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    ITALIA

    “Il tempo della riconoscenza”

    Umberto Adamoli Giusto Tra le Nazioni

    Nel Libro del Qohelet si legge: “Ogni cosa ha la sua stagione e c’è un tempo per ogni cosa sotto il Cielo…”

    Giovedì 30 gennaio 2025, ore 10:00. Mentre a Teramo stava iniziando la cerimonia per la consegna della medaglia alla memoria del Giusto Umberto Adamoli, in Israele era in corso la liberazione di alcuni ostaggi fino a quel giorno nelle mani di Hamas. La commozione e la partecipazione erano al culmine in entrambi i luoghi e l’emozione contenuta che traspariva dai volti degli astanti suonava come un inno alla Vita. Era presente Jonathan Peled, Ambasciatore di Israele in Italia.

    Una cerimonia partecipata, attesa da ben 63 anni. Era il settembre 1962 quando moriva Umberto Adamoli, Tenente Colonnello della Guardia di Finanza e Podestà di Teramo durante la Shoah.

    Fu proprio in quell’anno che la famiglia decise di inoltrare all’Ambasciata di Israele a Roma la segnalazione di quanto egli avesse compiuto a favore di numerosi perseguitati ebrei nel suo ruolo di Podestà. A quei tempi stava nascendo il Dipartimento Giusti di Yad Vashem e purtroppo la segnalazione non ebbe seguito.

    Già nel 2014 Licia Canarutto, ebrea triestina salvatasi con la famiglia grazie al Podestà Adamoli, era tornata a Teramo per celebrarne la Memoria. Fu un incontro emozionante, con studenti e professori, cittadinanza, autorità e storici. Daniel Vogelmann, invitato appositamente per portare il suo personale contributo, dichiarò che sarebbe stato molto difficile ottenere il riconoscimento di Yad Vashem a favore del Podestà. E invece… Nel settembre 2021 inoltrammo il fascicolo a Gerusalemme e Umberto Adamoli venne riconosciuto “Giusto Tra le Nazioni“ dopo poco. Era il 7 dicembre 2023 ma nel frattempo Licia Canarutto si era spenta. “Mia madre – dichiarò Massimo Bucher – a Teramo si è sempre sentita a casa e dalla fine della guerra è rimasta in amicizia con i Di Bartolomeo che ospitarono la famiglia su indicazione del Podestà.” Giovedì 30 gennaio ricordi e aneddoti tramandati da Licia Canarutto hanno risuonato nella commozione misurata del figlio che ha concluso così il suo intervento: “Mamma ha atteso questo momento fino all’ultimo ma purtroppo se n’è andata prima…Sono certo però che adesso è qui tra noi!”

    Licia Canarutto è l’esempio della Riconoscenza: quando io e mio marito temevamo di non poter istruire il fascicolo “Adamoli”, la sua testimonianza e i suoi lucidi ricordi ci permisero di farlo e non solo… Grazie a lei riuscimmo a ricostruire parti mancanti della vicenda e ritrovammo alcuni discendenti dei tanti ebrei salvati che fornirono contributi determinanti per portare Umberto Adamoli al meritato, seppur tardivo, riconoscimento di Yad Vashem. Contattammo la famiglia Godelli: a Bari trovammo Silvia, figlia di Ferencz Goldstein (il cognome originale prima che fosse italianizzato), che alla figlia tramandò scarni ricordi relativi all’internamento nei campi di Notaresco, Atri e Nereto da cui fuggì grazie alla “soffiata” del Podestà Adamoli prima di essere deportato con suo fratello Carlo e altri internati ebrei. “La Shoah non ha chiuso la bocca solo ai morti, ma purtroppo ancheai vivi!” ha detto Silvia amaramente, alludendo al silenzio di papà sui fatti dolorosi che egli, come tanti sopravvissuti alla Shoah, non volle trasferire ai propri figli nel dopoguerra. E poi mio marito si mise in contatto con Ilana, figlia di Carlo Godelli, che vive in Israele. Ella riconobbe il carattere della macchina per scrivere con cui fu battuta la lettera diringraziamento e riconoscenza firmata da decine di ebrei salvati dal Podestà. “Questa era la macchina per scrivere di papà!”  testimoniò con emozione. E ancora… Daniela Gross, residente negli Stati Uniti, riconobbe la firma di suo padre. A guerra finita quella lettera – sottoscritta anche in inglese per gli Alleati – scagionò Umberto Adamoli da ogni accusa di collaborazionismo, proprio come successe ad Oskar Schindler . Sono molti gli ebrei che lasciarono l’Abruzzo e l’Italia prima di sottoscrivere quella lettera e altrettanti i discendenti che non siamo riusciti a rintracciare. Alcuni erano francesi, altri croati. Ci auguriamo che rispondano all’ appello e che – come nel caso dei Godelli, Canarutto e Gross – aggiungano frammenti di Memoria a questa incredibile storia di salvezza. “Conoscevo parecchie di queste famiglie…” mi ha detto Daniela Misan, delegata della Comunità ebraica di Trieste. “Mi darò da fare per trovare i discendenti, se ce ne sono ancora. Paola, sono a vostra disposizione perché quello che fate è proprio giusto!” Perfino l’industriale Morpurgo delle famose Distillerie Stock fu visto passeggiare in centro a Teramo a luglio 1944, dopo la liberazione della città. “Anche tu qui?” esclamò Oscar Canarutto quando lo incontrò. Nella sua testimonianza Licia riporta che Morpurgo dichiarò “di essere stato nascosto nella villa del Podestà dal ’43 al ‘44”. Si trattava di Villa Clarice, che oggi non esiste più. A Trieste – e non solo lì – si era sparsa la voce che Teramo fosse un luogo tranquillo, vicino al fronte alleato. E così molti ebrei erano fuggiti in quella zona per salvarsi, cosa che avvenne grazie ad Umberto Adamoli. È stata una cerimonia memorabile: di fronte alla grandezza del messaggio si sono perfino spente le polemiche che imperversavano da giorni e “Adamoli Podestà fascista”  è diventato “Adamoli Giusto Tra le Nazioni” . Il Podestà disobbediente.

