Si riaccende il problema di Gaza? Negli ultimi giorni ci sono stati di nuovo tiri di razzi, mortai e colpi di fucile contro gli insediamenti ebraici vicini alla Striscia, lanci di palloni incendiari destinati a bruciare campi e boschi. Si è rinnovata anche la scenografia delle “marce di protesta” al confine, con tanto di spari e di assalti alla barriera di divisione, cha hanno portato al grave ferimento di una giovane guardia di confine israeliana, Barel Hadarya Shmnueli. La guardia israeliana non aveva compiti attivi, doveva sorvegliare gli eventi da una feritoia della barriera, ma è stato colpito da un colpo a bruciapelo sparata da un terrorista che aveva infilato una pistola nella sua feritoia. Israele ha reagito come sempre bombardando istallazioni militari di Hamas. E’ possibile che gli incidenti si fermino quì, o che le provocazioni terroriste riprendano provocando un conflitto più o meno largo e prolungato.
A parte il ferimento di Shmueli, che probabilmente deriva dall’errore operativo di aver lasciato avvicinare troppo un gruppo di giovani terroristi senza permette alla truppe di difendersi efficacemente, la dinamica degli incidenti non è sorprendente. Strategicamente Israele è interessato alla calma su tutti i confini e in particolare su quello di Gaza, dove si trovano molte cittadine e villaggi a rischio. Hamas è invece interessato altrettanto strategicamente alla guerra, perché crede che questo sia il solo modo per “eliminare gli ebrei”, che è il suo obiettivo finale. In particolare poi Hamas vede oggi la possibilità di prendere il potere dell’Autorità Palestinese, eliminando Abu Mazen o attendendo che la salute e l’età lo tolgano di mezzo. Per farlo deve presentarsi come la forza che combatte Israele senza compromessi, a differenza dei concorrenti di Fatah. Ogni sparo, ogni scontro, ogni danno inferto agli israeliani, è prima di tutto uno spot propagandistico sul fronte interno palestinese. Vi è il fronte internazionale, per cui Hamas è uno degli strumenti usati dall’Iran per mettere in difficoltà Israele, colpendolo e facendolo passare per repressore. Ci sono poi questioni di soldi: Gaza riceve finanziamenti dal Qatar, che Israele, l’Egitto e anche l’Autorità Palestinese possono accettare solo se servono di sostegno per la popolazione civile e di cui invece Hamas vuole appropriarsi, come ha fatto in passato. Il modo in cui questi finanziamenti arriveranno a Gaza è stato oggetto di un lungo braccio di ferro nelle ultime settimane: è probabile che i terroristi abbiano pensato che un po’ di violenza potesse aiutare a sveltire la trattativa.
Hamas poi ritiene di poter ricattare il nuovo governo israeliano. Ha certamente letto le dichiarazioni molto gravi e non smentite fatte una settimana fa da Ghaida Rinawie Zoabi, deputata del partito di estrema sinistra Meretz, che fa parte della coalizione di governo: “Nel momento in cui il governo deciderà su qualcosa di militare, ci sarà un pericolo per la coalizione. Il governo ha convenuto che si sarebbe occupato solo di questioni economiche e civili. Bennett sa che se il governo va a uno scontro militare, la coalizione cadrà perché Meretz e Ra’am [il partito islamico, membro anch’esso della coalizione] non saranno d’accordo su una cosa del genere.”
È evidente che una dichiarazione del genere per Hamas è un chiaro invito a cercare di forzare la situazione. In effetti si è avuto notizia che negli ultimi giorni Israele ha fatto alcuni gesti di buona volontà, come permettere a commercianti di Gaza di entrare di nuovo in Israele per ordinare merce e far entrare materiali edilizi che potrebbero essere usati da Hamas per costruire tunnel e armi.
Insomma quest’ennesima provocazione continua la strategia militare di Hamas, che Israele ha sempre contenuto con notevoli sforzi, perché ogni volta che usa la forza per fermare il terrorismo viene accusato dalla stampa internazionale e dai politici di sinistra di compiere orribili crimini di guerra. Solo la superiorità israeliana e la deterrenza possono impedire che la situazione precipiti.