Skip to main content

Ultimo numero Maggio-Giugno 2024

Scarica il Lunario 5784

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati

    ISRAELE

    Il tribunale dell’Aia e la sostenibilità delle accuse contro Netanyahu

    Intervista al ricercatore David Elber

    La Corte Penale Internazionale ha recentemente messo sullo stesso piano Hamas e il governo israeliano. Con la decisione del 20 maggio, il procuratore capo del Tribunale Penale Internazionale, Karim Asad Ahmad Khan, ha ipotizzato l’esistenza di crimini di guerra da parte di Israele e di Hamas chiedendo al Tribunale l’emissione di mandati di cattura per il Premier Benjamin Netanyahu, per il Ministro della Difesa Yoav Gallant e per i leader di Hamas Yahya Sinwar, Mohammed Deif, Ismail Haniyeh e Diab Ibrahim Al Masr. Il 24 maggio poi la Corte di Giustizia Internazionale ha ordinato a Israele di sospendere l’operazione di Rafah che avrebbe effetti catastrofici sulla popolazione palestinese. Ma tutto ciò è legittimo?
    Ne parliamo con David Elber, autore di vari saggi sull’argomento, tra cui “Il diritto di sovranità in terra d’Israele”, edito da Salomone Belforte edizioni. Chiediamo subito se è possibile associare uno stato di diritto con un’organizzazione terroristica. “Moralmente no – spiega Elber – ma dal punto di vista penale sì, il giudice Karim Khan ha reputato che i due soggetti sono responsabili di crimini di guerra e crimini contro l’umanità, come previsto dallo statuto di Roma. Le accuse, però, sono inaccettabili perché non è stata fatta nessuna indagine. Karim Khan si è avvalso soltanto di alcuni consulenti, fra cui la moglie di George Clooney, come avvocati esperti”.
    Per Elber, quindi, l’indagine è pretestuosa perché non segue le normali procedure. “Generalmente – ci spiega il ricercatore – un determinato crimine deve essere compiuto e cessato per compiere le indagini, ma la guerra è ancora in corso. Diverso è il caso del massacro perpetrato da Hamas durato ventiquattrore dal 7 all’8 di ottobre e quindi di fatto concluso. Inoltre, non è stata istituita nessuna commissione per accertare che siano stati commessi o si stiano commettendo crimini a Gaza”.
    “Penso che dietro ci sia il presidente americano Joe Biden. È alquanto strano che siano accusati soltanto i capi del Likud, Netanyahu e Gallant, non il capo di stato maggiore che è colui direttamente responsabile delle operazioni militari o Benny Gantz, il leader dell’opposizione”.
    La Corte Penale Internazionale nasce alla fine degli anni ’90, ma ha radici molto profonde con il processo di Norimberga. “Sì, ma soltanto con il Trattato di Roma del 1998 si formalizza un protocollo standard. Il tribunale nasce, però, come strumento utilizzato politicamente dai Paesi arabi per colpire Israele sulla questione dei coloni e degli insediamenti in Cisgiordania. Israele viene accusato di violare il diritto internazionale e la Quarta Convenzione di Ginevra che di fatto vieta alla potenza occupante di trasferire o deportare la propria popolazione civile in un territorio occupato. Peccato che questa accusa non sia mai stata fatta a nessuno Stato al mondo dal 1949 in avanti”.
    Torniamo alla situazione a Gaza e all’accusa di crimini contro l’umanità. “Il discrimine è politico, affermano che le operazioni condotte all’esercito di Israele a Gaza sono contrarie al diritto internazionale. Secondo la Corte, Israele affama la popolazione, ha un utilizzo sproporzionato della forza, uccide i civili volontariamente, ben sapendo che i civili sono utilizzati come scudi umani da Hamas. Non è una commissione composta da esperti militari, ma da giuristi con un forte passato antisraeliano e che si basano sui numeri forniti da Hamas. Ricordiamo che l’Onu si è decisa finalmente anche a dare delle cifre diverse rispetto ai famosi 35 mila morti che sembravano solo civili. Hamas non distingue tra civili e miliziani”.
    “Non si tiene poi minimamente conto che Israele è l’unico Paese al mondo a utilizzare tecniche per far sì che i civili possano abbandonare i teatri di guerra, li avvisa con messaggi telefonici, colpiscono un palazzo con delle cariche ridotte per far capire che quello è un obiettivo militare affinché la popolazione si allontani e poi distruggono il palazzo che è stato individuato come centro militare di Hamas”.
    Come andrà a finire? “Penso male. Questa richiesta di arresto dovrà essere approvata da una camera preprocessuale, composta da tre giudici, che dovranno valutare la richiesta insieme alle prove addotte da Karim Khan e giudicare se queste hanno un fondamento. Ma le nomine di questi giudici sono di competenza degli Stati su richiesta dei paesi che formano l’Onu la cui gran parte è ostile a Israele”.
    Ma cosa pensa allora della richiesta di molti Paesi europei di riconoscere lo Stato palestinese?“Non ha niente a che vedere con il diritto internazionale, ma è mera volontà politica dei governi europei per forzare la mano. Che non abbia la minima base nel diritto internazionale è presto detto: questo riconosciuto “Stato di Palestina” non ha i requisiti minimi, sanciti dalla Convenzione di Montevideo del 1933, che sono gli unici validi per il diritto internazionale: una popolazione permanente, un territorio definito, un potere di governo esclusivo, la capacità di intrattenere rapporti con altri stati. Altresì, la volontà di riconoscimento può aprire possibili e inquietanti sviluppi nelle relazioni internazionali: uno o più stati possono decidere, a prescindere dalle regole internazionali, quando uno stato è tale e quando non lo è. Questo vuol dire che in futuro, se un certo numero di stati decidesse di riconosce lo “Stato di Catalogna” oppure lo “Stato del Tirolo del Sud”, questi diverrebbero automaticamente degli Stati indipendenti? No di certo, però si potrebbero aprire tutta una serie di rivendicazioni e di tensioni che condurrebbero, inevitabilmente, a nuove guerre più che a risolvere frizioni o dispute già in corso”.

    CONDIVIDI SU: