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    Libri: "Una voce sottile", gli ebrei di Rodi e la furia nazista

    Anni ’30 del Novecento e Solly e’ un ragazzo sensibile e intelligente che fa parte della piccola comunita’ sefardita di Rodi, dove gli ebrei in fuga dalla Spagna avevano trovato riparo alla fine del XV secolo. La sua vita scorre lieta, intrecciandosi con i destini di altri personaggi che popolano i tortuosi vicoli della juderia, il quartiere ebraico di Rodi citta’. E cosi’, inseguendo i protagonisti di ‘Una voce sottile’, libro di Marco Di Porto, ci ritroviamo in un piccolo mondo, antico e vitale, “un mondo straordinariamente felice”, dove le vessazioni imposte dal fascismo sono stemperate dalla gioia degli affetti e delle tradizioni. Ma mentre sull’isola la primavera sembra non finire mai, le fosche nubi di violenza che agitano l’Europa stanno per travolgere anche la “rosa dell’Egeo”. Con l’ausilio di un’accurata ricerca storica e di una sensibilita’ non comune, Di Porto racconta la storia di suo nonno, Salomone Galante, attraverso un romanzo storico (collana Diaspora, casa editrice Giuntina, pagg. 186, euro 15) che e’ anche il tentativo di ricostruire la vita di una comunita’ ebraica ai margini del Mediterraneo nei feroci anni del nazifascismo. Il libro sara’ presentato dall’autore, con Lia Levi e Patrizio Nissirio, al festival “Insieme – Lettori, autori, editori” a Roma, giovedi’ 1 ottobre, alle ore 19, all’Auditorium Parco della Musica (sala Teatro Studio Borgna). “Rodi, l’isola che profuma di fiori, e una comunita’ di ebrei “vecchia” di quattrocento anni strappata alla vita dalla furia nazista… Un romanzo – scrive Lia Levi – fatto di destini intrecciati, che riesce a compiere il miracolo di far rivivere per noi le atmosfere, la religiosita’, i sapori e i colori di quel mondo un tempo felice”. 

    Marco Di Porto e’ nato a Roma nel 1978. Giornalista, si occupa di comunicazione presso l’Unione delle comunita’ ebraiche italiane ed e’ redattore di Sorgente di Vita, rubrica di cultura ebraica di Rai2. Ha pubblicato la raccolta di racconti ‘Kaddish ’95 e altre storie’ (Pequod, 2007) e il romanzo ‘Nessuna notte e’ infinita’ (Lantana, 2012). L’autore riferisce che la comunita’ sefardita di Rodi, molto attaccata all’antico retaggio, ancora nella prima meta’ del ‘900 parlava correntemente il judeo-espanol, la lingua dei sefarditi, un ibrido espressivo e un po’ arcaico tra spagnolo ed ebraico. Per oltre quattro secoli avevano vissuto in piena armonia con gli altri abitanti dell’isola, i turchi, musulmani, e i greci, cristiani ortodossi. Finche’ a inizio ‘900 l’isola divenne un Possedimento italiano, e agli ebrei di Rodi tocco’ la stessa sorte che travolse tutti gli altri ebrei italiani. Con una tragica peculiarita’: essendo Rodi un’isola, quando i nazisti la occuparono poterono procedere con grande facilita’ all’arresto e alla deportazione sistematica di tutta la comunita’, che si trovo’ praticamente in trappola. Nel lavoro di ricostruzione e indagine storica, “la cosa che piu’ mi ha colpito – racconta l’autore – era la sorveglianza sistematica cui erano sottoposti i cittadini di Rodi da parte della polizia politica fascista. Nell’archivio storico del Dodecaneso sono contenute schede relative a migliaia di persone, e ovviamente grande attenzione era riservata agli ebrei, dopo il ’38 nemici dello Stato per definizione. E’ partendo da quelle che ho potuto ricostruire in parte la storia dei familiari di mio nonno, tutti assassinati ad Auschwitz: chi erano, dove vivevano, che lavoro facevano, addirittura il giudizio sulla loro ‘condotta morale’ o qualche screzio avuto con le autorita’… partendo da questi dati, ho provato a immaginare le loro vite, poi travolte e inghiottite dalla storia”. Di Porto aggiunge che da quando era bambino sentiva raccontare la storia di suo nonno Solly, tra i pochi sopravvissuti alla deportazione degli ebrei di Rodi e del Dodecaneso. “Non l’ho conosciuto, e’ morto molti decenni fa. Ma basandomi sui racconti di famiglia, e su ricerche che ho condotto, oltre che a Rodi, in Argentina e in Israele, ho provato a ricostruire quel piccolo mondo antico e felice che la Shoah spazzo’ via quasi totalmente”, rimarca. (AGI)

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