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    La strage dei bimbi di Kfar ‘Aza e il linguaggio della violenza

    I numeri della strage

    Tutto il male che è accaduto nell’attacco di Hamas
    di sabato scorso si è progressivamente chiarito. Non solo sulla dinamica
    militare, ma anche sul modo dell’aggressione. I numeri dei morti, dei feriti e
    dei rapiti sono progressivamente aumentati, via via che si diradava la
    terribile confusione della strage, le forze israeliane liberavano tutto le zone
    occupate ed eliminavano il pericolo e i soccorritori potevano intervenire. Oggi
    sappiamo che le vittime sono più di mille, e i feriti quasi tremila; sappiamo anche
    che l’elenco dei rapiti comprende oltre agli israeliani cittadini di una decina
    di nazionalità, americani e tailandesi, francesi e britannici e anche una
    decina di italiani, fra cui, a quanto pare, anche un bambino. La guerra è
    sempre una cosa terribile, le morti dei soldati ne fanno parte; ma questa
    strage ha coinvolto prevalentemente civili, in quantità che non ha pari dai
    tempi delle fabbriche di morte della Shoah.

     

    La violenza del massacro

    Ancor più che la quantità, quel che colpisce è il
    modo in cui la strage è avvenuta, la spaventosa crudeltà che l’ha
    caratterizzata. Girano per la rete tante immagini raccapriccianti; famiglie
    bruciate vive, donne stuprate e poi uccise, ostaggi portati in parata, bambini
    maltrattati, mutilazioni, dissacrazione delle salme, orrende ferite. Ma il
    punto più tremendo è stato raggiunto con la scoperta al Kibbutz Kfar ‘Aza di
    quaranta bambini e neonati massacrati, alcuni decapitati. Qui siamo fuori dalla
    logica della guerra, da ogni rapporto fra mezzi e fini, perfino dall’intenzione
    di lasciare terrorizzato chi sopravvive, che spiega le crudeltà dell’Isis o il
    modo in cui per esempio i nazisti devastavano i villaggi ritenuti base di che
    giudicavano base dei partigiani, come Marzabotto, Boves o Sant’Anna di
    Stazzema. Il paragone va semmai ad altre stragi naziste, quelle degli ebrei
    dell’Europa orientale compiute dalle Eisatzgruppen, cacciando le vittime casa
    per casa, infliggendo loro ogni sorta di crudeltà, mutilazione, scherno, prima
    di eliminarli. E anche lì i bambini piccoli furono un bersaglio comune.

     

    Il linguaggio della violenza

    Per capire le ragioni di questa orribile violenza,
    bisogna partire da una constatazione. A differenza di quella degli animali,
    anche i più feroci, la violenza umana ha spesso carattere simbolico, non è
    semplicemente finalizzata all’eliminazione di un pericolo e alla conquista
    della preda, ma serve a stabilire un senso, agli occhi di chi la esercita e di
    chi vi assiste. Queste uccisioni, questi mostruosi atti di crudeltà, articolano
    un orribile discorso. In primo luogo dicono, come ha scritto Fiamma Nirenstein,
    che “non ci sono limiti all’odio, e a ciò che si fa spinti dal fanatismo”.
    Assassinando bambini e ragazzini evidentemente innocenti, rapendo ed esibendo
    anziani, compiendo innumerevoli atti di “inutile” violenza, i terroristi hanno
    negato il discorso dei limiti della guerra e dei diritti umani, che stanno alla
    base del modo in cui l’Occidente, con l’eccezione del nazismo, ha reso i suoi
    conflitti, anche molto violenti, sempre limitati e “razionali”. La strage
    serviva non a realizzare vantaggi militari ma ad affermare il primato dell’odio
    e della distruzione totale, simile a questo all’Isis. Che poi i capi di Hamas e
    i loro protettori oggi invochino in nome dei diritti umani la rottura dell’assedio
    di Israele, “corridoi umanitari” e addirittura rifornimenti che sarebbero usati
    per rafforzare i loro combattenti, fa parte dell’ipocrisia comunicativa e del
    doppio standard che si applicano sempre al Medio Oriente.

     

    Di nuovo il razzismo

    Ma nel gesto atroce di decapitare neonati, di
    ammazzare in serie bambini c’è qualcosa di più, un terribile significato
    ulteriore che i terroristi islamici hanno in comune coi nazisti. Il fatto che
    anche in mezzo alla violenza più terribile di solito i bambini vengano
    salvaguardati è un segno di rispetto per l’appartenenza alla stessa specie
    umana. Farne strage vuol dire negare questo. Per i nazisti voleva dire
    eliminare la “razza inferiore”; gli islamisti più fanatici si basano su una
    convinzione analoga, per cui gli ebrei sarebbero “discendenti di scimmie e
    maiali”. Fra questi fanatici vi è Hamas. Per i terroristi che hanno invaso
    Israele i bambini ebrei non erano umani, ma suini o scimmieschi e perciò non
    era solo consentito, ma meritorio ucciderli e torturarli.

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