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    ISRAELE

    I parenti dei due ostaggi liberati raccontano del loro periodo di prigionia

    I parenti di Fernando Marman e Louis Har, i due ostaggi liberati dall’esercito israeliano con una complessa operazione di salvataggio nel cuore di Rafah, a poche ore dal loro ritorno hanno descritto la forte emozione nel vedere i loro cari vivi dopo 128 giorni di prigionia nelle mani dei terroristi di Hamas.

    Questa liberazione ha rappresentato un’operazione dalla duplice importanza: anzitutto ha segnato il tanto atteso ricongiungimento di una famiglia che ora è di nuovo insieme, dopo che altri tre dei loro parenti catturati erano stati liberati a novembre; inoltre, vi è una significativa importanza dal punto di vista strategico, visto la presenza di Marman e Har a Rafah lascia intendere che altri ostaggi si possano trovare nella stessa città, che sarà presto il nuovo epicentro delle operazioni dell’IDF.

    Rinat Har Sheleg, la figlia di Har, ha detto a Ynet che Har e Marman sono “molto deboli ma in condizioni stabili”.

    “Mio padre è sotto shock. Pensavano che sarebbero morti a causa dei bombardamenti e che sarebbero rimasti feriti”, ha aggiunto. “Non erano nei tunnel, ma erano affamati. Mangiavano principalmente pita, formaggio e labneh, niente carne o altro. C’erano giorni in cui soffrivano la fame”, ha continuato, aggiungendo che non hanno descritto molto altro e che la famiglia ha tenuto privati ​​alcuni dettagli. “In prigionia parlavano molto di calcio con gli ostaggi. Non so se hanno fatto la doccia e non abbiamo chiesto. Vogliamo dare tempo a mio padre. Al momento non gli stiamo facendo pressioni e non interferiamo troppo. Mio padre è molto magro, anche Fernando lo è. Hanno perso metà del loro peso corporeo”, ha concluso Rinat Har Sheleg.

    “A differenza del rilascio di mia madre, mia zia e mia cugina il 28 novembre, questa volta non sapevamo cosa sarebbe successo. È stato uno shock, mi ci sono voluti alcuni istanti per capire cosa stesse succedendo”, ha raccontato invece Mayaan Segal-Koren, nipote di Marman, che ha descritto come i due ostaggi durante la prigionia hanno discusso sugli sforzi di Israele per ottenere il loro rilascio. “Fernando era più ottimista e credeva che si stesse facendo qualcosa per liberarli, Louis invece era un po’ più pessimista, pensava che probabilmente non si stava facendo nulla, o non si stava facendo molto”, ha detto, aggiungendo che non avevano idea di cosa stesse succedendo in Israele. E proprio su questo facevano pressione i terroristi di Hamas, che hanno intrapreso una “guerra psicologica” contro i due ostaggi fino all’ultimo momento, hanno raccontato Geffen Sigal Ilan, l’altra nipote di Marman, e la figlia della compagna di Har, Clara, che sono state intervistate dall’emittente pubblica Kan.

    In una dichiarazione di lunedì sera, lo Sheba Medical Center ha affermato che Har e Marman sono in condizioni stabili, ma che i segni della loro prigionia sono chiari e che nessuno dei due aveva ricevuto alcuna assistenza medica. “Ci aspettiamo ulteriori follow-up e controlli” ha detto la dottoressa Yael Frankel-Nir, vicedirettore dello Sheba.

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