“Questa sera ho incontrato il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas per discutere di politica di sicurezza, questioni civili ed economiche. Ho detto al presidente Abbas che Israele è disposto ad adottare misure che rafforzeranno l’economia dell’Autorità Palestinese. Abbiamo anche discusso della definizione della sicurezza e della situazione economica in Cisgiordania e a Gaza. Abbiamo convenuto di continuare a comunicare ulteriormente sulle questioni sollevate durante l’incontro.” Questo è il comunicato che il ministro della difesa israeliano Gantz ha pubblicato domenica notte per annunciare una novità molto significativa: il primo incontro in un decennio fra un dirigente israeliano di altissimo livello com’è Gantz e il capo dei palestinesi, almeno di quella parte che non obbedisce ad Hamas.
Per tutto il periodo del governo Netanyahu scambi del genere erano mancati, innanzitutto per l’indisponibilità palestinese. E’ stato chiarito che con questo incontro non sono ricominciate le “trattative di pace” dell’epoca dei governi Olmert e Barak, anzi lo stesso primo ministro Bennett, dopo aver dichiarato che la riunione era stata autorizzata da lui, ha tenuto a escludere di avere in progetto ogni tipo di negoziato che avrebbe al centro il riconoscimento di uno stato palestinese. Ma è significativo che l’incontro sia avvenuto subito dopo il rientro di Bennett da Washington, dove evidentemente il primo ministro ha accettato la richiesta americana di compiere “gesti di buona volontà”, cioè concessioni unilaterali nei confronti dei palestinesi. Durante l’incontro sono state concordate una serie di “misure per rafforzare la fiducia”, tra cui un prestito di mezzo miliardo di shekel (131 milioni di euro), il riconoscimento dello status di migliaia di persone che vivono in Cisgiordania senza documenti, facilitazioni della contabilità IVA digitale per le imprese palestinesi che acquistano da Israele e altro.
In una conversazione coi corrispondenti militari dei giornali israeliani, Gantz ha in effetti dichiarato :”sono andato all’incontro per costruire fiducia […] e per rafforzare i nostri importanti legami con l’Autorità Palestinese”. La ragione addotta per queste concessioni è che “più forte è l’Autorità Palestinese, più debole sarà Hamas nella Cisgiordania”. E’ un rovesciamento della prospettiva strategica tenuta da Israele negli ultimi anni nei confronti dell’Autorità Palestinese, che cercava di indurre con pressioni economiche Abbas a rinunciare al finanziamento del terrorismo e in generale tendeva a mettere al centro dei tentativi di pace i rapporti diretti con gli stati arabi invece di quello con la debole, corrotta e filoterrorista Autorità Palestinese. E in effetti la reazione dell’opposizione è stata durissima, accusando il governo Bennett di mettere a rischio la sicurezza del paese per la propria sopravvivenza. Incomincia insomma a delinearsi una strategia diplomatica del “governo di cambio” israeliano, al cui centro c’è una maggiore disponibilità nei confronti dell’Amministrazione democratica: nessuna polemica sulle trattative degli Usa con l’Iran, atteggiamento morbido nei confronti dell’Autorità Palestinese, nessuna pressione pubblica sugli americani perché blocchino militarmente l’armamento atomico dell’Iran, tentativo di smussare gli angoli anche con l’Unione Europea. Vedremo se questa strategia più accomodante porterà frutti, anche perché il tempo stringe: lo stesso Gantz ha ricordato nei giorni scorsi che all’Iran mancano solo due mesi dalla disponibilità di una bomba atomica.