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    Il punto fermo nel momento più duro

    I ragazzini in Israele che in queste ore nelle sinagoghe preparano i
    pacchi per i soldati, le lunghe file nei supermercati di persone che acquistano
    beni di prima necessità per chi ne ha bisogno, gli ospedali affollati di chi
    giunge per donare il sangue ai feriti, il coraggio dei giovani soldati al
    fronte che salutano le famiglie e spengono i telefoni, gli abbracci disperati
    tra chi cerca conforto nel momento più difficile mai vissuto prima. È questa la
    fotografia della società israeliana travolta di sorpresa dal terribile inganno
    dell’orrore. Un orrore mai visto prima all’interno dei confini dello Stato
    Ebraico.

    Abbiamo appena ricordato l’attentato alla sinagoga di Roma del 9 ottobre
    1982 e i 50 anni dalla guerra del Kippur. Vecchie immagini e testimonianze di
    chi c’era, ci ricordano le assemblee spontanee di persone che fuori alla nostra
    sinagoga ascoltavano alla radio le notizie dal fronte, dei civili israeliani
    mobilitati per aiutare. Oggi, a mezzo secolo di distanza, abbiamo visto
    l’orrore nei filmati diffusi nei social. Ed è nella distanza tra il ritratto
    della società israeliana oggi e le immagini terrificanti dei soldati massacrati
    dai terroristi, dei nuclei famigliari divisi, delle persone rapite tra i
    macabri sorrisi dei miliziani, delle madri che chiudono la bocca ai figli nei
    rifugi per paura di essere trovati dai terroristi, che troviamo di nuovo il
    punto fermo. Non c’è ambiguità tra bene e male, tra la vita e la morte a lavoro.

    Tutto l’orrore di cui siamo oggi noi testimoni ci riporta indietro nel
    tempo. Ai pogrom, all’11 settembre, quando l’America si è scoperta fragile come
    oggi Israele, ai terribili eventi che costellano la storia. E anche questa
    volta, come altre di cui celebriamo adesso i tristi anniversari, il terrore ha
    colpito mirando agli ebrei durante una festività. Ma questo orrendo attacco ad
    Israele porta con sé caratteristiche differenti: un numero spaventoso di civili
    morti, feriti e rapiti proprio dentro il Paese. “Niente potrà essere mai più
    come prima. Questo evento ci cambierà per sempre – dice uno dei testimoni che
    abbiamo ascoltato – L’orrore di questi giorni segnerà la nostra generazione”.

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