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    Nei cinema La Douleur: il racconto di una dolorosa attesa

    Presentato in anteprima italiana
    all’ultima edizione del Bifest di Bari diretto da Felice Laudadio, La Douleur per la regia di Emmanuel
    Finkiel è tratto dal romanzo omonimo di Marguerite Duras che il regista
    definisce come ‘un testo sacro’. La storia autobiografica è stata scritta
    dall’autrice de L’Amante, nel 1944, ma pubblicata solo quaranta anni dopo (in
    Italia da Feltrinelli) basata sul suo rapporto con il marito Robert Antelme,
    conosciuto all’Università dopo il ritorno dall’Indocina e sposato nel 1939,
    all’età di venticinque anni.

    Interpretato da
    Melanie Thierry, Benoit Magimel e Emmanuel Bordieu il film è ambientato n
    ella Francia della Seconda Guerra Mondiale occupata
    dai nazisti, dove Marguerite, una giovane scrittrice di talento, è un attivo
    membro della Resistenza insieme a suo marito, entrambi guidati dal futuro
    Presidente Francois Mitterand con il nome di battaglia Morland. Quando Robert
    viene deportato dalla Gestapo, Marguerite intraprende una lotta disperata per
    salvarlo. Instaura una pericolosa relazione con Rabier, uno dei collaboratori
    locali del Governo di Vichy, e rischia la vita pur di liberare Robert, facendo
    imprevedibili incontri in tutta Parigi, come in una sorta di gioco al gatto e
    al topo. Lui vuole veramente aiutarla? O sta solo cercando di cavarle
    informazioni sul movimento clandestino antinazista? La fine della guerra e il
    ritorno dei deportati dai campi di concentramento segnano per lei un periodo
    straziante e danno inizio a una lunga attesa, nel caos generato dalla
    liberazione di Parigi.

    “Il punto di partenza è stato inevitabilmente
    la mia esperienza personale, anzi, quella di mio padre, che vide i propri genitori
    e suo fratello più piccolo, arrestati nel 1942, non tornare mai più”, spiega il
    regista. “Per tantissimi anni, in modo del tutto irrazionale, li abbiamo aspettati.
    Un’attesa, la nostra, priva del minimo barlume di speranza. Il racconto di
    Marguerite Duras fornisce una descrizione unica sul tema dell’attesa. La prima
    volta che l’ho letto avevo solo vent’anni, ma ho riconosciuto subito delle dinamiche
    a me familiari, finalmente messe per iscritto. In quel periodo non avrei mai azzardato
    l’adattamento cinematografico di un libro che avevo immediatamente considerato
    uno dei miei ‘libri sacri’. Ciononostante, sono consapevole che la lettura de Il Dolore mi abbia fortemente
    influenzato per i miei primi lavori.”

    Il
    film, come il libro, è il racconto di un’attesa, ma anche di una serie di
    domande che trovano, alla fine, una risposta. Una differenza importante con le
    esperienze di tanti superstiti che hanno continuato ad attendere. Questo, però,
    non diminuisce il valore del film e tantomeno del romanzo, bensì lo sublima in
    un racconto ricco di inquietudini personali, ma anche intellettuali, dove
    follia, determinazione e disinibizione giocano un ruolo fondamentale per il
    racconto psicologico e intimo. “
    L’unica cosa che conta è che il dolore è
    un concetto complesso, difficile”, conclude il regista Emmanuel Finkiel. “Complessità
    che rimane intatta nel cuore del nostro progetto. Più che mai, l’idea è stata
    quella di raccontare la verità. Primo Levi e Robert Antelme hanno detto la
    verità, parlando di complessità e colpa in relazione ai campi della morte. Una
    complessità presente anche nelle persone in attesa di qualcuno che facesse
    ritorno a casa, in quelle persone che dovevano vivere nell’attesa.”

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