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    La spada di ferro giorno 6

    L’assedio

    Israele prosegue nella strategia di preparazione
    dell’attacco alla roccaforte di Hamas a Gaza. Gli elementi principali di questa
    strategia sono tre: l’assedio, i bombardamenti, la concentrazione delle truppe.
    L’assedio consiste nella chiusura della barriera di sicurezza, soprattutto nei
    punti (una ventina) che erano stati sfondati da Hamas sabato scorso. Ma non si
    tratta solo di bloccare le incursioni dei terroristi. Bisogna anche evitare che
    a Hamas pervengano rifornimenti utili alla sua forza militare: tutte le merci,
    incluse quelle alimentari, ma anche l’elettricità, il carburante e l’acqua
    corrente. Vi sono e vi saranno delle proteste per questo blocco che penalizza
    anche la popolazione civile. Ma non è mai successo che un Paese rifornisse i
    nemici con cui è in guerra; inoltre bisogna ricordare che è in gioco la vita di
    oltre un centinaio di ostaggi e che Israele si è detto disposto a non impedire
    la fuga dei civili verso l’Egitto, che però per il momento rifiuta di aprire
    corridoi umanitari, probabilmente per paura che ai fuggitivi si mescolino
    terroristi che posano usare il suo territorio come base e danneggiare l’Egitto.
    Hamas è infatti un braccio della Fratellanza Musulmana, che in Egitto è
    proibita dopo aver tentato di prendere il potere nel 2013.

     

    I bombardamenti

    L’aviazione israeliana continua nell’opera di
    distruzione mirata delle istituzioni legate a Hamas e alla sua amministrazione
    di Gaza. Prende di mira innanzitutto le installazioni militari, i capi
    terroristi, le fabbriche e i depositi d’armi, i punti di lancio dei missili, i
    tunnel. Ma il potere dei gruppi terroristi si realizza anche nel controllo di
    banche e centri di comunicazione e di informazione, negli uffici amministrativi
    e finanziari ed ha simboli pure nelle ville lussuose dell’élite corrotta che
    gestisce il potere a Gaza. Tutti questi luoghi sono colpiti in questi giorni e
    con essi i punti in cui si potranno appostare i miliziani di Hamas quando
    l’esercito entrerà nella Striscia.

     

    La preparazione delle truppe

    Nel frattempo i riservisti israeliani continuano ad
    affluire ai confini della Striscia e così i sistemi d’arma. I testi di teoria
    militare dicono che perché l’attacco a una postazione fortificata riesca il
    rapporto fra militari in difesa e in offesa dev’essere almeno di 1 a 5, se non
    di 1 a 7. Israele ha dunque bisogno di accumulare un notevole potenziale
    offensivo e allo stesso tempo di costruire riserve su altri possibili fronti:
    Libano, Siria, Autorità Palestinese, fronte interno. Vi è dunque un tempo di
    preparazione e di organizzazione perché la guerra possa aver successo e portare
    al difficile obiettivo che si è proposto, la cancellazione completa del potere
    di Hamas. E anche l’esecuzione sarà lunga e cauta, nel tentativo di minimizzare
    le inevitabile vittime che vi saranno fra i soldati israeliani e anche fra i
    civili di Gaza che non avranno scelto di allontanarsi dal fronte, come Israele
    ha loro suggerito – oltre che naturalmente fra i nemici. I sostenitori di
    Israele devono saperlo e prepararsi all’inevitabile propaganda di Hamas, che
    dopo tutti gli orrori commessi dai terroristi cercherà comunque di dipingere
    gli israeliani come aggressori e assassini.

     

    La politica

    La politica israeliana  è stata profondamente, drammaticamente divisa
    nell’ultimo anno. Ora è chiaro a tutti (o quasi) che queste divisioni devono
    essere lasciate cadere di fronte a un pericolo così grande. Con il consenso di
    tutta la maggioranza il primo ministro Netanyahu ha invitato i partiti
    dell’opposizione a costituire un governo di emergenza. Il partito di Unità
    Nazionale guidato da Benny Gantz ha accettato ed è entrato nel governo con
    cinque ministri. Il leader di Yesh Atid Lapid ha posto la condizione
    evidentemente inaccettabile di espellere dal governo i partiti di destra.
    Liberman di Yisrael Beitenu ha posto altre condizioni strategiche ed è rimasto
    fuori anche lui. I laburisti, per quel che se ne sa, non hanno risposto. Il
    risultato di questa ristrutturazione è che la guerra sarà guidata da un
    gabinetto ristretto composto da Netanyahu, Gantz, dal ministro della difesa
    Gallant e con due membri osservatori, Gadi Eisenkot di Unità Nazionale e il
    ministro degli affari strategici Ron Dermer. Sia Gantz che Eisenkot sono ex
    capi di stato maggiore delle forze armate, dunque di indubbia competenza. Vi
    sarà poi un gabinetto politico-strategico allargato, in cui ai membri attuali
    si aggiungeranno cinque rappresentanti di Unità Nazionale. Il patto per il
    governo prevede che per tutta la durata dell’emergenza non saranno presentati
    provvedimenti che non siano in relazione al conflitto. Anche le elezioni locali
    che dovevano svolgersi presto in alcune località importanti fra cui
    Gerusalemme, sono state rinviate. Ha dichiarato Netanyahu: “Il popolo di Israele
    è unito, e oggi la sua leadership è unita. Abbiamo messo da parte ogni altra
    considerazione perché in gioco c’è il destino del nostro Paese”.

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