La sopravvissuta alla Shoah Hanna Gofrit, 88 anni, ha deciso
di portare conforto ai bambini israeliani vittime del 7 ottobre, condividendo
con loro storie, esperienze e consigli sul significato della resistenza di
fronte all’orrore. “Nonostante il buio – ha assicurato ai ragazzi – il sole
tornerà a splendere su di voi”.
di portare conforto ai bambini israeliani vittime del 7 ottobre, condividendo
con loro storie, esperienze e consigli sul significato della resistenza di
fronte all’orrore. “Nonostante il buio – ha assicurato ai ragazzi – il sole
tornerà a splendere su di voi”.
“Quando ho sentito per la prima volta che i bambini nei
kibbutz lungo il confine di Gaza dovevano nascondersi negli armadi per evitare
di essere uccisi dai terroristi infiltrati nelle loro case il 7
ottobre, ho sentito il peso del mondo sulle mie spalle. – ha aggiunto Gofrit –
Era inaccettabile per me che, 75 anni dopo, quando io stessa mi ero nascosta in
uno stanzino a Varsavia per sfuggire ai nazisti, la storia si ripetesse. Ancora
una volta bambini ebrei si sono ritrovati a doversi nascondere negli armadi. Ma
questa volta però nel loro stesso Paese, il nostro Paese. Mi ha fatto male
tutto questo”. Queste sono state le parole di Hanna Gofrit, nonna e
bisnonna, mentre descriveva le emozioni che l’hanno spinta ad agire a favore
dei bambini sopravvissuti al massacro di Hamas e dei loro genitori.
kibbutz lungo il confine di Gaza dovevano nascondersi negli armadi per evitare
di essere uccisi dai terroristi infiltrati nelle loro case il 7
ottobre, ho sentito il peso del mondo sulle mie spalle. – ha aggiunto Gofrit –
Era inaccettabile per me che, 75 anni dopo, quando io stessa mi ero nascosta in
uno stanzino a Varsavia per sfuggire ai nazisti, la storia si ripetesse. Ancora
una volta bambini ebrei si sono ritrovati a doversi nascondere negli armadi. Ma
questa volta però nel loro stesso Paese, il nostro Paese. Mi ha fatto male
tutto questo”. Queste sono state le parole di Hanna Gofrit, nonna e
bisnonna, mentre descriveva le emozioni che l’hanno spinta ad agire a favore
dei bambini sopravvissuti al massacro di Hamas e dei loro genitori.
“Dopo essere riuscita a superare lo shock iniziale che mi ha
travolto, ho subito capito che dovevo dare un mio contributo a questi bambini,
incontrandoli e condividendo la mia esperienza di bambina che ha dovuto a sua
volta nascondersi per sopravvivere. Volevo soprattutto dimostrare loro che,
nonostante il dolore vissuto, la tristezza e le nuvole scure che incombono, non
devono perdere la speranza. Il sole sorgerà di nuovo” ha detto la donna durante
un’intervista rilasciata al notiziario israeliano Ynet.
travolto, ho subito capito che dovevo dare un mio contributo a questi bambini,
incontrandoli e condividendo la mia esperienza di bambina che ha dovuto a sua
volta nascondersi per sopravvivere. Volevo soprattutto dimostrare loro che,
nonostante il dolore vissuto, la tristezza e le nuvole scure che incombono, non
devono perdere la speranza. Il sole sorgerà di nuovo” ha detto la donna durante
un’intervista rilasciata al notiziario israeliano Ynet.
Diverse settimane fa, nel quadro dell’iniziativa “Memory in
the Living Room” (un progetto sociale che organizza incontri in case private in
occasione del Giorno della Memoria della Shoah), che mira a favorire i legami
tra i sopravvissuti alla Shoah e i bambini dei kibbutz al confine con Gaza,
Gofrit ha incontrato i bambini e i ragazzi del Kibbutz Mefalsimm, evacuati
dalle loro case il 7 ottobre. Attualmente i giovani risiedono in un albergo a
Herzliya. Anche l’attrice e cantante Eliana Tidhar era presente all’incontro.
