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    ISRAELE

    La terribile strage dei bambini drusi israeliani apre una nuova fase delle guerra

    L’ecatombe dei bambini
    In seguito a un colpo diretto di un missile Falaq 1 di produzione iraniana con 50 chilogrammi di esplosivo sparato sabato sera da Hezbollah dall’area di Chebaa in Libano su un campo sportivo di Majdal Shams, il principale centro druso in alta Galilea ai piedi del Monte Hermon, almeno dodici cittadini israeliani appartenenti alla comunità drusa sono stati uccisi, tra cui bambini e adolescenti di età compresa tra dieci e vent’anni. Almeno altri diciannove sono rimasti feriti in vari gradi, tra cui sei sono gravi, e sono trattati all’ospedale Rambam di Haifa. Il missile dei terroristi, uno fra le decine sparate nel pomeriggio e nella serata, ha colpito un campetto di calcio, dove i ragazzi stavano facendo una partita di calcio. È la perdita più pesante che colpisce Israele dopo il 7 ottobre, un crimine orrendo anche perché le vittime sono ragazzi. Ma non si tratta di un caso o di un errore, sia perché i missili di Hezbollah non sono sparati in direzioni approssimative come quelli di Hamas, ma diretti con guida elettronica, sia perché c’è una lunga storia di attacchi diretti ai paesi della Galilea, che per la maggior parte sono stati evacuati per questa ragione. Purtroppo ciò non è accaduto per volontà degli abitanti a Majdal Shams e il tiro diretto da meno di quattro chilometri di distanza non ha permesso l’intervento degli antimissili come Iron Dome.

    Chi sono i drusi
    I drusi sono una comunità etnico-religiosa sparsa in tutto il Medio Oriente, in Israele sul Carmelo e in Galilea, ma anche in Siria e in Libano. Appartengono a una corrente religiosa iniziatica e molto chiusa che si è distaccata parecchi secoli fa dall’Islam sciita. In generale la loro politica è di appoggiare gli stati in cui sono insediati, per esempio in Israele militano nell’esercito con grande coraggio e distinzione; ma in Siria sono fedeli al regime e in Libano sono per lo più alleati degli sciiti. Questa differente collocazione politica non impedisce alle diverse comunità di essere legate da una grande solidarietà. Abitanti delle montagne, fortemente minoritari dappertutto, sono sopravvissuti nei secoli grazie alla loro compattezza sociale e all’eroismo militare. Sono quindi rispettati e spesso temuti da tutto il mondo arabo. Questa è la ragione per cui Hezbollah, che pure aveva rivendicato la cinquantina di missili sparati ieri sul territorio israeliano, si è affrettato a negare di essere coinvolto in questo orrendo crimine. Ma le prove sono chiare, Israele ha i tracciati dello sparo e i frammenti del missile e ha già compiuto una rappresaglia iniziale sulla batteria di lancio del missile.

    Una situazione intollerabile
    Questo terribile episodio non si può concludere con la distruzione della rampa di lancio, com’è accaduto decine di volte per i colpi sparati da Hezbollah. Israele non può accettare che la propria popolazione civile sia continuamente minacciata e colpita da Hezbollah, non può subire lo spopolamento della Galilea trasformata nel bersaglio dei missili di Hezbollah, anche perché questo territorio si sta estendendo fino alle città del nord come Tzafat e perfino Haifa. I drusi non accetterebbero l’inazione di Israele e se non fossero tutelati metterebbero in crisi la loro lealtà e tenderebbero a farsi giustizia da soli. Insomma, mentre gli Usa parlano insistentemente di fine della guerra al Sud, quel che questo episodio potrebbe probabilmente provocare è l’accensione del fronte settentrionale. Hezbollah ha già ordinato alle proprie truppe e ai capi di nascondersi in assetto di guerra, l’Iran ha minacciato rappresaglie nel caso di un intervento in Libano, gli alti gradi delle forze armate israeliane hanno segnalato da tempo che l’esercito israeliano è pronto al combattimento. Vari governi occidentali, prima di tutto gli Usa, hanno dichiarato solidarietà a Israele.

    Le ipotesi di risposta
    È impossibile dire che cosa il governo israeliano deciderà di fare. Netanyahu ha interrotto in anticipo la visita americana e sta tornando in Israele. Questo pomeriggio alle 16 si riunisce il governo per prendere le decisioni definitive. Ci sono diverse strategie possibili. La più limitata è un’ondata di bombardamenti che faccia terra bruciata per i terroristi del territorio vicino al confine, da cui è stato sparato il missile che ha fatto strage a Majdal Shams. Hezbollah non avrebbe il diritto di stare lì, secondo gli accordi presi all’Onu dopo la fine dell’ultima guerra in Libano il territorio a sud del fiume Litani a 10 chilometri circa dal confine, dovrebbe essere smilitarizzato e sotto il controllo di una forza dell’Onu (Unifil, cui partecipa anche un contingente italiano). Ma questo non è avvenuto, anche perché Unifil ha sempre ceduto alla violenza dei terroristi, fino a farsi spesso disarmare e a veder uccisi i propri militari senza reagire. Una seconda possibile scelta è che i bombardamenti si estendano a tutto il Libano, colpendo le infrastrutture e in particolare i quartieri sciiti dove ha sede Hezbollah. È un’ipotesi che rischia di produrre molte perdite anche fra la popolazione civile in mezzo a cui i terroristi si nascondono. Una terza ipotesi è un’operazione di terra, forse limitata fino al Litani, che seguirebbe le tracce di precedenti operazioni israeliane in Libano. Certamente però in ognuna di queste ipotesi bisogna tener conto che ci sarà certamente una reazione di Hezbollah e forse dell’Iran, che significa migliaia di missili sparati su tutto il territorio israeliano, con successive conseguenze, che oggi non si possono prevedere. La guerra iniziata il 7 ottobre sta entrando in una nuova fase, e non certo per una decisione di Israele.

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