Skip to main content

Ultimo numero Novembre – Dicembre 2024

Scarica il Lunario 5785

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati







    ISRAELE

    Violenze psicologiche e abusi: gli ostaggi liberati iniziano a raccontare 8 mesi di prigionia a Gaza

    Emergono i primi dettagli della prigionia dei quattro ostaggi salvati ieri in un’operazione speciale diurna congiunta dell’IDF, dell’ISA e della polizia israeliana (Yamam), a Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza.

    Noa Argamani, Almog Meir Jan, Andrey Kozlov e Shlomi Ziv hanno raccontato alle équipe mediche che sono stati sottoposti a quello che hanno descritto come “lavaggio del cervello” e abuso emotivo, con i terroristi che li hanno costretti a leggere il Corano e studiare le norme islamiche. Channel 13 ha riferito inoltre che Noa Argamani ha detto alla sua famiglia di essere stata tenuta prigioniera insieme a Yossi Sharabi e Itay Svirsky, che sono stati uccisi durante la loro prigionia. L’IDF ha successivamente confermato che Sharabi è morto durante un attacco aereo, mentre Svirsky è stato assassinato giorni dopo. Argamani ha rivelato di essere stata spostata tra diversi appartamenti e di non essere stata trattenuta nei tunnel. Di tanto in tanto le veniva permesso di uscire travestita da donna araba e raramente aveva la possibilità di farsi una doccia.

    La ragazza, diventata suo malgrado il simbolo del 7 ottobre, è stata trattenuta in un appartamento al primo piano di un edificio, a poche centinaia di metri da dove erano rinchiusi gli altri tre ostaggi. Ha raccontato alla sua famiglia di aver sentito forti colpi quella mattina. “Dal nulla, le hanno detto che era l’IDF. Era sotto shock”, ha detto il suo parente, Assaf Shaheebi, allo Sheba Medical Center. Durante la telefonata con il presidente Isaac Herzog e l’incontro con il primo ministro Benjamin Netanyahu Noa Argamani ha detto: “Sono molto emozionata; non parlo ebraico da così tanto tempo”.

    Almog Meir Jan ha rivelato a un suo parente che qualche settimana fa, quando festeggiava il suo compleanno in prigionia, i terroristi di Hamas lo hanno filmato e hanno detto che avrebbero inviato il video a Israele. “Ci ha anche chiesto: ‘Avete visto il video?'”, ha raccontato il parente a Ynet. Il video, però, non è mai stato diffuso da Hamas e quindi non è mai circolato in Israele. Durante la drammatica operazione di salvataggio, Almog dormiva e non ricorda tutti i dettagli. Il ragazzo, tornato sano e salvo a casa, sfortunatamente non è riuscito a riabbracciare il padre, morto poche ore prima di sapere che suo figlio sarebbe tornato a casa. “La notte prima del ritorno di Almog, il cuore di mio fratello si è fermato. Non ha potuto vedere il ritorno del figlio”, racconta Dina Jan, la zia di Almog, all’emittente pubblica Kan.

    Anche Andrey Kozlov ha condiviso alcune delle sue esperienze di prigionia durante un incontro con il primo ministro Benjamin Netanyahu. Secondo Netanyahu, Kozlov, immigrato dalla Russia, teneva un diario. Successivamente, Kozlov ha parlato al telefono con il presidente Isaac Herzog, rivelando di aver effettivamente imparato l’ebraico durante la sua prigionia. “Ho iniziato a imparare l’ebraico esattamente un anno fa, quindi ho fatto molta pratica con gli altri ostaggi”ha detto Kozlov.

    L’operazione è stata preceduta da settimane di meticolosa pianificazione, esercitazioni e monitoraggio avanzato dell’intelligence. Gli ostaggi sono stati trattenuti in aree civili, in edifici di tre o quattro piani. Le forze hanno preso d’assalto due edifici separati, dove erano tenuti gli ostaggi: Argamani era tenuta al primo piano di un palazzo, mentre Kozlov, Ziv e Meir Jan erano tenuti al terzo piano di un altro, a centinaia di metri di distanza. Durante l’operazione, l’ispettore capo Arnon Zamora , che “guidava le forze” secondo l’IDF, è stato ucciso nell’appartamento dove erano trattenuti i tre uomini. L’operazione sarebbe stata ribattezzata Operation Arnon in sua memoria.

    CONDIVIDI SU: