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    Yom Hazikkaron: la storia di Barkai Yishai Shor

    I caduti in difesa d’Israele sono 23.816. Oggi, Yom HaZikaron, c’è chi ricorda un padre, una madre, un figlio, una figlia, un parente, un amico, un commilitone. Agli oltre 2.000 piccoli orfani andrà il pensiero commosso di un’intera nazione. Nel cimitero del Monte Herzl di Gerusalemme vi è una struttura imponente, costruita a spirale con 260 metri di mattoni, su ogni mattone è inciso il nome di un soldato morto, computer e schermi permettono di individuare le tombe e le informazioni biografiche. 

    Barkai Yishai Shor era uno dei 5 giovanissimi soldati di vedetta al Kibbuz di Nahal Oz, massacrati barbaramente da 10 terroristi Hamas che si erano infiltrati nei tunnel da Gaza. Barkai è la parola ebraica che significa aurora e i genitori Rivka e di Yaron non avrebbero potuto dargli un nome più adatto. Nato a Gerusalemme il 12 gennaio 1993, si era arruolato nell’IDF il 23 luglio 2013 dopo aver subito una operazione agli occhi per ridurre la miopia e avere così una vista perfetta per poter essere accettato nelle unità scelte dell’esercito. Aveva chiesto di svolgere incarichi paramedici, voleva curare le persone, come faceva fin da ragazzino, con grande abnegazione, nel Maghen David Adom ma venne assegnato all’unità di fanteria della brigata Kfir. Nel giugno 2014 dopo l’uccisione in Samaria di tre giovani e l’aumento esponenziale dei lanci di missili dalla Striscia di Gaza, all’unità di Barkai viene assegnata una delicatissima operazione. La vita di Barkai è stata tragicamente troncata a 21 anni ma il suo ricordo è perpetrato con straordinario affetto da chi lo ha conosciuto.

    Seduta sulle scale di casa Shor, durante la Shivà, c’era una donna anziana che piangeva a dirotto, nessuno la conosceva. Qualche tempo prima aveva fatto un’inserzione chiedendo aiuto per un trasloco. Barkai si era presentato, con l’auto del padre l’aveva aiutata a traslocare tutta la sua casa, fino all’ultimo spillo, era poi andato al supermercato e le aveva fatto la spesa. Si era accomiatato da lei con un semplice sorriso. 

    A casa Shor, nei giorni subito dopo il funerale di Barkai, c’era un ininterrotto viavai di ragazzi, sul tavolino davanti al divano c’erano moltissimi fogli colmi di gratitudine, pensieri e ricordi di amici di ogni età,  album di fotografie in cui il viso sorridente del ragazzo offriva lo spunto per ripercorrere intensi momenti della sua brevissima vita: accanto ai giovani del movimento Benè Akiva di cui era amatissimo madrich, sulle ambulanze, nei momenti di spensieratezza con i compagni del liceo o ancora il giorno dell’arruolamento. Nel suo sorriso cristallino, nel suo sguardo limpido vedevo solo sogni e speranze. Aveva grandi aspirazioni, voleva contribuire a costruire un futuro migliore per lo Stato d’Israele. 

    In questa giornata di lutto e di ricordo tutti sono accomunati da un unico desiderio: stringere in un infinito fraterno abbraccio i genitori di Barkai e idealmente con loro le famiglie di tutti gli eroi morti per garantire a Israele un futuro di pace con Gerusalemme capitale unica e indivisibile.

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