“Bisognerebbe chiudere tutto, fabbriche e negozi, “un mese di distanziamento sociale rigido, e il contagio si fermerebbe”. Lo afferma, in un intervista a ‘la Repubblica’, il professor Qiu Yunqing, infettivologo cinese di 57 anni, vicedirettore dell’ospedale universitario della regione di Zhejiang, e medico al vertice della delegazione di tredici esperti che ha appena visitato alcuni ospedali del nord Italia. Per l’infettivologo servirebbe “un vero blocco collettivo delle attività, come si è fatto in Cina. Con rifornimenti alimentari per quartieri, o blocchi di palazzi. Serve il controllo rigido della diffusione del contagio, altrimenti non finiranno mai le persone da curare, ed è così che gli ospedali vanno in tilt. Non vi sono altre misure, lo dico perché noi l’abbiamo sperimentato. Ci tengo che il messaggio passi al vostro Paese”. Riguardo ai medici e agli ospedali, continua, “i livelli di protezione sono sicuramente inferiori ai nostri. Parlo di maschere, di tute protettive in Tyvek. Le maschere generiche non bastano, l’impressione è che gli operatori non siano abbastanza tutelati. Forse per mancanza di risorse effettive, o, all’inizio, di mancata comprensione del problema. Come è successo a Wuhan, nel primo periodo c’è stata una situazione simile: non si sapeva cosa fosse, questo virus, e non c’era la possibilità di avere risorse”.
“Una malattia come questa, molto contagiosa, richiede tute pesanti, quindi il lavoro è fisicamente ancora più faticoso – sottolinea l’infettivologo – Non si può reggere un turno di 8 ore, bisogna a scendere a 4/6 ore. Quindi ci vuole più gente, un terzo in più del solito”. Mancano poi “le postazioni di terapia intensiva attrezzata. Lì ho visto delle criticità – osserva – Poi, le strutture di degenza sono spesso vecchie, e questo complica molto. Non è una critica, noi abbiamo creato ospedali nuovi, ma anche gli altri nostri ospedali erano recenti, costruiti ai tempi della Sars, quindi con criteri nuovi su organizzazione di spazi e lavoro. Difficile farlo in strutture datate”. “Nessun ospedale, neanche il più moderno, può resistere all’afflusso gigantesco di pazienti, come sta succedendo in Italia – sottolinea Qiu Yunqing – I possibili malati vanno intercettati prima. Servono cliniche dove si ricoverano i positivi, anche se asintomatici. Li si monitora, e si può intervenire in tempo, se si aggravano. Ma non devono stare a casa senza controlli, né devono andare al pronto soccorso. Devono stare in questi posti finché non si negativizzano. Nel frattempo bisogna tracciare i loro contatti, e controllarli”. Come? “Con l’analisi dei movimenti, se un malato è stato in un autobus, bisogna rintracciare tutti gli occupanti – conclude – Si deve fare una ricerca anamnestica dettagliata”. (Sci/AdnKronos)