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    Operazione spade di ferro giorno 41. Il passo lento della guerra e il fronte politico

    Una guerra lunga


    Le guerre in genere sono lunghe, ripetitive,
    confuse. Pochi, anche di quelli che vi partecipano, hanno uno sguardo
    complessivo su quel che accade davvero. Salvo la Guerra di Indipendenza, che
    durò un anno e mezzo, Israele nella sua storia si è abituato a guerre veloci e
    manovrate, a veloci avanzate e a battaglie fra carri e aerei che si risolvevano
    nel giro di qualche giorno o un paio di settimane. Ne ha dovuto fare tante nei
    suoi settantacinque anni di vita: quattro contro gli stati arabi, due maggiori
    in Libano, cinque operazioni a Gaza, almeno tre grandi campagne terroristiche
    (la “guerra d’attrito” fra il ’67 e il ’70, la cui base principale era proprio
    Gaza, governata allora dall’Egitto, e le due “intifade”). Molte sono state
    assai più costose dal punto della vita dei soldati, e dall’inizio più rischiose
    per l’esistenza stessa del Paese. Questa, arrivata ormai alla sesta
    settimana,  è meno manovrata, più lenta
    nei suo sviluppo, condotta in maniera sistematica e progressiva. A differenza
    di tutti i conflitti sostenuti dopo la guerra del Kippur, essa si basa di nuovo
    su un’idea chiara di vittoria, cioè la liquidazione completa del terrorismo da
    Gaza, e non si limita alla “riaffermazione della deterrenza” che era la
    dottrina militare delle recenti operazioni di Gaza.  I caduti sono parecchie decine, persone
    preziose che hanno sacrificato la vita per il loro Paese, di cui ciascuno ha
    una storia, lascia dei parenti affranti e un futuro spezzato, ma finora grazie
    alla tattica prudente e sistematica usata dall’esercito, per esempio grazie ai
    lunghi bombardamenti preventivi, essi sono relativamente pochi, meno di un
    decimo delle vittime della strage terrorista del 7 ottobre. E bisogna dire che
    anche le vittime civili di Gaza, coinvolte per la criminalità dei loro dirigenti
    terroristi in un conflitto che Israele non voleva e non prevedeva, sono
    relativamente poche per una guerra coinvolta in un ambiente urbano: dei circa
    11 mila morti denunciati dal “ministero della salute” di Hamas, molto
    probabilmente fra i due terzi e i tre quarti sono terroristi.

     

    Ancora l’ospedale

    Della ripetizione fa parte l’insistere sugli stessi
    punti nel lavoro di ricerca dei terroristi e delle loro strutture. Dopo essere
    entrati l’altro ieri in certi reparti dell’ospedale Shifa, reperendo un centro
    di comando e programmazione terrorista con 
    armi e materiali militari vari, che sono stati mostrati ai giornalisti,
    e anche tracce dei rapiti ma purtroppo non loro stessi, nella notte scorsa i
    militari israeliani sono entrati dall’altro lato del complesso dell’ospedale,
    quello meridionale, fra l’altro accompagnati dai grandi bulldozer che hanno
    iniziato a scavare nei cortili alla ricerca delle gallerie dei terroristi.
    Durante le perquisizioni all’interno di uno dei reparti dell’ospedale, i
    militari israeliani hanno individuato una stanza contenente mezzi tecnologici
    unici, attrezzature da combattimento ed equipaggiamento militare utilizzati
    dall’organizzazione terroristica di Hamas. Probabilmente sentiremo parlare a
    lungo di questo ospedale, come degli altri, perché le strutture terroriste più
    importanti sono state criminalmente nascoste nel suo sottosuolo, e l’esercito
    deve scoprirle, conquistarlo o smantellarle.

     

    L’azione sul territorio

    Continuano anche le ispezioni e lo smantellamento
    della struttura terroristica in varie località al nord della Striscia. La
    novità è che l’esercito ha iniziato a diffondere volantini nella parte
    orientale (verso il confine israeliano) della città meridionale di Khan Yunis,
    invitando gli abitanti ad abbandonare le loro case per la loro sicurezza e a
    rifugiarsi verso la grande tendopoli che ormai sorge a sudovest, fra il valico
    di Rafah (con l’Egitto) e il mare. Questo vuol dire che anche la zona
    sudorientale della Striscia, dove si trova la terza sezione della rete dei
    tunnel, sta per essere conquistata, per smantellarvi le strutture terroriste.
    Continuano anche occasionalmente, con il solito valore soprattutto simbolico,
    le azioni di disturbo provenienti dallo Yemen (tre salve di razzi abbattuti
    ieri) dal Libano e dalla Siria, come anche dalle città arabe di Giudea e
    Samaria. Contrariamente alle speranze dei terroristi, questa volta non si è
    aperto un fronte interno con gli arabi israeliani, forse anche perché pure
    alcuni di loro sono stati colpiti dai terroristi il 7 ottobre.

     

    Il fronte politico

    I media e le manifestazioni “pacifiste” (alcune in
    sostanza filoterroriste) continuano a invocare il cessate il fuoco come
    soluzione della guerra e del problema degli ostaggi – il che alla luce
    dell’esperienza è del tutto irrealistico. Sulla stampa si susseguono notizie di
    “quasi accordi” per una tregua e contemporaneamente di dissensi fra Israele e
    il suo principale alleato, gli Usa. Ma probabilmente per il momento sono “fake
    news” più o meno interessate o in buona fede. Il cancelliere tedesco Scholz ha
    dichiarato ieri di non vedere l’opportunità di un cessate il fuoco in questo
    momento. E anche Biden ha fatto un’intervista che vale la pena di riportare
    largamente: “Hamas ha commesso crimini di guerra quando ha operato dall’ospedale,
    gli israeliani non sono entrati con grandi forze, abbiamo parlato con loro
    della necessità di prestare particolare attenzione. Hamas ha già detto
    pubblicamente che intende attaccare di nuovo come ha fatto, quando ha
    decapitato neonati e bruciato vivi bambini e donne – pensare che si fermeranno
    semplicemente e non faranno nulla è irrealistico, usano tunnel per entrare
    […]”. Al Presidente è stato chiesto quanto durerà la guerra e quando
    finirà. “Quando Hamas non avrà più la capacità di uccidere e fare cose
    orribili agli israeliani. […] 
    L’esercito israeliano capisce che è obbligato a stare attento [a evitare
    di colpire i civili], non è come i russi che sparano alla gente
    indiscriminatamente. Hamas sta pianificando un nuovo attacco ed è un terribile
    dilemma cosa fare in una situazione del genere. Israele corre il rischio che la
    sua gente venga ucciso in questa operazione. Ma una cosa è chiara: Hamas ha un
    Quartier Generale sotto l’ospedale”.

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