“È di grande importanza per me dimostrare a questi bambini che, nonostante
le difficili esperienze che ho vissuto durante la mia infanzia, sono una donna
felice. Ho messo su famiglia, ho avuto nipoti e pronipoti, ho proseguito gli
studi e lavorato” ha affermato Gofrit.
the Living Room” (un progetto sociale che organizza incontri in case private in
occasione del Giorno della Memoria della Shoah), che mira a favorire i legami
tra i sopravvissuti alla Shoah e i bambini dei kibbutz al confine con Gaza,
Gofrit ha incontrato i bambini e i ragazzi del Kibbutz Mefalsimm, evacuati
dalle loro case il 7 ottobre. Attualmente i giovani risiedono in un albergo a
Herzliya. Anche l’attrice e cantante Eliana Tidhar era presente all’incontro.
“È di grande importanza per me dimostrare a questi bambini che, nonostante
le difficili esperienze che ho vissuto durante la mia infanzia, sono una donna
felice. Ho messo su famiglia, ho avuto nipoti e pronipoti, ho proseguito gli
studi e lavorato” ha affermato Gofrit.
Nata 88 anni fa in una piccola cittadina della Polonia, non
lontano da Varsavia, Hanna era la figlia unica di una famiglia che godeva di
uno status socio-economico elevato. Fino allo scoppio della guerra non le mancò
nulla e la vita, come lei la ricorda, era davvero bella in Polonia. Poco dopo
aver festeggiato il suo quarto compleanno, la sua vita cambiò improvvisamente e
in modo irriconoscibile. Lei e i suoi genitori diventarono presto rifugiati
nella loro stessa terra. “Il mio mondo si è capovolto in un solo giorno.
La casa in cui sono cresciuta, i giochi, i libri e la mia famiglia tutto è
svanito in un attimo. Dalla vite comoda e tranquilla all’improvviso non avevamo
più nulla”, ricorda la donna. “Quando i nazisti arrivarono in città, io e
mio padre riuscimmo a scappare e a nasconderci in una fossa sottoterra per
diversi giorni. Più tardi, io e mia madre fuggimmo a Varsavia, e mio padre si
unì ai partigiani ma fu catturato dai nazisti e morì. A Varsavia, mia madre e
io ci nascondemmo presso una famiglia polacca, oggi riconosciuta come giusta
tra le nazioni. Ogni volta che degli estranei visitavano la loro casa,
entravamo nell’armadio e ci nascondevamo nella completa oscurità, senza
emettere un suono. Per due anni, ho trascorso una notevole quantità di tempo in
quell’armadio buio e claustrofobico.”
lontano da Varsavia, Hanna era la figlia unica di una famiglia che godeva di
uno status socio-economico elevato. Fino allo scoppio della guerra non le mancò
nulla e la vita, come lei la ricorda, era davvero bella in Polonia. Poco dopo
aver festeggiato il suo quarto compleanno, la sua vita cambiò improvvisamente e
in modo irriconoscibile. Lei e i suoi genitori diventarono presto rifugiati
nella loro stessa terra. “Il mio mondo si è capovolto in un solo giorno.
La casa in cui sono cresciuta, i giochi, i libri e la mia famiglia tutto è
svanito in un attimo. Dalla vite comoda e tranquilla all’improvviso non avevamo
più nulla”, ricorda la donna. “Quando i nazisti arrivarono in città, io e
mio padre riuscimmo a scappare e a nasconderci in una fossa sottoterra per
diversi giorni. Più tardi, io e mia madre fuggimmo a Varsavia, e mio padre si
unì ai partigiani ma fu catturato dai nazisti e morì. A Varsavia, mia madre e
io ci nascondemmo presso una famiglia polacca, oggi riconosciuta come giusta
tra le nazioni. Ogni volta che degli estranei visitavano la loro casa,
entravamo nell’armadio e ci nascondevamo nella completa oscurità, senza
emettere un suono. Per due anni, ho trascorso una notevole quantità di tempo in
quell’armadio buio e claustrofobico.”
