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    Commento alla Torà. Parashà di Acharè Mot-Kedoshìm: Kadòsh è chi fa bene al prossimo

    La parashà di Kedoshìm inizia con le parole “Siate kedoshìm perché io, l’Eterno vostro Dio, sono kadòsh”.  Questo versetto è oggetto di un gran numero di commenti.

    Rashì (Troyes, 1040-1105) scrive: “Siate separati dalle trasgressioni sessuali e dal peccato, perché ogni qualvolta {la Torà] pone un limite alle trasgressioni sessuali si parla di kedushà”.  

    Il Nachmanide (Girona, 1194-1270, Acco), commenta che nel Midràsh Toràt Kohanìm è scritto “Siate separati” e non si parla di trasgressioni. Pertanto egli scrive che in questo versetto la Torà prescrive di astenersi dagli eccessi nelle cose permesse.

    R. Shim’òn Hakohen Shkop (Belarus, 1860-1939, Lituania) che fu Rosh Yeshivà alla yeshivà di Telz, a Sha’arè Torà a Grodno in Lituania, e negli anni 1928-29 insegnò anche alla Yeshivà Yitzchàk Elchanàn a New York, tratta l’argomento nell’introduzione alla sua opera Sha’arè Yòsher. R. Shkop spiega il versetto “Siate kedoshìm” conciliandolo con la mitzvà “e camminerai per le Sue strade” (Devarìm, 28:9).

    La mitzvà di camminare per le Sue strade viene definita dal Maimonide (Cordova, 1138-1204, Il Cairo) che nel Mishnè Torà (Hilkhòt De’òt, 1:6) scrive: “Ci è stato comandato di seguire la via mediana, cioè la via del bene e della dirittura, perché è detto: «E camminerai per le Sue strade» (Devarìm 28:9). [I Maestri] ci hanno insegnato in modo esplicito il significato di questa mitzvà: «Così  come Lui è chiamato rachùm (compassionevole), anche tu sii rachùm; così come Lui è chiamato magnanimo (chanùn), anche tu sii chanùn; così come Lui è chiamato kadòsh, anche tu sii kadòsh…».  Ed è obbligatorio educare sé stessi a comportarsi in questo modo per imitare per quanto possibile il Suo comportamento”.

    Il Maimonide afferma quindi che questa mitzvà richiede di imitare il comportamento del Creatore e menziona tre comportamenti: “rachùmchanùnkadòsh”. Nel Midràsh (Vayqrà Rabbà, par. 24) dopo la frase  “Così come Io sono kadòsh, anche tu sii kadòsh” è detto: “È possibile [esserlo] come Me? Il testo insegna [che la cosa non è possibile]: «Perché Io sono kadòsh [significa che] la Mia kedushà è al di là della vostra kedushà»”.

    R. Shkop scrive che la mitzvà “E camminerai per le Sue strade” fa parte di quella di essere kedoshìm. Se esserekedoshìm significa solo allontanarsi dagli eccessi (come spiega il Nachmanide), non si capisce come si possa collegare questa mitzvà all’Eterno.

    Pertanto R. Shkop insegna che la mitzvà di essere kedoshìm significa che in ogni cosa che facciamo per noi stessi ci deve essere un beneficio per gli altri. In questo modo quando una persona prende cura di sé senza eccedere, fa anche del bene agli altri perché senza aver cura di sé non si può avere cura degli altri. In questo modo possiamo almeno in modo parziale imitare le vie dell’Eterno che ha creato il mondo e continua a mantenerlo. Dal momento che l’Eterno è perfetto e non perfettibile, Egli non fa nulla per se stesso. La cosa non è possibile per un essere umano che non può fare a meno di prendersi cura di sé. R. Shkop aggiunge che per osservare propriamente la mitzvà di essere kedoshìm, una persona deve fare sì che il proprio “Io” comprenda non solo se stesso ma anche tutto il popolo d’Israele e le creature del mondo.

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