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    Spade di ferro giorno 22. Un’offensiva molto ponderata e prudente

    La morsa

    La strategia scelta da Israele per eliminare Hamas, e dunque conquistare per qualche tempo Gaza, come è necessario per estirpare l’organizzazione terrorista, muovendosi in un ambiente politico e militare pieno di insidie e di ostilità, sembra quella della morsa, che stringe progressivamente. All’inizio fu la reazione di emergenza, la caccia ai terroristi che nei primi giorni si nascondevano e cercavano ancora di fare danni nel territorio israeliano. Poi la sigillatura dei confini, con azioni anche della marina che ha impedito le infiltrazioni degli uomini rana. Dopo le azioni aeree via via più diffuse e potenti, sempre precise, con la distruzione delle infrastrutture di superficie di Hamas. Poi a questa si è aggiunta la caccia ai capi terroristi e anche ai singoli quadri. È stato quindi proclamato un assedio con interruzione dei rifornimenti, in parte allentato poi per le richieste degli alleati americani, ma ancora efficace.  Progressivamente in seguito sono state abbattuti i palazzi dove erano alloggiati gli uffici governativi (cioè di Hamas), le abitazioni dei capi, le fabbriche strategiche, le strutture di collegamento e di comando. Sono state quindi prese di mira specificamente le istallazioni sotterranee, la “metropolitana di Gaza”, che è la grande fortezza su cui i terroristi contano per rifugiarvisi, attaccare, tenervi le loro risorse, i rifornimenti, i depositi di armi, i missili, i capi – e anche gli israeliani rapiti.

     

    L’operazione di terra

    Venerdì sera, dopo ben tre settimane dal pogrom, è iniziata l’operazione di terra, anch’essa secondo il modello progressivo della “morsa” che stringe piano piano ma con decisione: non l’ingresso frontale di centinaia di carri armati e migliaia di uomini, come in un film di Hollywood, che tutti si aspettavano. Ma prima una o due incursioni notturne di squadre speciali, per pulire il terreno, poi un ingresso più massiccio di reparti interi su due o tre direttrici diverse (al nord vicino alla spiaggia, a nordest vicino al transito di Eretz, in una zona più centrale della Striscia partendo da est. In alcuni punti l’esercito israeliano ha preso due o tre chilometri di profondità e si è scontrato con terroristi usciti dai tunnel, annientandoli tutti senza subire perdite. Sul piano militare va notato che quel che caratterizza l’avanzata israeliana è lo stretto coordinamento interforze: non solo la fanteria con i carristi, ma anche le forze di terra con quelle aeree e con la marina, in strettissimo coordinamento. Un’integrazione così efficace non si era mai vista. Nei mesi scorsi si era sentito parlare di nuovi strumenti software per il controllo congiunto del campo di battaglia fra reparti diversi, che permettono una copertura importante delle truppe che rischiano di più, la fanteria d’assalto dei battaglioni Givati e Golani. Oggi la si vede all’opera. Anche l’uso di droni di diverse dimensioni e armamenti cambiano le regole del gioco a svantaggio dei terroristi, che perdono buona parte del vantaggio della conoscenza del terreno e della sorpresa.

     

    I prossimi passi

    Il risultato di questa tattica è un’offensiva molto ponderata e prudente, che non cerca di procedere a passo di carica e bada a minimizzare le perdite sia fra le truppe israeliane sia fra i civili di Gaza, che sono stati peraltro ripetutamente ammoniti a lasciare il teatro degli scontri. Certo non ci si può illudere che lo sviluppo dell’azione sia sempre così fruttuoso e pulito e che l’incolumità delle truppe continui a questo livello. I soldati israeliani dovranno addentrarsi nelle stradine strette e tortuose della confusa conurbazione di Gaza, conquistare le case, superare le trappole, entrare nei tunnel con tutto quel che comporta. E bisognerà anche far fronte a un uso più aggressivo da parte dei terroristi degli israeliani rapiti, che finora sono stati usati solo marginalmente come merce di scambio per i rifornimenti e che probabilmente saranno utilizzati come scudi umani. Ma l’iniziativa strategica è dalla parte di Israele.

     

    Il fronte nord

    Lentamente si scalda ancora il fronte settentrionale con Libano e Siria. Di qui sono partiti anche ieri numerosi razzi anticarro e anche alcuni missili che hanno centrato abitazioni (fra l’altro a Kiriat Shmona) senza provocare vittime perché gli abitanti erano nei rifugi. Israele reagisce ai tiri sparando con l’artiglieria sui luoghi da cui provengono i razzi. E però è chiaro che per il momento, nonostante le ripetute minacce, Hezbollah non ha deciso di intervenire benché l’operazione di terra su Gaza sia ormai ben delineata. Questo vale dal punto di vista militare per i terroristi libanesi, ma anche dal punto di vista politico per tutti quelli (Egitto, Iran, Qatar, per certi versi anche l’Arabia) che avevano provato a tracciare una “linea rossa” per impedire l’ingresso delle truppe israeliane a Gaza e che di fronte all’operazione in corso non sono in grado di giustificare una reazione. Vedremo presto se proveranno davvero a bloccare l’iniziativa israeliana. La prossima settimana sarà probabilmente il momento più delicato di una guerra che durerà ancora parecchio.

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