Il ruolo degli Usa e
la Grande menzogna
La Grande Menzogna
dei terroristi
Un punto importante
nello sviluppo della guerra di Israele col terrore è stata la Grande Menzogna
propagandistica di Hamas dell’altro ieri sera, quando i terroristi hanno
diffuso in tutto il mondo immagini e messaggi in cui sosteneva che l’esercito
israeliano avesse bombardato l’ospedale Al Alhi di Gaza City provocando 500
morti civili. È stato dimostrato invece che l’incidente aveva una natura e un
senso del tutto differente: si era trattato di un missile della Jihad Islamica
diretto contro Israele caduto per un difetto di costruzione vicino al punto di
lancio, come è accaduto alcune centinaia di volte in questi giorni di guerra, e
anche nei conflitti precedenti. Questo grosso missile dei terroristi, lanciato
in una salva in direzione di Haifa, è ricaduto subito centrando il parcheggio
dell’ospedale e non l’edificio stesso e provocando probabilmente alcune decine
di vittime. Hamas ha montato la campagna propagandistica sulla “strage
israeliana” immediatamente dopo l’incidente, mentre Israele ha smentito subito,
ma ci ha messo un po’ di tempo per raccogliere e pubblicare le prove della
falsità delle accuse: i filmati che mostrano la ricaduta del missile, la
conversazione intercettata fra i responsabili di Hamas che ammettono che “il
razzo è stato nostro”, le foto del punto di ricaduta dove si nota un cratere
molto piccolo, nessun segno di una grande esplosione e invece una grande
mitraglia di colpi secondari, com’è caratteristico del carico dei missili dei
terroristi fatti per uccidere le persone circostanti sparando orizzontalmente e
non per abbattere edifici e strutture penetrando in basso come fanno le bombe
usate dall’aeronautica israeliana.
I media contro
Israele e le reazioni politiche
Questa menzogna è
stata subito accettata dai grandi media occidentali (New York Times in testa) e
anche in Italia da giornali e soprattutto trasmissioni televisive. Vespa e
Berlinguer hanno continuato ad accusare solo Israele nelle loro trasmissioni
anche quando c’era stata la smentita israeliana e incominciavano a emergere le
prove della menzogna. Ciò ci mostra quanto questa guerra si combatta sul piano
dell’informazione e ci fa capire perché esiste una porzione non piccola di
italiani e in genere di cittadini dei paesi occidentali schierati contro
Israele nonostante tutto quel che si è visto sulla ferocia dei massacri
terroristi: è questione di ideologia, ma anche di un lavaggio del cervello dei
media. Per fortuna progressivamente il governo americano e quelli europei hanno
esaminato e accettato le prove della montatura. Non così per molti paesi
islamici, che inizialmente avevano scelto una posizione di equilibrio. In
Giordania, in Egitto, in Tunisia, ma anche in Marocco (paese dei patti di
Abramo) e in Turchia vi sono state manifestazioni massicce, sono stati
proclamate giornate di lutto nazionale, i cittadini israeliani in visita,
inclusi talvolta i diplomatici sono stati evacuati in fretta per evitare che
fossero massacrati.
La Grande Menzogna
doveva soprattutto influenzare i risultati politici della visita di Biden.
Bisogna ricordare che gli Usa sono i soli a poter assicurare i rifornimenti
militari essenziali per Israele, inclusi i razzi antimissile usati dal sistema
Iron Dome, di cui c’è un grandissimo consumo. E inoltre, finora sono i soli,
insieme alla Gran Bretagna, ad aver dato un appoggio concreto alla deterrenza
israeliana contro Hezbollah e l’Iran, schierando due potenti gruppi navali
davanti alle coste di Israele. La visita di Biden va nello stesso senso. Ciò è
naturalmente bene, rafforza la resistenza dello stato ebraico di fronte a un
attacco che rischia di estendersi, ma garantisce agli Usa anche un concreto
potere di veto rispetto alla condotta della guerra: un potere che in passato,
per esempio nella guerra dei Sei Giorni e in quella del Kippur, ma anche in
diverse operazioni su Gaza negli ultimi vent’anni, è stato esercitato con molta
decisione ed è sempre stato rispettato dai governanti israeliani, che hanno
interrotto le operazioni quando gli Usa gliel’hanno imposto. Non bisogna farsi
illusioni in merito: Israele è certamente molto forte ma non ha le dimensioni
geografiche, demografiche ed economiche per poter condurre da solo, senza
l’appoggio americano, una guerra contro tutti i paesi nemici dall’Iran alla
Siria, dal Libano allo Yemen, oltre al terrorismo di Gaza e Giudea e Samaria.
La guerra procede
con energia
Biden avrebbe potuto
imporre la fine delle operazioni o proibire l’inizio dell’operazione di terra,
che partirà quando il gabinetto di guerra deciderà che la situazione politica e
militare è matura. Non lo ha fatto, almeno non lo ha fatto esplicitamente,
anche se non sappiamo come siano andati i colloqui riservati con lui e col
segretario di stato Blinken. E in effetti l’azione israeliana va avanti con
grande energia: numerosi capi terroristi sono stati liquidati e le strutture
militari dei terroristi vengono progressivamente smantellate. Biden ha però posto due limiti: ha detto che
“sconsiglia” Israele dal commettere gli stessi errori fatti dagli Usa nella
guerra del Golfo, cioè in sostanza occupare il territorio nemico – il che
riguarda una discussione che non si è ancora aperta in Israele sul tema di che
cosa fare di Gaza una volta sconfitta e liquidata Hamas. E ha imposto
l’apertura ai soccorsi ai civili di Gaza. Israele ha accettato di lasciar
entrare materiali dal confine di Rafah fra Gaza e l’Egitto, ma ha limitato le
categorie di prodotti trasportati e si è riservato di distruggere tutti i
materiali che non andassero alla popolazione civile ma finissero alle
organizzazioni terroriste. Non possiamo sapere quali siano i controlli
concordati, ma certamente il punto fondamentale è che è stata garantita la
continuazione della guerra, l’obiettivo della distruzione di Hamas e la
presenza americana, tanto più importante quanto progressivamente si va
scaldando il fronte settentrionale del conflitto, quello con Hezbollah, un
movimento terrorista che ha molti più uomini, risorse e soprattutto missili
avanzati di quanti ne conti Hamas.