Ieri c’è stato un altro attentato contro soldati israeliani compiuto usando un’automobile per investirli. È successo vicino al villaggio di Halamish, nella regione di Beniamino, una ventina di chilometri a nord di Gerusalemme. In un comunicato stampa l’esercito israeliano ha dichiarato che l’autista “è arrivato sulla scena in un veicolo e ha accelerato verso i soldati delle forze di difesa israeliane che stavano proteggendo la strada. Il terrorista ha colpito uno dei soldati che è rimasto ferito a una gamba ed è stato evacuato con un elicottero militare per cure mediche in ospedale”. Purtroppo quella dell’investimento di militari e civili israeliani da parte di singoli terroristi è una scena frequente, anche più degli accoltellamenti, e non fa più notizia sulla stampa internazionale.
Come sempre poi all’attentatore giungono lodi e appoggio dalle organizzazioni palestiniste, quando l’attentato è particolarmente sanguinoso si distribuiscono dolci nelle città sotto il dominio di Fatah e di Hamas; i terroristi poi sono premiati dall’Autorità Palestinese con donazioni in denaro e stipendi fin che sono in prigione. E magari saranno messi sull’elenco di quelli che le organizzazioni palestiniste cercano di scambiare in cambio di israeliani rapiti o magari delle salme di caduti di cui si sono impadroniti, come ha fatto Hamas con Shalit e sta cercando di rifare in questi mesi, con due civili israeliani, probabilmente squilibrati, catturati dopo che avevano varcato la barriera con Gaza, e coi resti di altri due soldati caduti in una delle operazioni contro il terrorismo.
Questa volta però dopo l’attentato è accaduta una cosa che a qualcuno è sembrata un po’ strana. Il soldato ferito abbastanza gravemente alle gambe è stato evacuato in elicottero verso l’ospedale Hadassa Ein Kereem di Gerusalemme. Ma sullo stesso volo è stato imbarcato anche il terrorista, che a sua volta si era fatto parecchio male nell’impatto che aveva provocato. Naturalmente dopo le cure la sua sorte sarà un interrogatorio, un processo e verosimilmente una condanna al carcere.
La concomitanza del salvataggio ha suscitato commenti un po’ sarcastici. Per esempio il corrispondente militare del canale 2 della Tv, Nir Dvori, ha commentato: “Per fortuna che c’erano due posti sull’elicottero, altrimenti il nostro soldato avrebbe dovuto fare l’autostop per andare in ospedale…” Ma in realtà la politica costante dell’esercito israeliano nel caso di scontri con feriti è di evacuarli secondo l’ordine di gravità, senza privilegiare nel trattamento medico i soldati israeliani rispetto ai nemici o ai terroristi feriti. È una scelta etica, basata sulle norme della tradizione ebraica e codificata nei regolamenti, in corrispondenza all’identità profonda delle forze militari israeliane, che si sono date l’obiettivo di essere “l’esercito più morale del mondo”. Coloro che parlano di “occupazione”, di “apartheid”, di “crimini di guerra” o addirittura di “sterminio dei palestinesi” dovrebbero riflettere sull’esempio di un esercito capace di prendersi cura in maniera impeccabile di terroristi subito dopo aver ricevuto da parte loro un attacco vigliacco a tradimento.