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Due bambini dai capelli rossi accompagnati dalla loro madre torneranno a casa, nella loro terra, in Israele, ma non torneranno ai loro giochi, alle tenerezze dell’abbraccio del padre, Yarden ed alle corse a piedi nudi nel kibbutz. Torneranno alla terra dove sono nati, per trovare un riposo di pace. Due bambini dai capelli rossi sono stati assassinati insieme alla loro madre dopo essere stati sequestrati e deportati a Gaza, da un branco di terroristi di Gaza. Ed il colore rosso dei loro teneri capelli, quel colore così particolare e vivace sarà per tutto il mondo colore di vergogna. Sarà il colore della vergogna quel rosso di bimbo felice per coloro che continuano a sventolare la bandiera palestinese come se fosse un grido alla libertà, quando è solo un proclama all’assassinio di massa del popolo ebraico. Il rosso dei capelli di Ariel e Kfir Bibas sarà il colore della mani sporche di sangue di tutti coloro che hanno detto e continuano a dire che il pogrom del 7 ottobre è da comprendere, da giustificare per la situazione dei poveri palestinesi: di poveri e di vittime vedo solo le rosse testoline di due bimbi ebrei israeliani, ancora una volta assassinati perché sono ebrei. Quel colore rosso che non vedrà più giorni felici sulla terra sarà una macchia indelebile per tutti quei paesi, quelle organizzazioni pseudo umanitarie, pseudo educative che hanno fatto distingui, dichiarazioni, discorsi pubblici e diplomatici per fermare non so quale genocidio di non so quale popolo palestinese: le vittime di genocidio non uccidono bambini, non violentano donne, non bruciano vive le persone. Il colore rosso dei capelli dei due bimbi del kibbutz Nir Oz sarà come una lettera scarlatta, marchio di colpa, sui silenzi ufficiali della Chiesa cattolica e di tutti i cristiani non cattolici che ancora stanno zitti, quando non sono addirittura solidali con il terrorismo di Hamas. Il rosso allegro dei capelli di Ariel e Kfir sarà come una vernice sul cuore insensibile di tutti i coloro che alzano lo sguardo ipocrita di protesta solo quando è l’ebreo ad alzarsi in difesa di se stesso, colpevole di non essere più vittima, colpevole di non voler più seppellire bambini ebrei uccisi in quanto ebrei. Ed allora questo colore rosso di vite spezzate è per tutto il mondo ipocrita che probabilmente, se ne sarà cosciente, abbozzerà un mezzo commento di falsa pietà quando Ariel e Kfir verranno seppelliti con la loro mamma Shiri, ma quel commento ipocrita, quella pietà tra i denti non sarà mai limpida e mai pulita, sarà sempre macchiata di rosso, il colore del sangue ebraico versato, della vergogna, della connivenza con il male. Ed allo stesso tempo per il mondo che è cosciente del dolore e della tragedia che stiamo vivendo il colore rosso dei capelli di Ariel e Kfir è segno di vicinanza, di empatia, di aiuto, di sostegno. Sostegno in questo tragico momento nel quale dobbiamo fare in modo che Ariel, Kfir e Shiri abbiano una sepoltura qualsiasi, come scrisse Giorgio Bassani nel Giardino dei Finzi Contini pensando alle vittime della Shoah della sua Ferrara. E questa differenza è fondamentale: Ariel Kfir e Shiri non avranno una sepoltura qualsiasi, avranno riposo in Eretz Israel, sotto la sovranità di Medinat Israel, una consolazione ed una consapevolezza che rende meno rossa la nostra rabbia ed il nostro dolore.
Il podcast “Due bimbi dai capelli rossi” è disponibile al seguente link