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    Guerra in Ucraina: il complesso ruolo dello Stato d’Israele – Intervista a Fiamma Nirenstein

    Lo scorso sabato il premier israeliano Naftali Bennett si è reso protagonista di un tour de force diplomatico, che l’ha portato prima al Cremlino da Putin e poi in Germania dal cancelliere Scholz, allo scopo di tentare una mediazione tra Russia e Ucraina. Una scelta diplomatica di enorme rilevanza, che conferma ulteriormente il peso politico di Israele nel quadro internazionale. Per comprendere meglio le dinamiche di questa vicenda, Shalom ha intervistato la giornalista Fiamma Nirenstein.

    La possibile mediazione israeliana non è stata solo legittimata dal favore degli Stati occidentali, ma anche dall’insieme degli elementi storico-culturali che rendono lo Stato ebraico equivicino ad entrambe le realtà dell’Est. Infatti, Israele è costituita da una sostanziale componente russofona che conta un milione di cittadini. Dall’altre parte, è al contempo il partner storico degli USA. 

    «Con gli Stati Uniti c’è un rapporto essenziale, che ondeggia in relazione al tipo di amministrazione – spiega Nirenstein – Si sono susseguiti presidenti più favorevoli, come Clinton, e meno simpatizzanti come Obama. L’attuale presidente ha una posizione simpatetica, ma considerando che deve cancellare il retaggio di Trump, le sue politiche verso Israele cercano sempre di essere antitetiche rispetto quelle del suo predecessore».

    Il fatto che lo Stato ebraico sia riuscito, a differenza di altri, a tentare una mediazione non deriva solamente da questioni culturali. Israele intrattiene dei delicati rapporti con la Russia, che esercita un’imponente presenza nella Siria dal 2013. Quando Obama decise il ritiro degli americani dalla guerra in Siria, spianò de facto la strada all’insediamento di Putin in un luogo, confinante con Israele, dove già operavano Iran ed Hezbollah. Perciò Israele «trovatosi nella oggettiva necessità di non far crescere questa forza nemica che giura la sua distruzione, ha dovuto instaurare un rapporto con Putin. Un’ipotetica rottura con la Russia impedirebbe ad Israele di bloccare Iran ed Hezbollah».

    Questo spiega perché Israele abbia aderito alla condanna dell’Assemblea Generale ONU contro la Russia, mentre al contempo si sia astenuta dall’invio di armi in Ucraina e dalla mozione americana al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: un incidente diplomatico con i russi potrebbe stravolgere gli assetti del Medio Oriente e bruciare la possibilità di mediazione in Ucraina. «Abbiamo sbagliato ad astenerci dalla mozione americana, ma Israele ha comunque condannato l’invasione, ha inviato aiuti umanitari per impedire la persecuzione di innocenti cittadini da parte di forze armate. È ovvio che le sue azioni devono essere ponderate con intelligenza e cautela. Israele conosce molto bene la sensazione di essere bombardata da missili ed ha comprensione per gli ucraini più di chiunque altro». Le scelte di Israele sono dunque quelle di uno Stato che, a differenza degli altri, è circondato da Paesi nemici.

    Il secondo fronte in cui si vede impegnato Bennett è quello austriaco, dove a Vienna sono in corso le trattative sul nucleare iraniano discusse nell’ambito del gruppo dei Cinque più Uno, costituito dai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. «Si sta per firmare un folle accordo con uno Stato assassino come l’Iran, il maggiore promulgatore del terrorismo internazionale, un paese che ha sulla coscienza centinaia di morti e che minaccia di attacco nucleare Israele. Si configura uno scenario che gli permetterà di avere una quantità di uranio arricchito al 90% con cui poter approntare l’arma nucleare. Sempre che Israele non glielo impedisca prima, come dice da tempo».

    Oltre le questioni politiche, Israele sta comunque proseguendo, assieme all’unanimità degli Stati occidentali, la corsa al salvataggio di vite umane in Ucraina. Aiuti e corridoi umanitari, accoglienza di profughi e fornitura di fondi a livello internazionale. Una certezza a cui Israele non si è mai sottratta, in virtù del principio ebraico del Tikkun Olam: la riparazione delle ingiustizie nel mondo.

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