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    L’incontro del Negev consolida la rete dei Patti di Abramo

    Si è concluso ieri l’”incontro del Negev”. A Sde Boker, il kibbutz dove David Ben Gurion passò gli ultimi anni della sua vita ed è sepolto, erano presenti il ministro degli esteri israeliano Yair Lapid, il segretario di stato americano Antony Blinken, i ministri degli esteri del Bahrein Abdullatif bin Rashid Al Zayani, dell’Egitto Sameh Shoukry, del Marocco Nasser Bourita e degli Emirati  Abdullah bin Zayed Al Nahyan: una riunione mai vista nella storia del Medio Oriente, e il fatto che si sia tenuta sottolinea la nuova realtà della regione. Tant’è vero che il primo risultato di questo vertice è la sua istituzionalizzazione: i ministri hanno deciso di tenere ogni anno riunioni analoghe, il che costituisce una sorta di rapporto permanente, un patto di consultazione.

     

    Come ha detto Lapid riferendosi ai due ultimi attentati firmati dall’Isis a Beer Sheva e Hadera, “questa scelta è anche una risposta al terrorismo. Lo scopo dei terroristi era provocarci, ritardare i collegamenti e le relazioni che stiamo creando qui. Non ci riusciranno. Non glielo permetteremo. Non abbiamo intenzione di dare un premio ai terroristi […] Abbiamo deciso di trasformare il vertice del Negev in un forum programmato che si svolge ogni anno. Insieme al nostro più stretto alleato, gli Stati Uniti, oggi apriamo le porte alle nazioni di questa regione, compresi i palestinesi, offrendo loro di abbandonare il percorso del terrore e della distruzione e di condividere con noi un futuro di progresso e successo.”

     

    Il ministro degli esteri del Bahrein ha dichiarato: “Sottolineo la nostra posizione intransigente contro il terrorismo. Dobbiamo trasformare gli Accordi di Abramo in azioni e concretezza contro le forze del terrore, così come contro Hezbollah e l’aggressione iraniana.  Oggi è un momento importante e opportuno per basarsi sui risultati storici degli Accordi di Abramo, per mirare alla prosperità nella regione e per soddisfare le aspirazioni delle nazioni”. E quello dell’Egitto: “Le discussioni sono state costruttive e buone, e si sono concentrate sulle minacce e sulle sfide condivise. Vediamo lo sviluppo delle relazioni tra Israele e l’Egitto e vediamo che il percorso che abbiamo tracciato 44 anni fa si esprime nella realtà.”

     

    All’ordine del giorno c’erano tre temi: l’Iran, l’Ucraina e la situazione fra Israele e Autorità palestinese. Come ha scritto il giornale arabo bastato a Londra Asharq Al-Awsat, sui tre temi ci sono differenze di opinione che non sono state superate, ma comunque il dialogo è stato fruttuoso. Gli Stati Uniti hanno usato l’occasione per rassicurare gli alleati della loro intenzione di non abbandonare la regione;  i ministri arabi con Israele volevano rassicurazioni sull’Iran dall’America e con gli Usa chiedevano a Israele di far ripartire la trattativa con l’Autorità Palestinese per trovare un modo di porre termine al conflitto. Nessuno di queste esigenze poteva essere realizzata in un incontro, le preoccupazioni di tutti restano. Per questo non è stato pubblicato quel comunicato finale comune che normalmente chiude vertici del genere. Ma dal punto di vista di Israele è emersa la centralità dello stato ebraico nel nuovo Medio Oriente e la possibilità di affrontare i temi critici in un contesto multilaterale.

     

    La trama degli incontri continua, coinvolgendo anche Giordania e Autorità Palestinese: il re Hussein e Mohamed Abbas si sono incontrati contemporaneamente al vertice del Negev; Blinken ha visto Abbas a Ramallah; sono annunciati nuovi incontri fra Egitto e Giordania. Ma naturalmente gli sviluppi sono legati ai termini che saranno concordati per l’accordo fra Usa e Iran e agli sviluppi della guerra in Ucraina. A Sde Boker si è però formalizzato un gruppo di lavoro diplomatico da cui nessun attore del Medio Oriente potrà prescindere. Il lungo lavoro, dovuto soprattutto a Netanyahu, che ha portato al dialogo coi paesi del Golfo e agli accordi di Abramo deve ancora portare tutti i suoi frutti.

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