Le conseguenze della guerra
In tutto il mondo e anche in Italia è in corso una grande
campagna di stampa e anche una intensa mobilitazione di piazza contro Israele
per bloccare la campagna militare a Gaza che ha lo scopo di liquidare il
terrorismo, accusandola di provocare una inaudita crisi umanitaria e
addirittura un genocidio. Sono accuse terribili che rimettono in attività il
vecchio stereotipo negazionista degli “ebrei che si comportano con i
palestinesi come i nazisti facevano con gli ebrei”, e perciò, al di là
dell’assurdità palese di questo pregiudizio, merita di essere approfondito per
mostrarne la falsità e la natura propagandistica. È chiaro che una guerra è una
situazione molto difficile per chi vi è coinvolto, in particolare per chi viene
sfollato per sottrarlo ai pericoli più gravi. Ciò vale per molti abitanti di
Gaza, che certamente vivono un momento molto duro. Ma di solito non si dice che
un problema analogo vi è anche per i cittadini israeliani stabiliti nella
cosiddetta “cintura” di Gaza, fino alla distanza di una decina di chilometri
dai confini internazionalmente riconosciuti della striscia. Sono decine di
migliaia di persone, fra cui i sopravvissuti di molti villaggi, kibbutz e
cittadine che erano stati già devastati dal pogrom del 7 ottobre e che da
almeno vent’anni sono soggetti a frequenti bombardamenti missilistici
provenienti da Gaza, i quali naturalmente si sono moltiplicati durante questo
periodo. Ad essi si aggiungono gli israeliani che hanno dovuto andarsene
dall’Alta Galilea, costantemente sotto il tiro di Hezbollah. La crisi dello
spostamento obbligato di numeri consistenti di persone è insomma presente da
tutte e due le parti del fronte. E la sua responsabilità, in ogni caso, è dei
terroristi che non rispettano i diritti della popolazione civile, né di quella
di Gaza né naturalmente di quella israeliana.
Genocidio?
Quando si racconta di un “genocidio di Gaza” però
naturalmente non si intende parlare di questo, ma del numero di morti. I dati
che stanno alla base di tutte le valutazioni vengono emanati quotidianamente da
un preteso “Ministero della sanità” di Gaza, che è di fatto un organismo del
governo di Hamas e oggi un suo strumento propagandistico. Dal 20 novembre in
poi, addirittura questi dati sono diffusi direttamente dal “Media office”
dell’organizzazione. Nonostante il fatto di essere prodotti senza controllo da
una parte in causa, che poi è un’organizzazione terroristica, essi sono stati
ripresi tali e quali dall’Onu e vengono pubblicati come fatti accertati da
tutti i giornali del mondo. Non sono affatto affidabili, come mostrerò subito,
ma vale la pena di partire da questi per vedere che cosa dicono. Il primo dato
è questo. Alla data di ieri, secondo queste fonti, a Gaza sarebbero stati
contati 18.205 palestinesi morti e poco meno di 50 mila feriti più o meno gravi
nei due mesi abbondanti di guerra trascorsi dal pogrom del 7 ottobre. È una
cifra consistente, senza dubbio, ma che va commisurata ai 40 mila terroristi
inquadrati nelle formazioni di Hamas e ai circa 20 mila di altri gruppi
terroristi. Se, com’è probabile, intorno alla metà di questi numeri si riferisse
a terroristi inquadrati, si potrebbe pensare a un 20% di terroristi eliminati e
ad altrettanti feriti incapaci di combattere. Ma poi bisogna pensare anche ai
1400 uccisi deliberatamente e con enorme crudeltà il 7 ottobre. O anche ai 2
milioni circa di abitanti di Gaza e ai 5,4 di sudditi dell’intera Autorità
Palestinese, rivendicati dall’Autorità stessa (si tratta di numeri
controversi). Basandosi su questa base si può parlare di un tasso di circa lo
0,3% di caduti rispetto al totale della popolazione palestinese. Sono morti
naturalmente causati da combattimenti e bombardamenti delle posizioni
terroriste, uccisi nei combattimenti nonostante il fatto che Israele abbia
fatto ogni sforzo per non colpire la popolazione civile, avvertendola degli
attacchi, predisponendo via di fuga e zone franche. Ogni discorso di genocidio
con questi numeri e questi fatti è pure menzogna.
