Ottant’anni fa, il 17 novembre 1944, Enzo Sereni trovava la morte a Dachau. Studioso, sionista e uomo d’azione, Sereni è stato ricordato a Roma con la conferenza “Per non morire. La lezione di Enzo Sereni”. Organizzato dalla giornalista Simonetta Della Seta e dagli storici David Bidussa e Liliana Picciotto, l’evento ha ripercorso le tappe della sua vita: dalla giovinezza a Roma al trasferimento in Palestina mandataria, fino al sacrificio nel 1944, quando si paracadutò nel Nord Italia per sostenere la Resistenza.
Nato a Roma nel 1905, Sereni scelse giovanissimo di abbandonare una vita agiata per trasferirsi nella Palestina mandataria con sua moglie Ada Ascarelli. Qui fu tra i fondatori del kibbutz Giv’at Brenner, che rappresentava per lui l’ideale di convivenza e solidarietà. Negli anni Trenta, si distinse come intellettuale e militante, scrivendo per il Settimanale Israel e avvicinandosi a una visione socialista e marxista, senza mai rinunciare alla sua identità sionista. Durante la Seconda guerra mondiale, Sereni tornò in Italia, arruolandosi nel 1944 in una missione dell’Agenzia Ebraica che lo portò nel Nord Italia occupato. Fu catturato a Firenze e deportato a Dachau.
“Sereni fu uno studioso e al tempo stesso uomo d’azione, letterato e combattente della Resistenza”, ha affermato Massimo Bray, direttore generale dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, definendolo “un esempio luminoso di impegno civile e un punto di riferimento per comprendere la storia e l’attualità”.
Giovanni Grasso, consigliere per la comunicazione del Quirinale, ha ricordato il discorso tenuto dal presidente Sergio Mattarella per il 25 aprile 2015, in cui Sereni fu citato tra i protagonisti della Liberazione italiana. “La sua luce ci accompagna in questa temperie di oscurità”, ha sottolineato Grasso. In un videomessaggio, il presidente israeliano Isaac Herzog ha definito Sereni un simbolo dello “spirito umano più alto a difesa del coraggio e della dignità”. Herzog ha evidenziato inoltre il valore del suo lascito, celebrato non solo nelle commemorazioni ma anche in luoghi come il kibbutz Netzer Sereni, intitolato alla sua memoria.
“Enzo Sereni era un uomo di visione e di azione”, ha ricordato David Bidussa, sottolineando la sua capacità di “esplorare nuove strade senza mai rinnegare le sue radici”. Per Bidussa, Sereni credeva che “il riscatto del futuro dovesse passare attraverso una reinterpretazione del passato”.
Liliana Picciotto ha invece messo in luce lo spirito di Sereni, capace di guardare al futuro con profondità. “Sereni guardava al futuro con uno spirito inclusivo e visionario”, ha affermato la storica, citando anche quanto disse Sereni: “La nostra guerra non è contro nessun popolo. Siamo in lotta contro il fascismo e il nazismo”.
Simonetta Della Seta, nel suo intervento, ha ripercorso le tracce dell’aliyah compiuta da Enzo Sereni e sua moglie Ada Ascarelli nel febbraio del 1927. “Un anno particolarmente interessante, – spiega Della Seta – con tanti cambiamenti positivi e una calma straordinaria”. Un viaggio, “alla ricerca del futuro, di un vocabolario nuovo”. Ha ribadito inoltre come Sereni “non si limitava a parlare: agiva”, ricordando la sua decisione di arruolarsi per la missione in Italia.
“Enzo Sereni rappresenta il legame vivo tra Italia e Israele”, ha affermato il nipote Chaim Confino, offrendo un toccante ricordo personale.
A chiudere la conferenza sono stati gli interventi di Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, e di Giorgio Sacerdoti, presidente della Fondazione CDEC. “Sereni ci lascia una lezione: non si vive solo per se stessi. Il suo esempio ci spinge a tradurre i valori in azioni concrete”, ha affermato Di Segni, esortando a fare tesoro della sua eredità. Sacerdoti ha riflettuto sull’attualità del pensiero di Sereni: “Il nostro grido contro l’antisemitismo non riguarda solo gli ebrei, ma la difesa della società civile nel suo insieme”.