Il quinto gruppo di rapiti
Anche la quinta liberazione di innocenti rapiti da
parte dei terroristi, sempre in cambio della scarcerazione di un numero triplo
di terroristi, si è concluso ieri al valico di Rafah, con il solito contesto di
molestie da parte dei sostenitori di Hamas. Si tratta di due lavoratori
thailandesi e di dieci donne israeliane. I loro nomi sono Gabriela Leimberg
(59), che lavora presso un’associazione di assistenza agli autistici e sua
figlia Mia Leimberg (17) di Gerusalemme; Clara Marman, maestra d’asilo
(63 anni) di Nir Yitzhak; Ophélie Roitman (77 anni) di Nir Oz, di doppia
nazionalità israeliana e argentina; Ditza Himan, 84 anni, uno dei fondatori del
Kibbutz Nir Oz, assistente sociale; Merav Tal (53 anni) di Gedera, madre Or e
Gil Yaakov,che erano stati liberati nei giorni scorsi, mentre il loro padre e
marito di Merav, Yair, è sempre nelle mani dei rapitori; Norlin Babdila (60
anni) di Yehud Monoson; Ada Sagi (75 anni) di Nir Oz; Tamar Metzger (78 anni)
di Nir Oz; Ramon Kirsht (36 ani) di Nirim, musicista. Si tratta questa volta di
donne quasi tutte molto anziane. Che esse siano state rapite e detenute in
condizioni terribili senza essere incolpate di nulla, se non della loro
identità ebraica, evidenzia una volta di più la vicinanza morale dei terroristi
palestinesi al nazismo.
L’estensione della tregua
Oggi dovrebbe avvenire la sesta liberazione di
rapiti. Si parla di un’estensione di altri due giorni, una possibilità già prevista
nell’accordo iniziale approvato dal governo che prevedeva un massimo di dieci
giorni per il cessate il fuoco e la liberazione dei rapiti. Secondo fonti
governative israeliane, non vi sono trattative serie in corso per un’ulteriore
estensione oltre quel limite. Ma la pressione internazionale in questo senso
continua. I ministri degli Esteri del G7, cioè Canada, Francia, Germania,
Italia, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti d’America e l’Alto Rappresentante
dell’Unione Europea, hanno rilasciato ieri una dichiarazione in cui esprimono
sostegno per una proroga della pausa nei combattimenti a Gaza. Nella
dichiarazione si afferma che i ministri “accolgono con favore il rilascio di
alcuni degli ostaggi sequestrati il 7 ottobre da Hamas e altre organizzazioni
terroristiche, e la recente pausa nelle ostilità che ha consentito un aumento
degli aiuti umanitari per raggiungere i civili palestinesi a Gaza […] Noi
chiediamo il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi.
Chiediamo la partenza agevolata di tutti i cittadini stranieri. Sottolineiamo
il diritto di Israele a difendere se stesso e il suo popolo, in conformità con
il diritto internazionale, mentre cerca di prevenire il ripetersi degli
attacchi del 7 ottobre”. Rilevando che la pausa nei combattimenti “rappresenta
un passo cruciale verso il ritorno a casa di tutti gli ostaggi rimasti e per
affrontare l’intera portata della crisi umanitaria in corso a Gaza”, la
dichiarazione invita “tutte le parti a basarsi sulle disposizioni dell’accordo
e a garantire una maggiore gli aiuti umanitari continuano a raggiungere i
civili a Gaza su base continuativa […] Sosteniamo l’ulteriore estensione di
questa pausa e delle tregue future necessarie per consentire un aumento
dell’assistenza e per facilitare il rilascio di tutti gli ostaggi”.
I rischi
La presa di posizione della comunità internazionale
(o almeno della sua componente occidentale, perché Cina, Russia e India non ne
fanno parte, è importante nella parte che asserisce il diritto di Israele
all’autodifesa e chiede il rilascio di tutti i rapiti. Ma ignora il fatto che
la stessa continuazione della tregua è largamente percepita in Medio Oriente
come una sconfitta di Israele e una vittoria per Hamas, come è stato rilevato
da diversi osservatori. La tattica dei terroristi di rilasciare i rapiti a
piccoli gruppi è da questo punto di vista molto efficace, perché obbliga
Israele alla scelta fra rinunciare a recuperare dei prigionieri e probabilmente
a salvar loro la vita oppure rinunciare a colpire i terroristi e permettere
loro di recuperare forze e organizzazione. Hamas ha segnalato oggi che è
disposto a discutere anche sullo scambio di rapiti maschi, che considera
militari, “ma – ha dichiarato Oussama Hamdan, responsabile di Hamas per gli
scambi – solo dopo che si sarà conclusa l’aggressione israeliana al popolo
palestinese e fermata la guerra. Le condizioni dello scambio dovranno essere
molto diverse da quelle attuali.” E intanto si è saputo che Hamas ha rubato
pure alcune salme di soldati, anch’esse destinate al loro infame commercio. Su
questa situazione in Israele c’è un dibattito acceso; vi sono forze tanto della
maggioranza (Otzma Yehudit e sionismo religioso) quanto dell’opposizione
(Lieberman), che non sono soddisfatte della condotta delle operazioni contro
Hamas, dicono che essa è ispirata alla stessa strategia generale (nel gergo
politico israeliano chiamata “concepzia”, il concetto) di fiducia nella
pacificazione che ha permesso a Hamas di perpetuare il suo attacco che pure era
stato ripetutamente previsto e segnalato da alcuni, ma ignorato dallo Stato
Maggiore.