
A un anno e mezzo dal massacro del 7 ottobre 2023, centinaia di resti umani non sono ancora stati identificati. Presso il Centro Nazionale per le Vittime delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) a Camp Shura, numerosi sacchi contenenti parti del corpo e altri resti, attendono ancora una degna sepoltura. Nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi mesi, molti di questi resti rimangono, ancora oggi, senza identificazione.
Un rabbino interno all’ala militare ha richiesto ulteriori test del DNA, ma il Ministero dei Servizi Religiosi ha rifiutato, sostenendo che ciò rappresenterebbe uno spreco di risorse e potrebbe essere considerato una “profanazione dei morti”, basandosi sull’opinione del dottor Chen Kugel, capo dell’Istituto di Medicina Legale. Il Rabbino Capo David Yosef ha, invece, autorizzato ulteriori test per confermare le identità e consentire una sepoltura appropriata. L’IDF ha stanziato un budget specifico per questa operazione di identificazione e ha ricevuto il supporto della polizia israeliana.
Il Ministero dei Servizi Religiosi, guidato dal direttore Yehuda Avidan, si è tuttavia opposto alla ripetizione dei test. Il Ministero sta considerando la possibilità di seppellire i resti in una fossa comune senza singola identificazione, decisione che ha suscitato una forte opposizione all’interno dell’IDF e del rabbinato. La decisione finale è attesa dalle discussioni di un comitato congiunto, composto dal Ministero dei Servizi Religiosi, dal Ministero della Salute, dall’Istituto di Medicina Legale e dalla polizia, attualmente in corso.