Nei primi giorni, quando Gofrit aveva solo sei anni, un
forte senso di paura la consumava ogni volta che lei e sua madre dovevano
cercare rifugio nell’armadio. C’erano momenti in cui dovevano rimanere nascoste
per ore, ascoltando nel frattempo le risate e l’allegria degli ospiti,
completamente ignari delle atrocità che si svolgevano nella loro terra. Eppure,
in mezzo alla paura e alle difficoltà, Hanna è riuscita a comprendere
l’importanza di aggrapparsi alla speranza per sopravvivere. “In quei momenti
passati dentro l’armadio, ho scoperto che per me era più facile soccombere
all’impotenza, alla paura e alla rabbia. Era davvero terrificante, soprattutto
il pensiero di essere scoperta e sottoposta a chissà quale tortura. Tuttavia,
ho anche imparato che potevo giocare con la mia immaginazione e fuggire
momentaneamente dalla realtà – ha raccontato la donna – Ogni volta che mi
nascondevo nell’armadio, mi immaginavo come una farfalla che tornava con grazia
nella città della mia infanzia. All’interno di quello spazio ristretto, ero una
farfalla libera e felice, e grazie a questa fantasia la speranza si è riaccesa
dentro di me”.
forte senso di paura la consumava ogni volta che lei e sua madre dovevano
cercare rifugio nell’armadio. C’erano momenti in cui dovevano rimanere nascoste
per ore, ascoltando nel frattempo le risate e l’allegria degli ospiti,
completamente ignari delle atrocità che si svolgevano nella loro terra. Eppure,
in mezzo alla paura e alle difficoltà, Hanna è riuscita a comprendere
l’importanza di aggrapparsi alla speranza per sopravvivere. “In quei momenti
passati dentro l’armadio, ho scoperto che per me era più facile soccombere
all’impotenza, alla paura e alla rabbia. Era davvero terrificante, soprattutto
il pensiero di essere scoperta e sottoposta a chissà quale tortura. Tuttavia,
ho anche imparato che potevo giocare con la mia immaginazione e fuggire
momentaneamente dalla realtà – ha raccontato la donna – Ogni volta che mi
nascondevo nell’armadio, mi immaginavo come una farfalla che tornava con grazia
nella città della mia infanzia. All’interno di quello spazio ristretto, ero una
farfalla libera e felice, e grazie a questa fantasia la speranza si è riaccesa
dentro di me”.
“La farfalla” è il titolo del libro per bambini pubblicato
quasi 30 anni fa, che racconta la straordinaria storia di sopravvivenza di
Gofrit. Ispirato a quella farfalla immaginaria che le portò conforto durante la
sua prolungata latitanza durante la Shoah, il libro è stato tradotto in 17
lingue e narra l’orrore della Shoah vissuta dai bambini. Gofrit ha donato tutti
i proventi della vendita del libro al Museo della Shoah Yad Vashem. “Trent’anni
fa – ha concluso la sopravvissuta – nessuno parlava dei bambini durante la
Shoah. Sono orgogliosa di aver condiviso la mia storia, del resto se non la
racconto, chi lo farà?”.
quasi 30 anni fa, che racconta la straordinaria storia di sopravvivenza di
Gofrit. Ispirato a quella farfalla immaginaria che le portò conforto durante la
sua prolungata latitanza durante la Shoah, il libro è stato tradotto in 17
lingue e narra l’orrore della Shoah vissuta dai bambini. Gofrit ha donato tutti
i proventi della vendita del libro al Museo della Shoah Yad Vashem. “Trent’anni
fa – ha concluso la sopravvissuta – nessuno parlava dei bambini durante la
Shoah. Sono orgogliosa di aver condiviso la mia storia, del resto se non la
racconto, chi lo farà?”.