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    Tel Aviv senza spendere un capitale: da nord a sud e da est ad ovest

    Nel 2021 l’Economist ha dichiarato Tel Aviv città più cara al mondo. Tutto vero, soprattutto a causa dell’impennata del real estate il cui valore per metro quadro negli ultimi dieci anni è raddoppiato, a differenza dei salari che sono rimasti praticamente gli stessi.

     

    Eppure, abbandonarla è impossibile. Forse per il clima, la sua posizione geografica – arroccata sul mare – e le sue dimensioni su misura d’uomo che, nonostante il carovita, attirano non solo gli israeliani ma anche i turisti. A dire il vero, per esplorare la città, non serve un patrimonio: basta soltanto sapere dove andare.

     

    Volendo partire dalle sue origini bisogna cominciare da sud, a Jaffa, uno dei porti più antichi del mondo – risale all’epoca di Ramses II – le cui rovine archeologiche sono visitabili nella città vecchia. Da qui, passando per il chiassoso Shuk ha Pishpishim – il Mercato delle Pulci – dove tra un robivecchi e l’altro ogni giorno apre anche un nuovo bar, si attraversa l’American Colony, antica roccaforte dei pellegrini arrivati da oltreoceano, per poi percorrere Park Hamesila, un’area pedonale, immersa nel verde, ricavata lungo la linea della ferrovia di epoca ottomana. È l’arteria principale di Neve Tzedek, il quartiere più antico della città, edificato nel 1887 dai primi pionieri sionisti, prima ancora che venisse fondata, nel 1909, l’odierna Tel Aviv.

    A differenza della Città Bianca, Neve Tzedek, vista dall’alto – dalla città vecchia di Jaffo – si distingue come “città rossa”, per il colore dei suoi tetti, che vanno scomparendo man mano che ci si dirige a nord, verso il centro, cuore dell’architettura in stile Eclettico e Bauhaus, a cui Tel Aviv deve il nome di White City e il riconoscimento – nel 2003, da parte dell’UNESCO – di patrimonio dell’umanità, grazie agli oltre 4.500 edifici in questo stile.

    Splendidi esempi di queste due architetture si trovano passeggiando lungo il viale alberato di Rothschild, polmone verde della città. Percorrendo tutto il Boulevard fino a nord si arriva al Teatro Habima e alla piazza della musica disegnata da Dani Karavan, fino a raggiungere Dizengoff Square, altro capolavoro Bauhaus, per poi deviare verso sud-est e approdare a Bialik Square.

     

    Qui si trovano due piccoli musei – ad ingresso gratuito – che sono anche due gioielli: la Bauhaus Foundation e Casa Bialik, splendidamente conservata, ottimo esempio di stile eclettico e contenitore di interessanti mostre di arte contemporanea.

     

    A questo punto potrebbe venire anche fame, e persino con un budget limitato, si possono gustare ottimi piatti, in uno dei tanti mercati. Basta farsi trascinare dagli odori e, procedendo da ovest verso est, ripercorrere alcuni dei luoghi della diaspora mediorientale del popolo ebraico. Se Neve Tzedek, e la città cresciuta a nord, sono state fondate dai pionieri dell’Europa dei Pogrom, i quartieri sorti attorno ai mercati sono quelli delle diaspore scappate dai Paesi limitrofi.  

     

    A Shuk ha Carmel buttatevi su un piatto tradizionale yemenita, come sono le origini del quartiere, fondato assieme alla città. Procedendo verso est, seguendo Nahalat Benjamin – dove il martedì e il venerdì viene anche allestita una coloratissima fiera dell’artigianato – si raggiunge Shuk Levinsky, il mercato delle spezie, ricco di ristornanti turchi e persiani, che approdarono in questa zona di Tel Aviv una volta fondato lo Stato. Qui si incrocia anche il quartiere di Florentin, regno hipster e divertente meta notturna.

     

    Da sud a nord e da est a ovest, camminare per Tel Aviv è quindi anche un modo affascinante per attraversare la storia del Paese, a partire dalla casa-museo del primo sindaco, Meir Dizengoff, dove nel 1948 David Ben Gurion dichiarò l’Indipendenza dello Stato d’Israele, per poi finire, sul calar della sera, con una birra in spiaggia.

     

    Il sole tramonta ad ovest, a picco sul mare. È uno spettacolo mozzafiato e non serve pagare alcun biglietto. Il miracolo si ripete ogni giorno, come quello di questa città, che non dorme mai.

    Fiammetta Martegani è curatrice presso il Museo Eretz Israel di Tel Aviv e giornalista free lance. Ha recentemente pubblicato Tel Aviv – Mondo in Tasca (Laurana Edizioni): un racconto sulla città per scoprirla attraverso i cinque sensi.

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