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    Commento alla Torà. Parashà di Mishpatìm: decisioni halakhiche e democrazia

    Nelle parashà  è scritto: “Non associarti alla maggioranza per fare del male. In un processo non parlare per svisare la legge. I casi vanno decisi a maggioranza” (Shemòt, 23:2).

    R. Shimshon Rafael Hirsch (Amburgo, 1808-1888, Francoforte) spiega che una volta che il Sinedrio ha preso una decisione a maggioranza, anche la minoranza deve accettare l’opinione della maggioranza che diventa legge. E l’opinione della minoranza non ha più alcuna validità.  

    R. Chayim Zimmerman (Ucraina, 1914-1995, Gerusalemme) che fu rosh yeshivà a Chicago, a New York e a Gerusalemme, in un suo scritto su un argomento di interesse nazionale, affermò che, anche se prese a maggioranza, le decisioni halakhiche non hanno nessuna connessione logica con la democrazia. Quando il Sinedrio di settanta saggi, che era la corte suprema del popolo ebraico, deliberava su qualche argomento, le decisioni venivano prese sulla base delle opinioni di maggioranza. Tuttavia questo non era il risultato di un qualche sistema o modo di pensare democratico. Nel Sinedrio la decisione della maggioranza veniva presa esaminando in modo approfondito i diversi fatti e le diverse opinioni dei dayanìm (giudici). La decisione della maggioranza aveva autorità morale perché aveva maggiore probabilità di essere vicina alla verità nelle questioni legali. Poiché lo scopo delle delibere è quello di arrivare alla verità, il principio della maggioranza nella giurisprudenza della Torà è valido solo quando i giudici hanno un livello uguale di erudizione (T.B., Yevamòt, 14a). Affermare che l’opinione della maggioranza nel Sinedrio è la verità, o che è più probabile che lo sia più dell’opinione della minoranza, è presumere che tutti i membri del Sinedrio possiedano una conoscenza più o meno uguale della Torà. Questa ipotesi è ragionevole poiché le deliberazioni del Sinedrio si basano sul ragionamento logico di giudici qualificati e non sulla volontà di individui selezionati a caso. La decisione del Sinedrio su una questione particolare rappresenta la verità perché segue logicamente le premesse della Halakhà applicata alla questione in discussione. Pertanto una decisione a maggioranza del Sinedrio non è una decisione democratica, una questione di volontà, ma una decisione razionale.

    In un sistema democratico invece il fattore critico non è la verità ma la volontà della maggioranza. Inoltre in un sistema democratico accettiamo l’opinione della maggioranza sulla base dell’ipotesi che tutti gli individui siano uguali indipendentemente dai diversi stili di vita o occupazioni e nonostante le ovvie differenze nelle loro capacità intellettuali. Le decisioni in una collettività democratica non possono essere dettate da un individuo a da una minoranza anche se in costoro fossero in possesso della verità. Inoltre, in una democrazia le vicissitudini nelle questioni pubbliche sono tali che le decisioni della maggioranza democratica hanno da fare meno con la verità che con le temporanee opinioni della gente, indipendentemente dai fatti o dalla realtà.

    Pertanto anche nelle questioni attuali, solo una talmìd chakhàm che abbia ricevuto la semikhà, ossia un titolo rabbinico accettato dalla collettività d’Israele, e riconosciuto come esperto nell’argomento in questione, ha il diritto di prendere una decisione halakhica su un argomento di interesse nazionale.

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