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    ISRAELE

    Stop alle armi dall’Italia. Cosa dicono i media in Israele

    Ha destato sorpresa nell’opinione pubblica e nelle cerchie militari israeliane apprendere dalle dichiarazioni del ministro degli Esteri Antonio Tajani la notizia della sospensione di forniture militari allo Stato ebraico da parte dell’Italia a partire dal 7 ottobre del 2023 e per tutta la durata del conflitto. “Sappiamo che le armi italiane non cambierebbero nulla per Israele. È solo una questione di solidarietà”, commenta una fonte nell’aviazione privata.
    La decisione del governo Meloni è entrata in vigore a seguito di una legge speciale approvata in Italia nel dopoguerra che vieta di vendere armi a un Paese che sta conducendo una guerra. Tuttavia, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il parlamento italiano ha votato a favore di un’eccezione che permette il rifornimento di armamenti all’esercito ucraino.
    Le parole di Tajani, in arrivo questa settimana in Israele in visita ufficiale, sono state riportate da diversi media in lingua ebraica. “Il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha rivelato oggi (sabato) la posizione del governo italiano nei confronti della guerra tra Israele e Hamas”, ha scritto Israel Hayom. “Il Ministro degli Affari Esteri e Vice Primo Ministro italiano ha affermato che già dopo il massacro e l’inizio della guerra a Gaza, il suo Paese ha smesso di trasferire armi a Israele”, riporta il sito N12.
    Sul portale economico Globes in ebraico è stata pubblicata un’inchiesta – dal titolo “L’Italia ha fermato le esportazioni della difesa verso Israele, ma è davvero importante?” – in cui il giornale si interroga sull’impatto della presa di posizione del governo italiano, “considerato vicino al primo ministro Benjamin Netanyahu”. La prima considerazione del Globes riguarda le politiche estere dell’amministrazione Meloni. I puntini che la testata israeliana mette in collegamento sono il primo incontro della premier italiana a Istanbul con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, un’intervista rilasciata dal capo della Farnesina ai media di Ankara in cui Tajani ha affermato che “la Turchia è un fattore importante nella promozione della pace in Medio Oriente”, la disponibilità dell’Italia a prendere parte a un contingente di pace nella Striscia di Gaza e la telefonata di domenica tra il ministro degli Esteri italiano e il suo omologo egiziano Sameh Hassan Shoukry sulla situazione umanitaria nell’enclave costiera palestinese e sugli sforzi per prevenire l’escalation regionale della guerra.
    Sulla portata delle esportazioni italiane della difesa verso Israele, il Globes conclude che il volume delle forniture italiane a Israele è basso “non solo rispetto agli Usa, ma anche rispetto ai Paesi europei”. Secondo l’Istituto svedese SIPRI, negli ultimi dieci anni l’Italia è stata responsabile di circa il 5% degli appalti militari israeliani. E cita i dati raccolti nell’inchiesta del 10 ottobre pubblicata da Pagella Politica sul valore del commercio di armi tra Italia e Israele: “Tra il 2013 e il 2022 le aziende italiane hanno venduto a Israele armamenti per un valore pari a quasi 120 milioni di euro: in media circa 12 milioni di euro all’anno, con un andamento altalenante nel tempo”.
    A fare un passo avanti è il quotidiano Maariv, che riferisce di una “mossa che permetterà all’Italia di riprendere la vendita di armi a Israele” iniziata da Enrico Mairov, presidente dell’Associazione Nuova Udai 10.0. Secondo Maariv il leader dell’asse di amicizia tra Italia e Israele si sarebbe rivolto ad alcuni parlamentari chiedendo “immediati chiarimenti” e intende contattare il capo della Farnesina, a ridosso dell’atteso incontro con il suo omologo israeliano Israel Katz, “con la richiesta di promuovere in parlamento una decisione simile a quella presa nei confronti dell’Ucraina”.

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