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    La propaganda islamista non teme le contraddizioni

    Vincitori o vittime?

    Uno degli aspetti più sconcertanti della propaganda dei terroristi (e ancor di più della credulità di chi ci casca) è la capacità sistematica di sostenere allo stesso tempo tesi contraddittorie. Per esempio da settimane Hamas (e chi la sostiene) insiste ossessivamente sulla tesi che Israele a Gaza starebbe commettendo un genocidio, uccidendo quantità sterminate di donne e bambini – il che non è sostenibile neppure coi “dati” ampiamente falsificati (come ho mostrato in un articolo precedente di questa serie) prodotti dal cosiddetto “Ministero della salute” di Gaza, che è un organo propagandistico di Hamas. Esso infatti parla di poco più 20 mila morti in due mesi e mezzo di guerra, su una popolazione di Gaza che l’Autorità Palestinese stima oltre due milioni e mezzo di persone: dunque sotto l’1% di (pretese) vittime. D’altro canto lo stesso Hamas sostiene di essere all’offensiva e di stare sterminando lui l’esercito israeliano. È quel che ha detto, nella sua prima dichiarazione ufficiale dall’inizio della guerra, il leader indiscusso dei terroristi di Gaza Yahya Sinwar. Secondo un  servizio messo in onda ieri da Al Jazeera, la rete televisiva di proprietà dell’Emiro del Qatar che è in sostanza l’organo ufficiale di Hamas, Sinwar ha espresso nel suo messaggio il suo “apprezzamento” per gli abitanti di Gaza e il fatto che si sacrificano e mostrino coraggio e solidarietà. Sinwar ha anche scritto che “Le Brigate Az Al-Din Al-Kassam stanno conducendo una battaglia feroce, violenta e senza precedenti contro le forze di occupazione israeliane, che sta subendo gravi perdite in vite umane e attrezzature” e ha sottolineato l’alto numero di vittime israeliane: “Durante la guerra, i battaglioni di Al-Kassam hanno attaccato almeno 5.000 soldati e ufficiali, un terzo di loro sono stati uccisi, un altro terzo è rimasto gravemente ferito e l’ultimo terzo è permanentemente fuori uso. Per quanto riguarda i veicoli militari, 750 di essi sono stati  distrutti o sono parzialmente fuori uso” Secondo Sinwar, l’esercito di Hamas ha “distrutto l’esercito di occupazione” ed è “sulla strada per schiacciarlo – e noi non cederemo alle loro condizioni”.

     

    Al di là del principio di non contraddizione

    Sono cifre assolutamente false, i caduti israeliani dall’inizio della guerra sono circa 150, dieci o quindici volte meno di quel che dice Sinwar. Ma servono a sollecitare l’orgoglio arabo, a incendiarlo contemporaneamente al vittimismo. Non è affatto una vanteria isolata. L’Iran per esempio, negli ultimi giorni ha proclamato che il Mar Rosso, a duemila chilometri dai suoi porti, fosse territorio suo, dove nessuno potesse navigare senza il suo consenso e ha perfino minacciato di bloccare lo stretto di Gibilterra, tre volte più lontano; ma insieme ha protestato perché la costituzione di un’alleanza per prevenire l’attacco degli Houti alle navi commerciali “viola la libertà di navigazione”. E in generale, tutti quelli che parlano di “Palestina dal fiume al mare”, che implica il genocidio degli ebrei israeliani, hanno sempre accusato proprio questi ultimi di genocidio, per la grave colpa di essersi difesi dopo la strage del 7 ottobre: essa sì così crudele e indifferenziata da risultare tendenzialmente genocida. Per non parlare delle femministe che si sono date lo slogan “non una di meno” (contro il femminicidio) ma non pensano che esso si applichi se quest’una è israeliana o magari ebrea. O le associazioni gay, che dichiarano che la premessa della loro libertà è quella di Gaza, ignorando il fatto che uno degli aspetti della “libertà” di Gaza consista nell’omicidio sistematico dei gay. Insomma la logica non è abbondante dalle parti della propaganda del terrorismo islamista. Il che purtroppo non le impedisce di attecchire e diffondersi.

     

    La propaganda del cessate il fuoco

    Uno dei punti su cui questo rifiuto del principio logico di non contraddizione si applica è la propaganda a favore di una tregua definitiva che ponga fine alla guerra. Per esempio ieri, la stessa giornata in cui, come ho raccontato, i massimi dirigenti israeliani hanno ribadito di non aver alcuna intenzione di chiudere l’operazione prima della distruzione totale di Hamas, che Biden ha dichiarato di non voler chiedere per il momento l’interruzione dell’azione israeliana e dopo che tutti i leader di Hamas hanno ripetuto che non sono disposti a discutere degli ostaggi se non cessano del tutto le ostilità, e dunque che rifiutano tregue parziali, è uscita probabilmente da fonti egiziane una “indiscrezione” che dava quasi per fatta la tregua. Ecco il testo di questa ennesima non-notizia.

     

    L’indiscrezione

    “I funzionari israeliani confermano a diversi media che l’Egitto ha messo sul tavolo una nuova proposta per una tregua e un ulteriore rilascio degli ostaggi israeliani detenuti dai terroristi di Hamas a Gaza, con alcuni che indicano che Gerusalemme non la sta rifiutando in principio e che potrebbe portare a nuovi negoziati. Secondo il giornale saudita Asharq, il quale cita una fonte che ha partecipato ai colloqui tra Egitto e Hamas al Cairo la scorsa settimana, l’iniziativa egiziana è un piano per porre fine alle ostilità e liberare tutti gli ostaggi rimanenti a Gaza, in tre fasi. La prima fase consisterebbe un arresto dei combattimenti di due settimane, estendibile a tre o quattro, in cambio del rilascio di 40 ostaggi: donne, minori e uomini anziani, specialmente quelli malati. In cambio, Israele rilascerebbe 120 prigionieri di sicurezza palestinesi delle stesse categorie. Durante questo periodo, le ostilità si fermerebbero, i carri armati israeliani si ritirerebbero, più aiuti umanitari entrerebbero a Gaza. La seconda fase vedrebbe una “pacificazione nazionale palestinese” sponsorizzata dall’Egitto volta a porre fine alla divisione tra le fazioni palestinesi – principalmente l’Autorità palestinese e il gruppo terroristico Hamas – e a portare alla formazione di un governo tecnocratico in Cisgiordania e a Gaza che supervisionerebbe la ricostruzione di Gaza e aprirebbe la strada alle elezioni parlamentari e presidenziali palestinesi. La terza fase includerebbe un cessate il fuoco completo, il rilascio dei restanti ostaggi israeliani, compresi i soldati, in cambio di un numero determinato di prigionieri  palestinesi nelle carceri israeliane affiliati ad Hamas e al gruppo terroristico della Jihad islamica palestinese, compresi quelli arrestati dopo il 7 ottobre e alcuni condannati per gravi reati terroristici. In questa fase, Israele ritirerebbe del tutto le sue forze dalle città della Striscia di Gaza e consentirebbe agli sfollati dell’enclave di tornare alle loro case.” E’ evidente che si tratta di fantasie che puntano a introdurre contraddizioni nell’opinione pubblica israeliana. Fantasie peraltro subito rifiutate anche da Hamas e dalla Jihad Islamica. Ma c’è chi ci credeva e poi protesta solo con Israele perché non fa come vorrebbe e non accetta di rimettere a rischio le vite umane dei suoi cittadini in nome dei “diritti umani” dei terroristi.

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