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    ISRAELE

    Il problema del corridoio Filadelfi

    Il ritmo della guerra
    La guerra prosegue col suo ritmo lento, segnato mille episodi che da vicino sono altamente drammatici perché comportano rischi di morte e distruzione, missioni difficili e faticose conquiste; ma da lontano appaiono quasi ripetitivi, senza grandi avanzate, manovre, battaglie campali. La ragione è che quasi più che a una guerra normale la campagna di Gaza assomiglia a una gigantesca operazione di polizia, con decine di migliaia di assassini, violentatori, rapitori attestati su uno spazio grande come la città di Roma, sparsi in mezzo a una popolazione più o meno delle stesse dimensioni della nostra capitale, che per la maggior parte è complice o succube dei criminali. I terroristi sono poi nascosti quasi in ogni casa, in ogni scuola o ospedale e nei numerosissimi e intricati tunnel che ne perforano il sottosuolo. Quel che accade sono solo occasionalmente vere battaglie, più spesso sono cacce all’uomo in cui le forze armate devono continuamente badare a non farsi prendere alle spalle, a non cadere negli agguati dei criminali. Si tratta poi di individuare le armi nelle case e negli edifici pubblici, di scoprire gli ingressi delle gallerie, di minarle e farle saltare. L’avanzata comunque procede, con l’attenzione di non disperdere le truppe, di non perdere la superiorità numerica in nessuna circostanza, di non lasciare isolato nessun combattente per evitare che sia sopraffatto, ucciso o rapito. E naturalmente bisogna cercare di trovare i rapiti, di non confonderli coi nemici che li usano come scudi umani. Inoltre non bisogna causare sofferenze inutili ai civili.

    La responsabilità di Sharon
    L’esercito israeliano è ora però in vista di un risultato strategico importante, che ha un grande senso operativo e implica però grandi problemi politici. Si tratta della conquista del confine con l’Egitto, il cosiddetto “corridoio Filadelfi” (il nome ebraico della città americana di Philadelphia), che è lungo 14 chilometri da ovest a est, cioè dal mare al valico di Kerem Shalom, che è il punto più meridionale della frontiera di Israele con Gaza, e largo un centinaio di metri. Nel 2005 il primo ministro Ariel Sharon decise di cedere Gaza all’Autorità Palestinese, che se la fece presto espugnare con le armi da Hamas; esattamente la mossa che ora l’amministrazione Biden vorrebbe far ripetere a Israele. Fu un grave errore, come oggi sappiamo, una fra le premesse lontane del 7 ottobre.

    I tunnel sotto il corridoio
    I vertici militari chiesero invano vent’anni fa a Sharon di mantenere il controllo del corridoio, ma anch’esso fu ceduto: non all’Autorità Palestinese bensì all’Egitto. Il problema è che attraverso questo corridoio, o meglio nelle molte gallerie scavate sotto di esso, è passato il contrabbando di uomini, di materiali e soprattutto di armi che ha permesso a Hamas di trasformare Gaza in una fortezza difficilissima da espugnare. L’Egitto ha favorito questo contrabbando sotto la presidenza Morsi; Al Sissi ha cercato di chiuderlo, ma esso esiste ancora, le gallerie sotto il corridoio sono quelle che i capi terroristi intendono usare per sfuggire all’assedio israeliano, magari portandosi dietro i rapiti come scudi umani. In questi stessi cunicoli continuano a passare i rifornimenti militari che permettono ai terroristi di resistere. “Se questa breccia non sarà chiusa, ha detto Netanyahu, sconfiggere Hamas non basterà, perché essa gli permetterà di ricostituire le sue forza”. Ora Israele ha chiesto all’Egitto di riavere indietro il controllo del Filadelfi, ricevendo risposte negative. Ormai l’Egitto lo considera territorio nazionale. È stata respinta anche la proposta di un pattugliamento comune. Israele deve quindi conquistare il lato settentrionale del corridoio, quello al di qua della barriera costruita dall’Egitto, eliminarne le costruzioni per una profondità di qualche centinaio di metri, per lavorare poi alla distruzione delle gallerie sotterranee. È una conquista difficile, anche perché bisogna far attenzione a non sconfinare. Ma è la condizione per poter finalmente avere la certezza di liquidare del tutto la potenza militare di Hamas a Gaza.

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