Il 34% dei contagiati in Israele è ultraortodosso, malgrado questa comunità rappresenti il 12% della popolazione. Ad affermarlo ieri è stato il direttore generale del ministero della Sanità, Chezy Levy, mentre Israele sta affrontando un secondo lockdown per tentare di fermare il dilagare dei contagi. “Il settore degli ultraortodossi, a causa del sovraffollamento e di preghiere che a volte violano le regole di condotta, ha raggiunto i più alti livelli di morbilità. Ciò va affrontato e una soluzione va trovata, perché colpisce la società ultraortodossa, il tasso generale d’infezione e gli ospedali”, ha detto Levy, sottolineando che in alcune yeshiva, le scuole religiose, il livello di infezione “è enorme”. Il tasso di mortalità dei contagiati ultraortodossi rimane relativamente basso, presumibilmente perchè l’età media è bassa, ma stiamo assistendo ad “una rapida crescita”, ha avvertito. La maggiore diffusione del contagio fra i ‘haredi’, i timorati di Dio, è un problema sempre più grave in Israele e contribuisce a creare ulteriori tensioni con la parte laica della società. Levy è intervenuto in vista della ricorrenza religiosa di Sukkot, che inizia al tramonto del 2 ottobre, e rischia di essere nuova occasione di contagio fra riunioni familiari e preghiere in sinagoga se le regole del lockdown non verranno rispettate. In Israele, dove il numero di morti rispetto alla popolazione è superiore a quello degli Stati Uniti, è stata superata la soglia dei 1500 decessi mentre i malati gravi sono più di 800, una sorta di ‘linea rossa’ oltre la quale la sanità rischia di non poter curare tutti adeguatamente. (Cif/Adnkronos)