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    Iniziato il viaggio americano di Netanyahu. Al centro dell’attenzione l’incontro con Biden

    Il programma della visita

    Dopo un’attesa durata insolitamente a lungo, ben nove mesi, per la riluttanza a riceverlo alla Casa Bianca da parte del presidente Biden, è iniziata la missione americana di Bibi Netanyahu come premier del sesto governo che presiede. Ieri Netanyahu, accompagnato dalla moglie Sara, è andato in California a incontrare i più importanti imprenditori di Silicon Valley, in particolare Elon Musk. Oggi arriverà a New York, dove domani è previsto l’incontro con Biden: all’Onu e non alla Casa Bianca, un chiaro segno dell’amministrazione americana che la distanza da Israele e dal suo governo non diminuisce. All’Onu sono previsti numerosi incontri politici, fra cui quello con Volodymyr Zelenski che si spera possa attenuare, se non dissipare, i malumori che hanno disturbato di recente le relazioni fra i due Paesi. Venerdì Netanyahu parlerà all’Assemblea Generale della Nazioni Unite e sabato sera ripartirà per Israele, in modo da arrivare prima dell’inizio del digiuno di Yom Kippur.

     

    Netanyahu e la politica americana

    Netanyahu conosce benissimo gli Stati Uniti. Ci ha vissuto per diversi anni da ragazzo, quando il padre Benzion insegnava nelle università americane; è stato poi per quattro anni rappresentante di Israele proprio alle Nazioni unite ed è tornato molto spesso negli States, facendo conoscenza di tutti i protagonisti politici intellettuali ed economici di quel mondo, fra cui naturalmente anche Biden. I suoi interventi al Congresso, fra cui il fiero discorso del 2015 contro l’accordo disastroso che Obama stava concludendo con l’Iran, sono stati momenti importanti di mobilitazione nel rapporto fra Usa e Israele. Forse anche il ricordo della sua capacità di incidere sulla politica americana ha indotto Biden a tenerlo lontano da Washington.

     

    Il tema economico

    La visita del primo ministro di Israele ha due aspetti: da un lato Netanyahu nei colloqui con gli imprenditori cerca di promuovere l’industria e la tecnologia israeliana in un momento in cui gli Usa stanno cercando di dipendere di meno dall’economia cinese e hanno certamente bisogno di collaborare con il sistema tecnologico israeliano, che probabilmente è il più avanzato e creativo dell’Occidente. Israele vuole diventare il protagonista della prossima rivoluzione industriale dell’intelligenza artificiale e per farlo ha bisogno di una collaborazione economica e scientifica con il grande mercato americano. Questo è l’obiettivo strategico che il governo israeliano considera prioritario per il futuro. Sempre attento ai fatti economici, Netanyahu ha deciso di prendere direttamente contatti con i protagonisti dell’economia americana.

     

    Di che cosa Netanyahu parlerà con Biden

    Dall’altro Netanyahu deve discutere con Biden di diversi temi. Il primo è l’appoggio che la sua amministrazione continua a dare all’Iran, che pure minaccia le navi occidentali nel Golfo Persico, organizza il terrorismo non solo contro Israele ma anche contro gli Usa, appoggia l’invasione russa in Ucraina non solo con mezzi diplomatici, ma pure fornendo armi, droni, razzi. Eppure gli Usa continuano a lavorare per un rinnovo del trattato atomico con l’Iran, accettano in sostanza il suo status di potenza “alle soglie del nucleare”, proprio in questi giorni in cambio di cinque americani detenuti hanno sbloccato beni iraniani per cinque miliardi di dollari, che saranno certamente dedicati non al benessere del paese ma allo sviluppo del piano imperialista degli ayatollah. Un secondo tema sono i rapporti di Israele con l’Arabia Saudita, che interessa a tutti i due Paesi normalizzare al più presto. La diplomazia americana dice di voler aiutare il processo, ma in realtà pone ostacoli, chiedendo a Israele di riaprire le vecchie trattative con l’Autorità Palestinese e all’Arabia di aiutare gli Usa sulla politica petrolifera. Netanyahu parlerà poi dell’aggressività di Hezbollah in Libano, della crisi sempre più grave della Siria con le minacce che comporta, del terrorismo, della necessità israeliana di ottenere certe armi come le bombe aeree antibunker e della possibilità di fornirne altre agli Usa. Biden senza dubbio chiederà a Israele di riprendere a finanziare l’Autorità Palestinese e poi “consiglierà” a Netanyahu di bloccare la riforma giudiziaria. Difficile che si abbiano risultati concreti da questi colloqui, ma almeno i temi saranno chiariti.

     

    Le contestazioni

    Una novità di questo viaggio è il tentativo dell’opposizione israeliana di disturbarlo e farlo fallire. Vi sono state manifestazioni alla partenza di Netanyahu, altre ve ne saranno a New York, sulle pareti del grattacielo delle Nazioni Unite a Manhattan è stata addirittura proiettata una scritta che invita gli interlocutori a non credere a quel che dice “il ministro del crimine”. Niente del genere si era mai visto negli anni della politica israeliana, che pure è stata spesso conflittuale, e neppure è mai capitato in termini così clamorosi ad altri Paesi. Netanyahu ha reagito dicendo che gli dispiaceva che degli israeliani si mettessero a manifestare a fianco degli amici dei terroristi palestinesi e degli iraniani e che sperava che trovassero il tempo di occuparsi delle minacce dell’Iran contro Israele. Ma è chiaro che il danno più che per il governo è per la credibilità dello stato ebraico a livello globale, in un momento molto rischioso per Israele e per la pace nel mondo.

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