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    Fare l’Aliyah nonostante la guerra: la storia di Eric e Sue Rubin

    C’è chi, nonostante i giorni terribili che sta
    passando lo Stato d’Israele, ha preso la decisione di fare l’Aliyah. È il caso
    dei coniugi statunitensi Eric e Sue Rubin, intervistati da Yedihot Hachronot
    nei giorni scorsi, che 5 giorni dopo l’inizio della guerra hanno deciso di
    prendere tutto e di salire sul primo aereo per lo Stato ebraico. 

    Eric, originario di New York ed ex consulente
    finanziario, è stato coinvolto nella comunità ebraica per diversi anni facendo
    volontariato nel consiglio di numerose organizzazioni no-profit ebraiche e
    filo-israeliane. Sua moglie Sue invece, cattolica, lavora come consulente
    finanziaria. Sebbene la coppia avesse pianificato da tempo di fare Aliyah, sono
    stati gli attacchi del 7 ottobre a rappresentare il punto di svolta.

    “La nostra Aliyah era originariamente prevista
    per il 31 ottobre” racconta Eric, che, mosso emotivamente da ciò che stava
    accadendo, ha detto a sua moglie: “Non posso più restare qui. Devo andare
    lì e fare qualcosa”. Lei ha immediatamente appoggiato questo intento: “Se
    riesci a prendere un volo, andiamo!”.

    Dal momento in cui hanno iniziato a cercare i voli a
    quando sono usciti dalla porta di casa sono passati 40 minuti. Due giorni dopo
    erano all’Aeroporto Ben Gurion.

    “Da quando abbiamo fatto l’Aliyah, siamo stati nella
    stanza sicura ogni singolo giorno. A volte una volta, a volte due, a volte tre
    volte. Non è divertente, ma se questo è il sacrificio che faccio per quello che
    hanno passato tutti gli altri, inclusi le 1.400 vittime, posso sopportare di
    entrare nel mamad tre volte al giorno per 10 minuti”, ha affermato Eric a
    Ynetnews.

    La presenza di un crescente antisemitismo è stato
    uno dei fattori che ha spinto la coppia a venire in Israele. “Spero che gli
    ebrei della Diaspora si sveglino e combattano l’antisemitismo a sinistra e a
    destra, e che trattengano i finanziamenti alle università che facilitano il
    diffondersi dell’odio antisemita” afferma Eric.

    Da quando sono arrivati in Israele, sia Eric che Sue
    si sono impegnati nel volontariato per sostenere il Paese durante la guerra.
    “Stiamo facendo tutto il possibile per aiutare le persone”, afferma
    Eric. “So di non essere un eroe. Non indosso un’uniforme. Non sono un soldato.
    Ma per come la vedo io, anche le piccole cose, come andare al ristorante,
    aiutano il Paese. Stiamo comprando molte più cose di quanto avremmo voluto, ma
    tutti qui devono continuare a vivere”.

    Secondo Sue ed Eric il fattore chiave per vincere la
    guerra contro Hamas è l’unità. “Se rimaniamo uniti, vinceremo”
    sottolinea Eric. “A coloro che hanno iniziato tutto questo, dico, lo finiremo
    alle nostre condizioni. E se pensate di impedire a persone come me e Sue di
    venire in Israele e di stabilire la nostra casa nella nostra terra ancestrale,
    questo non accadrà!”.

    I due olim hadashim hanno voluto alla fine mandare
    un appello a chi si trova in Diaspora: “Abbiamo sentito troppe storie di ebrei
    in America che hanno sentito cosa stava succedendo durante la Seconda Guerra
    Mondiale e minimizzavano. Fate qualcosa questa volta. Non volete fare Aliyah?
    Non fatela, però comprate una bottiglia di vino israeliano, investite in
    un’azienda tecnologica israeliana, venite qui in vacanza quando tutto questo
    sarà finito. Contribuite all’economia! Gli israeliani stanno combattendo non
    solo per il loro Paese, stanno combattendo per proteggere gli ebrei in tutto il
    mondo”.

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