Uomini, donne e bambini
La propaganda palestinista aggiunge a questi totali dei
morti e dei feriti dei dati più sofisticati, che distinguono nel totale donne e
bambini con l’evidente scopo di cercare di mostrare la “crudeltà” degli
israeliani, magari riattivando in questo modo i vecchi stereotipi dell’accusa
del sangue. In rete si trovano molte discussioni di questi dati, che non
mostrano l’incoerenza e l’inaffidabilità. Qui seguo l’analisi molto dettagliata
di un membro del consiglio di “Honest reporting” e “NGO Monitor” che in rete si
firma Aizenberg. Sono dati riferiti a qualche giorno fa, ma chiariscono molto
bene il meccanismo di falsificazione che sta alla base di questa campagna.
Bisogna partire dal fatto che alla data del 3 dicembre, Hamas riportava 15.523
morti, di cui 4.257 donne e 6.387 “bambini”. Gli uomini uccisi sarebbero un
migliaio meno dei bambini. Il totale fa
10.644, cioè più dei due terzi sono donne e bambini che non fanno parte delle
truppe terroriste. È ragionevole che le vittime di un combattimento, non di una
persecuzione siano per lo più bambini? Aggiungeteci qualche vecchio, degli
uomini che non fanno parte delle milizie e arrivate alla conclusione di
Aizenberg: “È ovvio che Hamas non riporta la morte dei suoi combattenti o li
traveste: i numeri sembrano sorprendentemente indicare che le bombe e i
proiettili dell’esercito israeliano colpiscono in modo sproporzionato donne,
bambini e anziani. Sembra che Israele non possa colpire uomini in età da
combattimento. Ma sono numeri falsi”. Questa sistematica manipolazione dei dati
risulta più chiara se si esaminano in dettaglio, guardando a come cambiano i
numeri giorno per giorno.
L’analisi dei singoli giorni
Vale la pena di riportare integralmente l’analisi di
Aizenberg: la menzogna della propaganda terrorista diventa evidente per la
prima volta nel rapporto del 19 ottobre; qui Hamas riporta 3.785 morti contro
3.478 del giorno precedente cioè dichiara un aumento di 307. Ma i bambini
uccisi secondo Hamas, che il giorno prima erano 853, salgono magicamente a
1.524 aumentando di 671 unità [ben più del totale dei morti di quel giorno]. Il
18 ottobre i decessi complessivi comprendevano il 25% di bambini, ma il giorno
successivo la percentuale complessiva passa di colpo al 40%. Non viene fornita
alcuna spiegazione. Non si trova alcuna correzione di questa assurdità in date
successive. Il conteggio ricomincia da 1.524 e continua ad accumularsi fino ad
oggi. Nessuna domanda, nessuno scetticismo da parte delle Nazioni Unite, delle
ONG o dei media su come il numero dei bambini uccisi aumenti all’improvviso in
questo modo. Ma ci sono altre falsificazioni in date successive. Il 26 ottobre
Hamas riporta 7.028 vittime contro le 6.547 del giorno precedente, con un
aumento di 481. Nello stesso però giorno la somma di donne e bambini uccisi
aumenta di 626, più dei morti totali, Ancora il 29 ottobre sono stati segnalati
302 nuovi decessi, ma in qualche modo questi 302 comprendevano199 donne e 129
bambini, per un totale di 328, vale a dire 26 morti in più rispetto al totale.
Il 31 ottobre sono segnalati 8.525 decessi contro 8.309 del giorno precedente
con un aumento di 216. Le nuove vittime tra donne e bambini sono state 210. Ciò
significa che solo 6 uomini di qualsiasi età risultano eliminati quel giorno:
meno del 3 per cento delle vittime sono uomini adulti, in età da
combattere. La stessa cosa accade il 7
novembre: Hamas riporta 10.328 vittime totali contro le 10.022 del giorno
precedente con un aumento di 306. I nuovi decessi di donne e bambini segnalati
302. Ciò significa che solo quattro uomini di qualsiasi età hanno perso la vita
quel giorno, l’1,3% delle vittime. Sono
dati insensati, cioè costruiti solo per fare impressione sui funzionari
dell’Onu e sui giornalisti ben felici di cascarci, dato che danno un’immagine
negativa di Israele. Si potrebbe continuare, ma non ne vale la pena. Una cosa è
certa: i numeri del “genocidio” proposti da Hamas e i suoi tifosi sono
falsificati e in modo decisamente grossolano. Ma su di essi si basa la
criminalizzazione di Israele.