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    Il pericolo iraniano cresce, non solo per Israele

    L’Iran non è solo un problema per Israele, lo stato che gli ayatollah odiano e minacciano ogni giorno di distruggere: un proposito che cercano continuamente di realizzare armando i terroristi, avvicinando truppe ai suoi confini, preparando attentati, attaccando le sue proprietà dappertutto. Quel che è sempre più chiaro, nonostante la colpevole inerzia e anche una certa compiacenza dell’Unione Europea e dell’amministrazione Biden è che l’Iran è un problema mondiale, una minaccia militare per tutti i paesi democratici, uno stato canaglia che ignora leggi e impegni per affermare con la forza i propri piani.

     

    Negli ultimi giorni questo pericolo è emerso con grandissima chiarezza. In primo luogo, ormai è accertato che mancano solo dieci settimane perché l’apparato militare iraniano abbia accumulato abbastanza combustibile nucleare da poter caricare la sua prima bomba atomica. La valutazione è stata data ufficialmente da una persona molto prudente e competente in materia militare come il ministro israeliano della difesa Gantz, fino a qualche anno fa capo di stato maggiore dell’esercito di Israele. Dato che i missili intercontinentali e il complesso apparato necessario all’esplosione della bomba sono già in suo possesso, questo significa che intorno a fine ottobre di quest’anno l’Iran, se nessuno lo ferma prima, sarà una potenza nucleare capace di minacciare non solo Israele, ma anche l’India, la Russia, un bel pezzo dell’Unione Europea compresa tutta l’Italia, la maggior parte degli Stati Arabi inclusi Egitto, Arabia e Emirati. E presto potrà arrivare più in là, fino agli Usa. Sempre a proposito di nucleare, il presidente uscente Rouhani ha confermato che sono stati i i servizi segreti di Israele a smascherare i suoi segreti atomici, cioè il lungo e ininterrotto piano di armamento nucleare, permettendo così a Netanyahu di ottenere l’uscita di Trump dall’accordo che l’Iran stava violando con astuta determinazione. Peccato che Biden abbia deciso che vale la pena per l’America di essere ancora presa in giro dagli ayatollah, naturalmente in nome della pace.

     

    Quel che ha avuto più rilievo sulla stampa è però un altro episodio, che riguarda la  guerra sempre meno segreta che l’Iran sta facendo a Israele sui mari. La storia è questa. Date le difficoltà del contrabbando terrestre, l’Iran sta cercando di usare le rotte marittime per armare e sostenere finanziariamente, anche con il suo petrolio, i suoi satelliti come la Siria, Hezbollah, Hamas, gli Houti dello Yemen. Israele da anni combatte questo contrabbando, che viola anche diverse decisioni delle Nazioni Unite. Di recente l’Iran ha iniziato ad attaccare le navi israeliane, o anche solo possedute o perfino gestite da persone o società israeliane. E’ una rappresaglia per la lotta al contrabbando, ma anche il tentativo piuttosto velleitario di isolare economicamente lo stato ebraico. Prima, nei mesi scorsi, sono state danneggiate delle navi selezionate in questa maniera nel Mar Rosso e nel Golfo Persico (e Israele ha reagito affondando una nave militare iraniana che stazionava di fronte allo Yemen con compiti di appoggio al terrorismo). Negli ultimi giorni però una nave gestita da una società di proprietà israeliana è stata attaccate da droni allo sbocco del Golfo Persico nell’Oceano Indiano, al largo dell’Oman. I droni hanno puntato direttamente al posto di comando, uccidendo un capitano di nazionalità rumena e una guardia inglese. Poi l’altro ieri vi è stato un misterioso dirottamento di una petroliera inglese, e un segnale d’allarme di quattro altre navi: incidenti caratterizzati dalle stesse modalità d’azione di altri dirottamenti e danneggiamenti subiti negli ultimi mesi da navi degli Emirati. L’Iran ha negato ogni coinvolgimento, ma Stati Uniti, Romania, Gran Bretagna, oltre a Israele, hanno tutti indicato l’Iran come colpevole di questi atti di pirateria. E’ probabile che ci sarà una rappresaglia collettiva di questi stati, che possiamo presumere più debole di quella che avrebbe fatto Israele da solo; ma l’importante è che venga allo scoperto la pirateria di stato dell’Iran.

     

    Il punto fondamentale è che questo comportamento da pirati che ignorano le leggi internazionali non si limita alla guerra del mare, ma si estende agli attacchi anonimi di droni subiti spesso dall’Arabia Saudita, ai roghi misteriosi che hanno afflitto impianti navali emiratini, oltre naturalmente alla guerra per procura, via Hamas, Siria e Hezbollah, che l’Iran sta facendo a Israele. C’è uno stato canaglia, uno stato fuorilegge che viola ogni norma che lo intralcia, promette di distruggere uno stato legale come Israele e prestissimo potrebbe avere la bomba atomica e i mezzi per recapitarla ai suoi nemici. Queste violazioni della legalità peggioreranno ancora col nuovo presidente iraniano,  Ebrahim Raisi, che come responsabile dei tribunali e delle carceri del suo paese si è guadagnato l’eloquente soprannome di “macellaio”. Peccato che l’Unione Europea non abbia ritenuto opportuno di astenersi dalla cerimonia del suo insediamento, ma abbia mandato un importante funzionario a parteciparvi: ulteriore testimonianza di una politica di viltà e di accondiscendenza che non è improprio accostare all’atteggiamento di Chamberlain di fronte al nazismo. Fino a che non vi sarà un serio fronte di resistenza all’Iran il pericolo crescerà non solo per Israele ma per il mondo intero.

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