I tre compiti dei
militari
Nel discorso in cui
proclamava lo stato di guerra, il primo ministro Netanyahu ha assegnato tre
missioni immediate alle forze armate israeliane: eliminare le minacce
all’interno di Israele; assicurare la sicurezza dei confini, in particolare al
nord e all’est, con Libano e Siria; distruggere totalmente la potenza militare
di Hamas. Sono compiti complessi, che implicano un uso coordinato di molti
uomini e mezzi.
La sicurezza interna
ad Israele
L’aspetto più
sconvolgente dell’aggressione di sabato mattina è stata l’irruzione di più di
un migliaio di terroristi nel territorio israeliano, arrivati anche abbastanza
lontano dal confine di Gaza. I terroristi hanno approfittato della notte, della
vacanza in corso e della confusione probabilmente provocata da interferenze
elettroniche sui sistemi di comunicazione per impadronirsi di diversi villaggi
e kibbutz, della città di Sderot, del terreno dove si svolgeva una grande festa
o rave, perfino di alcune basi militari. Qui hanno compiuto crimini orribili
contro chiunque trovavano, sterminando più di 700 persone, rapendone forse 150,
ferendone più di duemila, con crudeltà e efferatezza degna solo dei nazisti.
Dopo la reazione dell’esercito, in alcuni luoghi si sono asserragliati con
ostaggi, in altri casi hanno cercato di allontanarsi da Gaza per portare
l’attacco più in là. Ripulire queste sacche di terrorismo, liberare gli
ostaggi, soccorrere le vittime è stato un compito lungo e doloroso che più o
meno è concluso. Si può dire che da stamattina non vi sono più luoghi occupati
dai terroristi nel territorio israeliano, al massimo vi sono dei singoli
individui che cercano di nascondersi e di fare danno. Ma sono ancora possibili
nuove irruzioni, Per fortuna non vi sono state finora questa volta agitazioni
da parte della popolazione arabo-israeliana, com’era accaduto per l’ultima
operazione a Gaza, né vi è stata una vera ondata terrorista proveniente da
Giudea e Samaria, nonostante gli appelli in questo senso di Hamas. Da Gaza
partono ancora raffiche di missili in direzione di tutta Israele, ma i sistemi
antimissile e i rifugi hanno contenuto finora i danni.
I confini
La preoccupazione
militare maggiore in questa fase è che Hezbollah, molto più forte e armato di
Hamas, apra un secondo fronte dal Libano ed eventualmente dalla Siria, con una
quantità di missili in grado di saturare le difese israeliane e dunque di fare
gravi danni, e magari con un’invasione terrestre. Finora ciò non è accaduto: vi
sono stati scambi di cannonate e incursioni di droni, e manifestazioni di
qualche centinaia di persone che hanno cercato di sfondare la rete del confina;
ma si è trattato per ora solo di episodi dimostrativi. L’esercito presidia la
zona e da certe località israeliane la popolazione è stata precauzionalmente
evacuata. Gli Stati Uniti hanno intimato alle potenze locali di non intervenire
contro Israele e hanno schierato nel Mediterraneo sud-orientale un potente
gruppo navale a dissuasione di ogni tentativo di nuova aggressione.
Distruggere la
potenza militare di Hamas
Il terzo compito è
il più difficile. Gaza è per lo più costituita da zone urbane fittamente
popolate, in mezzo a cui si annidano i terroristi. Israele deve colpirli
cercando di non danneggiare inutilmente i civili, cui ha comunque ordinato di
sgomberare la zona di guerra. Ma Hamas li usa come scudi umani. Scuole,
moschee, ospedali ospitano depositi d’armi, punti di osservazione e di sparo,
basi di lancio dei missili. Sarà impossibile eliminarle senza colpire anche gli
schermi civili. Tutte queste istallazioni sono collegate da una rete
sotterranea di tunnel, in cui hanno sede comandi, depositi caserme e dove
certamente si sono rifugiati anche i capi di Hamas. Questi tunnel sono stati
costruiti anche per essere trappole mortali per chi deve conquistarli: sono
minati, con feritoie da cui i difensori possono sparare, possono essere fatti
crollare, allagati o gasati. Vi sono porte segrete da cui possono partire
agguati. Sono un enorme labirinto, come una seconda città sotto le case.
Israele ha fatto il possibile per distruggerli coi bombardamenti, ma bisogna
prevedere una guerra sotterranea estremamente difficile. L’aggressione iniziata
sabato era stata minuziosamente preparata; non si può pensare che chi l’ha
progettata non abbia previsto la reazione di Israele e il suo ingresso a Gaza;
dunque anche questa battaglia dei tunnel dev’essere stata già organizzata dai
terroristi e resa ancora più difficile.
Che succede ora
Israele ha
richiamato centinaia di migliaia di riservisti in vista della battaglia di
Gaza, che inizierà appena pronto lo schieramento, forse già oggi o domani.
Bisogna prevedere un’avanzata lenta e difficile. Nel frattempo l’aviazione
bombarda con grandissima intensità tutti i punti noti in cui vi siano presenze
o apparati di Hamas e degli altri gruppi. Sono bombardamenti molto massicci,
che però probabilmente erano previsti. La capacità dei terroristi di sparare i
loro missili da rifugi sotterranei ancora sembra quasi intatta. Nel frattempo
si dovrebbe compattare il fronte interno, con l’ingresso di rappresentanti
dell’opposizione nel governo e la solidarietà internazionale si rafforza.
Gli ostaggi
Nell’impresa non
facile, lunga e sanguinosa di dare un colpo decisivo a Hamas, un’incognita
assai delicata e dolorosa è quella degli ostaggi, forse cento forse più,
compresa una quindicina di cittadini stranieri, che i terroristi hanno portato
a Gaza e che probabilmente sono stati rinchiusi anche loro nei tunnel. Saranno
certamente usati come scudi umani, possibile moneta di scambio nelle
trattative, oggetto di ricatti raccapriccianti. Il caso Shalit ha mostrato la
difficoltà di salvare chi sia stato catturato da Hamas. Ma Shalit era uno solo
qui ci sono decine di esseri umani che potrebbero essere sacrificati dai terroristi
per ottenere vantaggi, come già facevano i dirottatori aerei. Dobbiamo
preparaci a giorni, settimane, forse mesi ancora difficilissimi