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    ITALIA

    Il prigioniero di Amsterdam

    L’Unità del 14 novembre 2006 titolava: “L’Europa condanna la strage di Beit Hanun. Israele si fermi»”, mentre il catenaccio recitava: “I ministri degli Esteri dei 25 deplorano anche il lancio di missili da parte palestinese”. Il titolista, per la condanna di Israele, aveva usato caratteri tre volte più grandi di quelli usati per dire che Gaza aveva bombardato Israele. Leggendo i titoli, non si distingueva, comunque, chi fosse l’aggredito e chi fosse l’aggressore. Nell’articolo, si legge che “Pur riconoscendo il diritto legittimo di Israele alla difesa, il Consiglio lo sollecita ad esercitare la massima moderazione, sottolineando che l’azione non dovrebbe essere sproporzionata o in contraddizione con la legge umanitaria internazionale”. Solo da qui si desumeva che era Israele a difendersi e la parte palestinese ad attaccare. Naturalmente, non ci si domandava per quale ragione fosse necessario sparare su Israele. La sola preoccupazione era il modo in cui Israele si difendeva, mentre l’attacco subìto dallo Stato ebraico non interessava a nessuno.

    Quasi diciotto anni dopo, il 9 novembre 2024, L’Unità ha questo titolo: “Cosa è successo ad Amsterdam: scontri tra hooligan fanno decine di feriti e 62 arresti” mentre il catenaccio, sempre a caratteri più piccoli, recita: “Le aggressioni contro gli israeliani di ieri sono iniziate al fischio di chiusura della partita (conclusasi 5 a 0 per l’Ajax): i tifosi israeliani sono stati inseguiti, e chi rimaneva isolato veniva picchiato”. Nell’articolo si legge: “Un pogrom. Così è stato definito l’attacco di ieri da parte di attivisti pro-Pal nei confronti di tifosi israeliani del Maccabi Tel Aviv. Gli ultrà si trovavano in trasferta ad Amsterdam per la partita della loro squadra contro quella dell’Ajax. 10 i feriti tra i tifosi israeliani, di cui 5 ricoverati in ospedale e già dimessi, e 62 gli arresti. Un attacco condannato dal premier Schoof, che li ha definiti come “attacchi antisemiti inaccettabili”. Vi è, quindi, una bella differenza fra titolo e contenuto, di difficile comprensione per chi non appartenga alla categoria, tutta da creare, dello psicologo – giornalista.

    Gli articoli all’interno descrivono il presunto sadismo israeliano, attingendo addirittura al 2013 (a titolo esemplificativo) mentre non si chiarisce perché Hamas abbia sentito l’impellente bisogno di prendere degli ostaggi e di continuare a bombardare Israele, d’accordo con Hezbollah, che ha iniziato a fare altrettanto il giorno dopo l’attacco sadico di Hamas del 7 ottobre. Nemmeno si chiarisce che sia al nord, per via degli attacchi di Hezbollah, e al sud, per via degli attacchi di Hamas, la popolazione di Israele, uno Stato piccolissimo, sia stata costretta ad evacuare.

    Visto che discorriamo di Amsterdam, la mente va al “Prigioniero di Amsterdam” (Foreign Correspondent) e alla nota avversione di Sir Alfred Hitchcock per il c.d. “whodonit” da tradurre come “giallo”, che però significa, dal punto di vista letterale “chi l’ha fatto”, proprio ciò che manca nei resoconti del conflitto arabo – israeliano.

    L’Unità del 2006 riportava però delle voci dissidenti: ambasciatori d’Israele, l’opinione di Furio Colombo, e così via. Lo stesso D’Alema diceva: “Stiamo dalla parte di Israele. Hamas non lo riconosciamo come interlocutore”. Intendiamoci, anche allora l’Unità lasciava a desiderare, ma non si sentiva il bisogno di peggiorare le cose.

    Nelle due gestioni c’era Umberto de Giovannangeli, che scrive su Israele. Non sapremmo pronunciarci sulla sua linea, tutt’al più, potremmo azzardare che dovendo scegliere quale foto adagiare sul comodino, la sua non sarebbe necessariamente la prima scelta. Dipende però dallo spazio a disposizione. Anche se ha la fortuna di non conoscermi (non si è perso nulla) confesso che sarei lusingato se pensasse altrettanto di me.

    Non siamo invaghiti del Direttore Piero Sansonetti, né pensiamo di averne motivo. Ciò non toglie che gli riconosciamo una notevole capacità professionale unita ad un’intelligenza non comune. Tutto questo è un’aggravante, perché mentre su ciò che fanno gli incapaci si sorvola, un grande giornalista come lui non ha bisogno di sconti, semmai ne abbiamo bisogno noi. Perché queste scelte editoriali? Di ipotesi potremmo farne parecchie, ma si tratterebbe pur sempre, in mancanza di dati certi, di tesi fatalmente velleitarie. Non so quale tiratura abbia oggi l’Unità, ma presumo sia sufficiente, se Sansonetti volesse, per consentirgli di offrirmi un caffè. Ciò, per il tempo necessario a farmi capire meglio cosa stia succedendo e, potendo, per riferirlo al lettore. Posso però anticipargli il contenuto, così arriviamo preparati: l’influenza della teoria critica sulla narrazione di Amsterdam.

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