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    Commento alla Torà. Bereshìt:la creazione del mondo e lo Shabbàt

     “E fu sera e fu mattino, un giorno” (Bereshìt, 1:5). Questo non fu il primo mattino della storia del mondo. Il primo giorno, ovvero Rosh Hashanà, arrivò con il sesto giorno della Creazione, quando fu creato l’uomo.  

    Nel Midràsh Rabbà (89:1) R. Levi cita il versetto di Mishlè (Proverbi, 25:2) dove è scritto: “È gloria di Dio nascondere le cose, ma è gloria dei re investigarle”. R. Levi a nome di R. Chama figlio di r. Chaninà [disse]: “Dall’inizio del libro fino a qui è gloria di Dio nascondere le cose, da qui in avanti è gloria dei re investigarle”. “Fino a qui” si riferisce ai versetti dall’inizio di Bereshìt fino alla fine dei giorni della Creazione (1: 1-31). ”Da qui in avanti” si riferisce dal versetto nel quale è scritto: “Il cielo e la terra e tutte le loro parti erano così complete. Con il settimo giorno Iddio completò tutto l’opera che aveva fatto. Nel settimo giorno Egli cessò da tutta la Sua opera che aveva compiuto. Dio benedisse il settimo giorno e lo dichiarò giorno sacro, perché esso era il giorno nel quale Dio aveva cessato da tutta la Sua opera che Egli stesso aveva creato in modo che continuasse a funzionare” (ibid., 2:1-3).  

    Nei dieci comandamenti è scritto: “Ricorda il giorno del sabato per santificarlo. Lavorerai sei giorni e farai ogni tua opera. E il settimo giorno sarà giornata di cessazione dal lavoro dedicata all’Eterno tuo Dio; non farai alcuna opera (melakhà), né tu né tuo figlio, tua figlia, il tuo servo e la tua serva, e i tuoi animali, e il forestiero che si trova nelle tue città. Poiché l’Eterno ha fatto cielo e terra in sei giorni, il mare tutto quanto contengono, e riposò nel settimo giorno. Perciò l’Eterno benedisse il giorno del sabato e lo santificò” (Shemòt: 20:8-11).

    Il Maimonide (Cordova, 1138-1204, Il Cairo) nel Morè Nevukhìm (Guida dei perplessi, II, 31) scrive che “La mitzvà [di astenersi da ogni opera di Shabbàt] è al terzo posto dopo l’esistenza di Dio e la negazione del dualismo […]. E hai già imparato dalle mie parole che le opinioni non durano senza essere accompagnate da azioni che diano loro forza e le rendano conosciute di continuo tra le moltitudini. Pertanto abbiamo ricevuto la mitzvàdi santificare questo giorno allo scopo di stabilire il principio che il mondo è stato creato, e venga conosciuto universalmente quando tutti gli uomini si asterranno dal lavorare in uno stesso giorno”.

    L’osservanza dello Shabbàt consiste quindi nell’astensione da ogni melakhà. Nel Talmud babilonese (Shabbàt, 69a) i maestri insegnano che vi sono trentanovemelakhòt. Per fare qualche esempio, diShabbàtbisogna astenersi da tutte le attività connesse con l’agricoltura, con attività sartoriali, con l’uso del fuoco [e dell’elettricità] e con il trasporto nel dominio pubblico. Per poter osservare lo Shabbàtè quindi indispensabile farsi insegnare quali siano queste melakhòt. Poiché l’astensione da melakhòt dal tramonto di venerdì fino all’uscita delle stelle di sabato è una testimonianza dell’esistenza dell’Eterno che ha creato il mondo, coloro che, a seguito di loro opinioni filosofiche contrarie, non osservano loShabbàt, sono considerati legalmente in modo equivalente a degli idolatri. Così infatti scrive il Maimonide nel Mishnè Torà (Hilkhòt Shabbàt, 30:15): “Lo Shabbàtè il segno eterno tra di noi e il Santo Benedetto. Pertanto chi trasgredisce una qualunque delle altre mitzvòt fa parte degli israeliti perversi; ma chi profana pubblicamente loShabbàt è considerato come un idolatra […].  E chi osserva lo Shabbàt secondo le regole, lo onora e lo delizia secondo le sue possibilità, riceve una ricompensa in questo mondo a parte quella che riceverà nel mondo a venire […].

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