    Anche l’orchestra dei giovani studenti del Liceo musicale cittadino ha suonato con passione Hinei ma tov e Buongiorno Principessa dal film La vita è bella. Le Istituzioni presenti hanno portato saluti sobri e solidarietà al mondo ebraico con condanna dell’ antisemitismo.  Parole per niente scontate… Il saluto del Presidente della Provincia, l’abbraccio sincero del Sindaco D’Alberto e l’incoraggiamento dei Prefetti di Teramo, Chieti e Lecco mi hanno fatto sentire meno sola. Un forte messaggio politico è stato quello del Presidente della Regione Abruzzo: a sostegno di Israele, contro il terrorismo e l’antisemitismo, in ricordo degli ostaggi ancora da liberare. Ho avuto un colloquio breve ma molto intenso con lui: tenendomi la mano mi ha espresso vicinanza e solidarietà, partecipazione ed empatia. E così a lui e all’Ambasciatore Jonathan Peled ho detto: “Anch’io come Martin Luther King ho un sogno: vorrei riunire le regioni e i territori all’ interno dei quali c’è un Podestà Giusto Tra le Nazioni, farli incontrare per raccontare e condividere le loro storie, quelle degli ebrei salvati e dimostrare così che il bene supera ideologie e pregiudizi… E che la disobbedienza, talvolta, produce eroi.” In Italia i Podestà “Giusti Tra le Nazioni” sono circa una decina, ma sappiamo di altri che hanno agito rischiando la vita per proteggere perseguitati ebrei secondo i criteri di Yad Vashem. Vedremo… I tre giovani studenti intervenuti hanno riacceso la speranza: parole di monito verso gli orrori da non rivedere più e a rimarcare l’esempio di un uomo prima che politico o Militare. Erano sinceri i tre giovani studenti. Ho chiesto loro di seguirmi in altri eventi per trasmettere il bene ai loro coetanei ovunque vadano. E infine Clarice, pronipote di Umberto Adamoli… Era compostamente fiera, commossa ma al contempo lucida. E con poche parole efficaci ha saputo indicare la via maestra: “Il prozio Umberto non ha combattuto il male con i fucili, ma ha usato il coraggio e il bene per vincere…La luce contro le tenebre!” Clarice, che si chiama come la moglie del prozio Umberto, a nome della famiglia ha voluto donare la medaglia al Museo Storico della Guardia di Finanza a Roma. E così il prezioso riconoscimento è passato nelle mani del Generale di Brigata Germano Caramignoli. È prevista una cerimonia anche a Roma perché il Corpo della Guardia di Finanza vuole innalzare l’eroico esempio di Umberto Adamoli, il finanziere “Giusto Tra le Nazioni” più alto in grado in Italia. È il tempo della Riconoscenza, quello che spegne le polemiche ed esalta il valore di chi ha agito a difesa della vita. Per combattere pregiudizi antiebraici, antisemitismo e odio contro Israele non bastano più conoscenza ed educazione. Servono cerimonie come questa, riconoscenza e tante altre medaglie di Yad Vashem.

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