Gli incontri
Negli ultimi dieci giorni sono avvenuti due incontri inediti, che non sarebbero stati concepibili cinque anni o anche solo cinque mesi fa: quello fra Bennett, il presidente egiziano Al Sisi e l’erede al trono degli Emirati Arabi Mohammed bin Zayed a Sharm El Sheik il 22 marzo e quello fra il presidente israeliano Herzog e quello turco Erdogan il 9 marzo ad Ankara.
Di che cosa si sono parlati?
Naturalmente di buoni rapporti reciproci, di accordi commerciali, e di collaborazione tecnologica. Magari anche di gas e petrolio. Ma soprattutto di una cosa: il pericolo di un Iran nucleare e come contrastarlo. Paesi che erano lontani e freddi fra loro stanno scoprendo di avere un problema esistenziale comune che li minaccia: la bomba atomica e i razzi dell’Iran.
Perché il problema emerge adesso?
Perché è “praticamente concluso” il rinnovo dell’accordo JPCOA del 2015 firmato dall’amministrazione Obama, dalla Russia, dalla Cina, dalla Germania e dalla Gran Bretagna con l’Iran, fortemente osteggiato da Israele perché incapace di impedire il percorso di Teheran verso l’armamento nucleare e il suo imperialismo. Il rinnovo non migliora le clausole critiche (come l’assenza di controlli efficaci sulle basi militari, il fatto di non contenere clausole sui missili e sul terrorismo), ha una scadenza molto breve, dopodiché l’Iran sarà ufficialmente libero di avere l’atomica, e mette a disposizione degli ayatollah fondi molto ingenti (90 miliardi di dollari subito, poi 60 all’anno), che sarebbero certamente utilizzati per finanziare ancora il programma nucleare, il terrorismo e l’imperialismo regionale.
Perché l’accordo non è stato concluso ancora?
Perché la Russia voleva una esplicita eccezione per l’Iran al regime delle sanzioni che la colpiscono in seguito all’invasione dell’Ucraina. La Russia è infatti il protettore e il fornitore d’armi principali dell’Iran. I fondi, di provenienza soprattutto americana, servirebbero dunque ad armare l’Iran, nemico giurato dell’America e di Israele, e a finanziare l’economia russa debole e soffocata dalle sanzioni. Il Congresso non l’avrebbe mai consentito. I negoziatori americani stanno cercando una maniera di aggirare il problema delle sanzioni, ma fino a una tregua in Ucraina è difficile che questo accada. Subito dopo però JPCOA bis sarebbe firmato.
Perché l’amministrazione Biden vuole così tanto questo accordo?
Guardandolo dal di fuori, è un mistero che si può chiamare ideologia. Biden come Obama maltratta i suoi alleati storici nella regione (Israele, Arabia, Egitto) per finanziare e favorire il suo nemico altrettanto storico (l’Iran). Si tratta dell’ideologia tossica che prevale nell’estrema sinistra americana coinvolgendo l’amministrazione, dell’odio per l’Occidente e per i suoi alleati, ma anche dell’illusione di tirarsi fuori in questa maniera dal ginepraio mediorientale facendo la pace – mentre è chiaro che la forza dell’Iran chiama la guerra e dunque un nuovo e disagevole coinvolgimento americano.
Che succederà adesso?
Si è creato uno schieramento, se non un’alleanza. Oltre gli interlocutori di questi incontri ne fanno parte l’Arabia, minacciata anch’essa dall’Iran attraverso i terroristi Houti dello Yemen, gli altri paesi degli accordi di Abramo, in qualche modo anche l’Azerbaijan e perfino il Pakistan. Cercheranno di lavorare silenziosamente per cambiare posizione all’amministrazione americana, di contenere le spinte imperialiste di Iran, di contrapporsi all’alleanza Russia-Siria-Iran, cercando di bloccare l’appoggio di Putin all’Iran. Se tutto questo fallisse e prima che si realizzi l’atomica iraniana, è probabile un attacco in cui le forze militari di Israele sarebbero al punta di lancia, ma cui parteciperebbero come basi e forze di blocco anche i paesi del Golfo. Gli Usa dovrebbero scegliere se aiutare anche militarmente i propri nemici, o restare neutrali rispetto all’azione dei loro alleati.
Ma queste scelte sono definitive?
No, la guerra in Ucraina interferisce con questo quadro e ha paralizzato la spinta dell’amministrazione Biden per imporre il rinnovo dell’JPCOA. Un prolungamento e un approfondimento della crisi ucraina potrebbero convincere anche Biden che è pericoloso appoggiare troppo l’Iran e che deve contare sui suoi alleati, per non incorrere nel terzo grave errore di politica estera, dopo l’abbandono dell’Afghanistan e il via libera dato a suo tempo alla Russia (“in nessun caso interverremo”). Le elezioni di midterm, che rischiano di essere una sconfitta clamorosa per i democratici, potrebbero anche consigliare un ripensamento. Ma gli incontri e le manovre militari comuni mostrano che Israele e gli stati sunniti del Medio Oriente sono molto allarmati.