Il Jerusalem Institute for Policy Studies ha recentemente reso noto un rapporto sulla situazione demografica della città di Gerusalemme, che ha registrato un aumento degli ebrei ultraortodossi e degli arabi – come riporta il sito di Arutz Sheva.
Secondo il rapporto, pubblicato in vista delle celebrazioni per il 54mo anniversario di Yom Yerushalaim, alla fine del 2020 solo il 60,4% dei residenti di Gerusalemme sono ebrei.
La capitale resta la città più popolosa d’Israele con 952.000 residenti (+1,8%), di cui il 38% sono arabi, il 62% sono ebrei (minoranze comprese).
Nel 2019 a Gerusalemme la maggior parte dei residenti arabi sono musulmani, con una minima percentuale di arabi cristiani.
Gli altri residenti della città si identificano come ebrei, di cui due terzi ultraortodossi e un terzo ebrei non ultraortodossi. A questi dati si aggiungono i cristiani non arabi (3.300) e le minoranze (11.100).
Dal 1967, anno in cui gli ebrei residenti a Gerusalemme erano il 74%, si registra un declino della percentuale: 67% nel 1995, 66% nel 2005, 63% nel 2015, fino al 62%. Nel complesso, dalla sua unificazione, gli abitanti di Gerusalemme sono aumentati, ma la parte ebraica meno rispetto a quella araba, in conseguenza a due fattori fondamentali: la crescita naturale e il bilancio nelle migrazioni interne. Dal 2000, infatti, la popolazione araba della città è aumentata del 72%, passando da 209.000 a 359.000 abitanti nel 2019 mentre la popolazione ebraica è cresciuta solo del 28,7%.
Nell’ultimo decennio, tuttavia, si è riscontato un calo del tasso di crescita della popolazione araba del 2,6% e un aumento del tasso di crescita della popolazione ebraica dell’1,5%. Nel 2019 di 25.400 bambini nati a Gerusalemme circa due terzi sono ebrei.
Riguardo il dato della migrazione interna, le statistiche registrano un saldo migratorio negativo di 8.200 residenti, con più di 20.000 partenze.