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    Situazione e prospettive dell’economia dello Stato d’Israele

    Nel trattato talmudico di Berakhot (5a) viene citato rabbi Shim’on ben Yochai che disse: “Il Santo Benedetto fece a Israele tre doni preziosi, tutti dati solo attraverso sofferenze. Essi sono: Torà, Eretz Israel e il mondo a venire”.  La rinascita della presenza ebraica nella terra d’Israele avvenne grazie ai sacrifici dei chalutzim e dei capitali dei Rothschild. Fino agli anni Sessanta del secolo passato la struttura economica dello Stato d’Israele era di un’economia mista ma ad elevato controllo statale. Le principali esportazioni del paese erano diamanti e arance. Con l’arrivo al governo nel 1977 del primo ministro Menachem Begin il controllo statale sull’economia iniziò gradualmente a diminuire.

    Oggi,  lo Stato d’Israele ha un’economia di libero mercato tecnologicamente avanzata. In Israele, le esportazioni rappresentano circa il 40% del PIL. Le principali esportazioni israeliane sono diamanti tagliati e grezzi, perle, metalli e pietre preziose (33% delle esportazioni totali); macchine e apparecchiature elettriche, macchine ed elettrodomestici meccanici, registratori e riproduttori audio e televisivi e apparecchiature informatiche (22%) e prodotti chimici (11%). I principali partner di esportazione sono Stati Uniti (28% delle esportazioni totali) e Hong Kong (8%). Altri includono: Belgio, Regno Unito, India e Cina. 

    Le principali importazioni sono petrolio greggio, cereali, materie prime e attrezzature militari. Il paese fa registrare considerevoli deficit commerciali, che sono compensati dal turismo e da altre esportazioni di servizi, nonché da significativi afflussi di investimenti esteri. Secondo quando indicato da rapporti preparati da agenzie federali degli Stati Uniti, da marzo 2020, la crescita economica è rallentata rispetto alle recenti medie storiche, ma il declino è stato inferiore a quelli di altri paesi del Medio Oriente grazie al rapido lancio del vaccino anti-Covid e della base economica diversificata. 

    Tra il 2016 e il 2019, la crescita del PIL è stata in media del 3,6% annuo, trainata dalle esportazioni. Nel futuro si stima vi sarà un rallentamento nella  crescita, passando dal 6,3% nel 2022 al 2,8% nel 2023 e al 3,4% nel 2024. Negli ultimi due anni il governo israeliano ha operato  con una politica fiscale prudente che è anche servita a riprendersi dai problemi causati dalla pandemia di COVID-19. I giacimenti di gas naturale scoperti al largo delle coste israeliane dal 2009 hanno migliorato le prospettive di sicurezza energetica di Israele. I giacimenti Tamar e Leviathan sono stati alcuni dei più grandi ritrovamenti di gas naturale offshore al mondo nell’ultimo decennio. Nel 2020, Israele ha iniziato a esportare gas in Egitto e Giordania. 

    La disparità di reddito e gli alti prezzi delle case e delle materie prime continuano a essere una preoccupazione per molti israeliani. La disparità di reddito e i tassi di povertà in Israele sono tra i più alti dei paesi OCSE. Va però notato che  questa situazione è in gran parte “volontaria”, cioè il risultato del fatto che circa il 50% dei cosiddetti Charedim di età lavorativa (tra 25 e 65 anni di età) non partecipano al mercato del lavoro. Un recente articolo di Yisrael Weingold apparso sul giornale “Tzarich Iyun”, pubblicato da Charedim stessi, indicava che nel lungo periodo questa situazione non è sostenibile. La crescita demografica ben superiore alla media nazionale di questo settore della popolazione fa si che, stando cosi le cose, lo stato non sarà in grado di continuare a offrire i benefici attuali ai cittadini. 

    All’inizio di gennaio di quest’anno, Amir Yaron, Governatore della Bank of Israel ha avvertito che eventuali deficit del bilancio statale potrebbero aumentare l’inflazione e necessitare l’aumento delle tasse, fattore che ridurrebbe la crescita economica.  

    Un problema assai serio è quello del caro-casa. Mentre le vendite di nuove abitazioni nel mese di ottobre 2020 hanno fatto registrare un declino del 60% rispetto all’anno precedente, il peggiore calo da 25 anni a questa parte, i prezzi delle case non danno ancora segno di scendere in modo sostanziale.

    L’offerta insufficiente di abitazioni rende difficile e in molti casi impossibile l’acquisto di case. A New York arrivano ogni anno centinaia di israeliani che girano da un rione ebraico all’altro per raccogliere fondi per figli che si sposano e non hanno sufficienti mezzi per mettere su casa. Un recente annuncio sul blog ebraico “Vosisneias” pubblicizzava abitazioni per Charedim a Cipro! A mezz’ora di volo da Tel Aviv ma dove i prezzi delle abitazioni e il costo della vita sono notevolmente inferiori. 

    Il settore “high-tech”, competitivo a livello globale e basato sul “knowledge” impiega l’8% circa della forza lavoro, mentre il resto è impiegato principalmente nella produzione e nei servizi, settori che devono affrontare pressioni salariali al ribasso dalla concorrenza globale. 

    L’economia dello Stato d’Israele, grazie all’high-tech e alla provvidenziale scoperta di giacimenti di gas naturale, è in condizioni migliori di quelle della maggior parte dei paesi del mondo occidentale. Con tutto ciò è importante ricordare che la necessità di difendere il paese è sempre un notevole aggravio sulle spese statali e questo ed altri fattori richiedono una continua crescita dell’economia.

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