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    Il peso della memoria e il compito delle nuove generazioni

    Circa un mese fa abbiamo pianto la morte di Alberto Sed, sopravvissuto ai campi di sterminio. Ora è un altro pilastro dell’ebraismo italiano a lasciarci: Piero Terracina. La verità è che il tempo scorre, tutti i sopravvissuti piano piano ci abbandoneranno e noi ebrei dovremo continuare a camminare soli in una grande battaglia che è quella contro il revisionismo e negazionismo storico. Due mali paralleli che hanno lo stesso volto: quello di un antisemitismo radicato. Ho paura, inutile nasconderlo. I fatti di cronaca quotidiana sembrano, però, darmi ragione e l’odio dilagante sui Social Network contribuisce ancor di più. Molti politici hanno dedicato un post per la morte di Piero, ma basta leggere i commenti dei tanti odiatori stanchi di questo “passato scomodo” per pensare: “la storia non ha insegnato? Le testimonianze non sono bastate?”. La verità è che non si può arginare completamente un fenomeno così radicato. Dopo settant’anni vediamo neonazisti alzare la testa e dire che Hitler non era sbagliato, ma scomodo. Lui era un giusto e Mussolini ha fatto tante cose buone. Portare l’Italia e l’Europa nel baratro risulta in questa lista idealizzata dai nostalgici? Il peso della memoria inizia ad aleggiare nell’aria. Si respira ovunque. Soprattutto ad Auschwitz dove hanno trovato morte sicura milioni di famiglie, donne, anziani, bambini, disabili, omosessuali. Se non combattiamo noi giovani per chi non è tornato… Chi può farlo? Se non approfondiamo le varie sfaccettature della Shoah come l’Aktion T4 (poco citato e conosciuto)… Chi altro può pensarci? Ricordare affinché non accada più. “Tutti coloro che dimenticano il passato sono condannati a riviverlo”, come scrisse Primo Levi. La conoscenza, infatti, è l’arma più potente contro l’odio. Un odio dettato dall’ignoranza. Nei libri scolastici di storia ci si ferma sempre alla Seconda Guerra Mondiale… E dopo? Bisognerebbe raccontare ai giovani di come l’Europa sia risorta dalle sue ceneri. Si dovrebbe parlare del dopoguerra in Italia dove ognuno si faceva giustizia da solo, i sopravvissuti facevano fatica a reintegrarsi in società proprio come i tanti soldati tornati dal fronte e dimenticati da tutto e tutti. Non esisteva più la “civiltà” e i partigiani andavano a cercare i collaboratori fascisti per vendicarsi. L’Italia era in ginocchio in seguito ai numerosi bombardamenti, le persone pativano la fame e non avevano più una casa. Il messaggio che passa ai studenti è che una volta avvenuta la liberazione sia tornato tutto come prima. Peccato non fosse stato proprio così. Oggi si prospetta un nuovo periodo buio per la nostra umanità dove i sopravvissuti si spengono lentamente come piccole fiammelle e gli antisemiti, nascosti a volte da antisionisti, tornano ad urlare a gran voce i loro ideali. Un’Italia ancora radicata al fascismo che festeggia l’anniversario della “Marcia su Roma” e fa i suoi pellegrinaggi a Predappio. Un’Italia a cui questa memoria pesa e fa male, resta scomoda. In cuor mio, da ragazza di ventisei anni, cerco di abbracciare le mie piccole bambine e scansare queste paure. Perché nell’Italia che vorrei ci deve essere solo luce e non il buio che per vent’anni ci ha sommersi. Nell’Italia che vorrei lasciare a mie figlie dovrebbe esserci la consapevolezza di ciò che è stata la Shoah per tenerla nel nostro vissuto affinché possa influenzare il nostro futuro fatto di amore, pace e tanta serenità. Quando avremo raggiunto questo obiettivo saluteremo i nostri sopravvissuti con la cognizione che il loro monito sia servito proprio a tutti per rendere migliore il nostro mondo. Piero ti mando il mio abbraccio più forte… Riposa in pace che a difendere le vostre memorie ci siamo noi giovani. 

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