Il prigioniero malato
Ieri l’organizzazione terroristica Hamas ha pubblicato un video che mostrava un civile israeliano rapito, ripreso in un letto d’ospedale e collegato a una macchina per l’ossigeno. Il video è stato pubblicato il giorno dopo un’insolita dichiarazione dell’ala militare di Hamas sulle condizioni dei due cittadini israeliani che tiene sequestrati, in cui sosteneva che le condizioni mediche di uno di loro sono peggiorate. Vale la pena di dire innanzitutto che il malato si chiama Hisham al-Sayed ed è un beduino con dei gravi problemi di salute mentale. La sua cattura risale all’aprile 2015, più di sette anni fa, quando il giovane riuscì ad attraversare la barriera di protezione e a entrare volontariamente nella striscia di Gaza. Già l’aveva fatto altre due volte, nel 2010 e nel 2013, e le autorità locali, che pure erano già di Hamas, lo respinsero di nuovo in Israele, rendendosi conto del suo stato di mente. Ma nel 2015 lo trattennero definitivamente, cercando di ottenere un riscatto come quello che avevano appena ricevuto in cambio della libertà di Gilad Shalit.
L’altro sequestrato
Anche l’altro israeliano sequestrato da Hamas è una persona segnata dalla malattia mentale, che ha oltrepassato spontaneamente il confine. Si chiama Avraham (Avera) Mengistu; è un ebreo di provenienza etiope ed è sotto sequestro dal settembre 2014, in circostanze analoghe a Hisham al-Sayed. Come il suo compagno è detenuto in condizione tale che ogni tentativo di liberarlo gli costerebbe la vita.
Il progetto di Hamas
Per la loro liberazione e la consegna dei resti di due soldati caduti durante l’ultimo conflitto di Gaza, Hamas ha stilato una lista di migliaia di terroristi condannati dai tribunali e detenuti nelle carceri israeliane. Si tratta di un obiettivo strategico per l’organizzazione terrorista, come lo fu nel caso di Shalit. I condannati liberati rafforzano molto il quadro del terrorismo, perché hanno esperienza e hanno conosciuto anche dall’interno le istituzioni israeliane, sanno la lingua e i modi di fare tanto da poter sostenere travestimenti preziosi per l’attività terrorista; e inoltre hanno subito nel gruppo dei detenuti una pressione propagandistica che li ha ulteriormente radicalizzati, se ce n’era bisogno. Inoltre si tratta di migliaia di persone, dunque di migliaia di famiglie, che dovrebbero la loro liberazione a Hamas e dunque li appoggerebbero anche nella competizione interna al campo palestinese.
Il giudizio morale e legale
Bisogna sottolineare che la detenzione di Shalit e il ricatto sulla sua vita che ha subito Israele era una palese violazione delle convenzioni internazionali sui prigionieri di guerra. Ma quest’altro ricatto non riguarda un soldato catturato, bensì due civili malati di mente, che sono stati sequestrati senza nessun contesto militare. Si tratta di un caso evidente di crimine di guerra, a danno fra l’altro di un arabo e di un nero, che però non sono stati affatto difesi da coloro che sbandierano il loro antirazzismo, come i democratici americani. Per loro non vale il motto “black lives matter” né la tutela che si accorda a tutte le persone deboli. Il fatto di essere cittadini di Israele li ha condannati a una crudele prigionia senza ragioni e senza condanna. Oggi Hamas cerca di approfittare anche della malattia fisica di uno dei due, in cui probabilmente la condizione del sequestro è una concausa, per far pressione sul governo israeliano, che continua a rifiutare di cedere al ricatto. In una società civile, sufficientemente sensibile ai diritti, questo nuovo crimine di Hamas sarebbe ragione di una mobilitazione generale, di una condanna senza attenuanti. Ma purtroppo la società italiana, quella europea e anche quella americana non hanno questa elementare sensibilità morale.