Per la giornata della Memoria, la Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello, con molta emozione ha avuto l’onore di intervistare Sami Modiano, instancabile testimone della Shoah ed affettuosa figura di riferimento per tutti gli ebrei italiani. La voce spezzata, gli occhi lucidi, il tempo che sembra fermarsi sotto le sue parole che lacerano il cuore e riaprono ferite profonde ed indimenticabili. Non è possibile ringraziare abbastanza chi costantemente rievoca la propria esperienza nei campi di sterminio, nei loro confronti il mondo china il capo in silenzio e si commuove, come la Presidente Dureghello che non ha potuto fare a meno di emozionarsi di fronte ad una colonna come il signor Modiano, che del suo racconto ne ha fatto una missione di vita. “Io ho fatto un’esperienza nel 2005, con il presupposto che non avrei continuato, perché mi immaginavo che non avrei avuto un riscontro positivo da parte dei ragazzi. Mi sbagliavo molto, perché ho fatto quell’incontro, con grande sofferenza dopo 60 anni da quella fabbrica della morte dove avevo perso tutti, ed ho visto che anche i ragazzi avevano le lacrime agli occhi. Questo mi ha fatto capire che anche io avrei dovuto fare la mia parte. Da quel momento, davanti a queste innocenti persone che sono state ammazzate, ho giurato che non mi sarei fermato e che li avrei ricordati: questa è stata la mia missione da quel momento in poi, e non mi fermo, finché Dio mi darà la forza io non mi fermerò”.
Sami Modiano è poi sceso nei suoi più tenebrosi ricordi, come quello in cui incontrò, da una parte all’altra del filo spinato, la sorella oramai irriconoscibile e le gettò un pezzo umido di pane che questa presa e, assieme al proprio, glielo restituì per farlo continuare a vivere. Il cuore batte forte quando Sami pronuncia le ultime parole del padre, che riecheggiano come un inno alla sopravvivenza, alla vita: “Tu devi farcela, devi andare avanti”. Parole che hanno accompagnato quel ragazzo, all’epoca molto giovane, in una vita che gli aveva tolto ogni genere di affetto familiare lasciandolo solo al mondo. Sono racconti che fanno male al cuore, ai quali non si è mai pronti per poterli affrontare ma che bisogna conoscere affinché milioni di vite non vengano dimenticate. Ma in un luogo privo di ogni emozione e di vita, come Auschwitz, Sami racconta di un episodio che lo ha stretto fortemente alla religione:” Ero in un angolo della baracca, cercando di riscaldarmi e di riprendermi, quando guardo un gruppo di altri prigionieri come me, originari dell’Ungheria, che si erano riuniti per una preghiera. Erano in nove, non c’era Minian, e mi hanno chiesto di avvicinarmi e di partecipare. Io, gentilmente, ho detto di non poter partecipare perché non avevo fatto il Bar Mitzvah. C’era un Chacham tra di loro, che si è sentito in dovere di farmelo fare spiegandomi che il giorno dopo, senza Talled e senza nulla, lo avrei fatto. Mi ha spiegato che se non l’avesse fatto avrebbe commesso un peccato mortale e da quel momento in poi sono diventato adulto. Non era una festa, ma eravamo contenti, sia loro che io, perché sarei morto da ebreo completo. Da quel momento in poi ho partecipato a tutte le sedute religiose come un uomo maturo. Poi…” si ferma e si commuove “questo mi emoziona… la Comunità Ebraica di Roma ha voluto una grande festa per me davanti ai ragazzi ed al Tempio Maggiore, non avevo una famiglia ma una grande famiglia che è la Comunità Ebraica. Questa è stata una delle cose più belle che io abbia ricevuto nella mia vita.”
Non c’è odio né rancore nelle parole di Sami Modiano, disposto addirittura ad avere un confronto diretto con coloro che la Shoah la negano, anche se questi hanno sempre rifiutato. La missione di raccontare è nuova ogni volta che ci si reca in una scuola diversa, ed una di queste esperienze è rimasta impressa al signor Modiano. Una ragazza, incontrata in uno dei viaggi della Memoria, gli aveva chiesto di venire a parlare nella propria scuola. Una volta giunto nell’aula Magna, questa giovane sembrava fortemente tesa e preoccupata, anche se fingeva di non esserlo. Dopo la testimonianza, Sami le ha fatto presente che tutto fosse andato per il meglio e lei, qualche giorno dopo in una lettera, ha confessato di essere stata davvero turbata per tutta la giornata, perché dei suoi coetanei, venendo a conoscenza dell’incontro, avevano disegnato svastiche per tutto il recinto della scuola e temeva che avrebbero potuto rovinare tutto. Ma ciò non è accaduto, perché alcuni di quelli, che sedevano in un angolo dell’aula, si erano messi a piangere durante il racconto. Il giorno dopo hanno cancellato tutte le scritte. “Questa è stata un’esperienza molto importante…” dice Sami ” io non ero a conoscenza di niente. Questa storia mi ha dato lo stimolo di continuare, perché ho fatto cambiare opinione ad un gruppo di ragazzi che senza volere, poverini, sono caduti in qualche gruppo di coloro che cerca di negare. Questo è importante, a mia insaputa è stata una vittoria e questo mi ha dato lo stimolo per continuare”.
Termina l’intervista con un messaggio di Sami Modiano pieno di vita e speranza:” Ai ragazzi mando un saluto di buona fortuna, tanta felicità e tanta salute. Con un abbraccio dico a tutti loro “Shalom”, Pace.”