I risultati dello studio condotto dalla
società di mobilità globale ECA, collocano Gerusalemme al quindicesimo posto
dopo Tel Aviv al numero 5. Hong Kong si è classificata come città più cara per
il secondo anno consecutivo. La capitale israeliana Gerusalemme si è unita a
Tel Aviv nell’elenco annuale delle 20 città più costose del mondo, secondo
quanto scritto su un rapporto pubblicato mercoledì.
L’indice, incentrato
specificamente sui lavoratori all’estero e sugli immigrati, è stato compilato
dalla società di mobilità globale ECA International. Non sorprende che Tel
Aviv, nota per il suo costo della vita particolarmente elevato, sia stata
classificata al sesto posto nella lista ECA del 2022, dopo essere arrivata al
settimo posto lo scorso anno. Nel frattempo, Gerusalemme ha scalato tre
posizioni dal 2021 ed è stata elencata come la quindicesima città più costosa
per i lavoratori all’estero e i nuovi immigrati nel 2022.
Hong Kong ha conquistato il primo
posto della lista per il secondo anno consecutivo. Nella città-stato
indipendente dell’Asia metropolitana, una tazza di caffè costa 5,2 dollari, un
litro di benzina costa 3 dollari e un chilogrammo di pomodori costa 11,5
dollari. I dati dell’ECA sono stati raccolti attraverso la valutazione dei
costi di affitto, dei prezzi di gas ed elettricità, della forza della valuta
locale e dei prezzi dei prodotti di base del mercato.
Inoltre, New York si è classificata
seconda nella lista, Ginevra è stata classificata terza, Londra – quarta e
Tokyo – quinta. Il costo dell’affitto a
Londra ha visto un aumento del 20% dal 2021, mentre la Grande Mela ha
registrato un aumento del 12%. Secondo l’ECA, l’Asia è il continente più
costoso, con cinque città – Hong Kong, Tokyo, Shanghai, Guangzhou e Seoul – che
rientrano nella top 10.
A dicembre, The Economist ha
pubblicato la propria lista delle città più costose del mondo, nominando Tel
Aviv come la più costosa. Il quotidiano
britannico ha legato questo alla crescente forza dello sheqel israeliano e al
picco dei prezzi dei trasporti e delle merci. Tuttavia, l’elenco dell’Economist
utilizza il confronto con New York City come misura, il che significa che
include i prezzi di molti beni che non sono necessariamente rilevanti per il
pubblico israeliano, come le scuole private o le domestiche.