedicato all’Eterno nel quale non farai alcun lavoro, tu, tuo figlio, tua figlia, il tuo servo, la tua serva e i tuoi animali e lo straniero che abita nelle tue città. Perché l’Eterno fece i cieli e la terra in sei giorni, il mare e tutto quello che contiene…”.    

    Nei testo dei Dieci Comandamenti nella parashà di Vaetchanàn (Devarìm, 5:12-13) è scritto: “Osserva il giorno dello Shabbàt per santificarlo come ti ha comandato l’Eterno tuo Dio; lavorerai per sei giorni e farai tutte le tue attività”.  Il passo termina con le parole: “E ricorderai che sei stato schiavo nella terra d’Egitto e l’Eterno tuo Dio ti fece uscire da là con una mano forte e con braccio disteso; per questo l’Eterno tuo Dio ti ha comandato di osservare il giorno dello Shabbàt” (ibid., 15).

    Nel libro di Shemòt è scritto che si osserva lo Shabbàt perché Dio ha creato il mondo in sei giorni; nel libro di Devarìm è scritto che si osserva lo Shabbàt perché l’Eterno ci fece uscire dall’Egitto.

    R. Eli’ezer Ashkenazi (Italia, 1512-1585,  Cracovia) in Ma’asè Hashèm (Yitrò, cap. 7) chiede come sia possibile affermare che la mitzvà dello Shabbàt derivi dall’uscita dall’Egitto, mentre in verità è solo un segno che il mondo è stato creato. Per rispondere a questo dilemma egli cita il Maimonide (Cordova, 1138-1204, Il Cairo) che nella Guida dei Perplessi (parte II, cap. 31) scrive: “Ci è stato comandato di santificare questo giorno per stabilire il principio che il mondo è stato creato e che la cosa venga pubblicizzata cessando di lavorare in questo giorno. E quando qualcuno chiederà qual è il motivo, la risposta sarà «perché Dio ha creato il mondo in sei giorni»”. Il Maimonide aggiunge: “In Devarìm è scritto «E ricorderai che sei stato schiavo in Egitto; pertanto l’Eterno tuo Dio ti ha comandato di fare il giorno dello Shabbàt»”. Il Maimonide conclude che il comandamento dello Shabbàtserve a stabilire il principio che il mondo è stato creato e quindi insegna l’esistenza di Dio, e anche a ricordare la benevolenza divina che ci ha sollevato dalle sofferenze dell’Egitto dove non avevamo la libertà di cessare di lavorare.

    Il Nachmanide (Girona, 1194-1270, Acco) osserva chi ci vede osservare lo Shabbàt può solo capire che non lavoriamo perché Dio ha creato il mondo, ma che non gli è chiaro come si ricordi l’uscita dall’Egitto nel cessare di lavorare nel settimo giorno.  

    R. Ashkenazi spiega che quando in Devarìm è scritto che siamo stati schiavi in Egitto e ”per questo l’Eterno tuo Dio ti ha comandato di osservare il giorno dello Shabbàt”. Le parole “per questo” vengono a dire che proprio perché eravamo schiavi in Egitto, Dio ha comandato solo a noi di osservare lo Shabbàt e non ad altri popoli perché noi siamo i Suoi servitori. Il mondo è stato creato per tutti i popoli. Tuttavia chi vede che solo noi osserviamo lo Shabbàt si rende conto che così è perche solo noi siamo stati schiavi in Egitto.

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